[12/07/2006] Aria

Eva Buiatti sulle nanopolveri: provenienza, tecnologie utilizzate e contesto ne determinano l´incidenza

FIRENZE. Eva Buiatti è coordinatore dell’Osservatorio di epidemiologia dell’agenzia della sanità in Toscana. A lei chiediamo di fare un po’ di chiarezza sulle nanopolveri.
Può dirci esattamente che cosa sono?
«Sono definite nanoparticelle quelle che hanno una di dimensione sotto a 0, 1 micron per alcuni studiosi, o sotto a 1 micron per altri. Sono visibili col microscopio elettronico e ce ne sono di due tipi: quelle primarie e quelle secondarie che si formano in atmosfera per aggregazione».

Qual è la pericolosità delle nanoparticelle?
«Le nanoparticelle hanno una pericolosità che dipende dal materiale di cui sono fatte.Vengono prodotte da tutti i processi di combustione e se ad essere bruciate ci sono anche sostanze tipo metalli pesanti, diossine, idrocarburi aromatici, esse conservano la tossicità legate a queste sostanze, tossicità aggravata dalla forte capacità da parte delle nanoparticelle di essere assorbite dalle membrane cellulari. Qualcuno dice che sono pericolose a prescindere, anche se fossero di materiale inerte, ma la letteratura in tal senso è ancora molto debole».

Quindi anche le centrali a biomasse sono pericolose perché emettono nanoparticelle?
«Non è che i residui forestali o agricoli bruciati nelle centrali a biomasse non le emettano, ma sicuramente le emissioni sono molto minori rispetto ai falò che vengono fatti a cielo aperto dai contadini per bruciare sfalci dei campi e potature. Guarda caso tali falò in molti paesi sono vietati».

Qual è, quantitativamente, il contributo degli inceneritori alle emissioni di nanoparticelle rispetto a tutte le altre fonti emissive?
«Dal punto di vista relativo, in termini di contributo degli inceneritori, tutto dipende dal posto dove sono messi e dal livello di base di inquinamento. Se mettiamo un inceneritore sulla luna saranno enormemente importanti sulla luna, poco importanti se sono in mezzo al traffico. Quindi se vediamo la situazione nella zona di Campi-Osmannoro ci accorgiamo che le emissioni di nanoparticelle da traffico veicolare è larghissimamente prevalente su tutto il resto: autostrada, aeroporti, viabilità urbana. In quel posto facendo un’estrapolazione arbitraria mi aspetto che la quantità emessa dal traffico rispetto a quella di un inceneritore sia molto alta e probabilmente si avvicina al rapporto di 40 a 1 come è stato verificato dagli unici tre studi del genere esistenti: in California, Australia e Canada».

Cosa dicono questi studi?
«Per esempio in California, gli inceneritori pesano per l’ 1,3%, mentre il traffico auto per il 43,1%. Molto alta la percentuale di nanoparticelle emessa da fonti stazionarie che utilizzano carburante (32,2%), poi c’è considerata l’industria petrolifera (0,5%), altri processi industriali (7,2%), altri tipi di trasporto come per esempio quello aereo(10,4%). Io sono d’accordo che questi esempi non si possono sovrapporre immediatamente alla nostra situazione, ma attualmente gli unici studi sono questi e in tutti la proporzione è abbastanza simile».

Queste particelle non possono essere trattenute da appositi filtri?
«Ci sono tecnologie e filtri che fermano la maggior parte delle nanoparticelle. Si tratta di lavori sperimentali e limitati, ma sicuramente esistono e potrebbero essere utilizzati anche da noi in Italia. Suppongo che basti chiederlo».

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