[22/09/2006] Aria

Filtri anti-particolato, non filtrano, ma sgretolano?

LIVORNO. Da qualche tempo molte case automobilistiche pubblicizzano con enfasi i filtri anti-particolato montati sulle loro macchine. Abbiamo inoltre ricevuto la segnalazione che nelle regioni Piemonte, Veneto, Emilia-Romagna, Lombardia e nelle province di Trento e Bolzano, attueranno un finanziamento proprio per mettere questi filtri anti-particolato (FAP) ai mezzi pubblici pre-Euro.

La motivazione delle Regioni e delle Province è che i FAP abbattano la quantità di micropolveri, ma qualcuno avanza dubbi. Come si può leggere anche dal sito della Peugeot, il Fap degrada le PM10, ma questo non vuol dire che scompaiano.

Per capirne di più, abbiamo chiesto un parere a Stefano Montanari, direttore Scientifico del laboratorio «Nanodiagnostics» di Modena e tra i massimi esperti in materia di nanopolveri.

«Nel 2000 - comincia Montanari - il gruppo Peugeot Citroën introdusse un sistema di filtro volto a catturare le polveri generate dai motori a ciclo Diesel e lo applicò inizialmente al modello Peugeot 607. Oggi esistono altri sistemi che, con varianti minori, funzionano sostanzialmente allo stesso modo».

«Lungo il tubo di scarico - spiega il professore - viene sistemato il dispositivo che non sarebbe in grado di arrestare le polveri prodotte dalla combustione se non intervenisse l´ossido di cerio, un prodotto che porta il nome tecnico di cerina. Questa sostanza, contenuta in un serbatoio che equipaggia la vettura, fa sì che le polveri si agglomerino ed assumano dimensioni tali da essere catturabili dal filtro».

«Ogni 300-400 km, però, - prosegue - il dispositivo ha bisogno di essere ripulito a pena di restare intasato, ed il processo, regolato da un computer, avviene ad una temperatura tale da sminuzzare le polveri, riducendole a dimensioni molto sottili. Queste polveri, poi, vengono espulse dal tubo di scappamento e liberate in atmosfera».

«Dunque, nel rispetto delle leggi più elementari della natura, il filtro non distrugge nulla ma, semplicemente, trasforma la polvere da grossolana a più fine, rendendola, così, più aggressiva per la salute come ormai testimoniato da un´amplissima letteratura scientifica. Nella migliore delle ipotesi, ma non se ne hanno testimonianze che sarebbero benaccette, le dimensioni resterebbero invariate. Dalla non abbondante letteratura tecnica riguardante l´argomento, invece, si sottolinea sempre come le polveri sarebbero ridotte "al limite del misurabile", il che risulta a dir poco sconcertante».

«Si aggiunga a questo - continua Montanari -l´ovvio inquinamento aggiuntivo che si ottiene liberando il cerio in atmosfera. L´elemento, ancora in fase di studio, pare avere grande facilità di penetrazione nelle cellule e capacità d´interazione con alcune proteine e, comunque, non sarebbe presente nell´ambiente se la cerina non fosse stata usata».

«Cercando di tirare qualche conclusione, - chiosa Montanari - il sistema non appare possedere capacità anti-inquinanti ma, al contrario, pare aggravare la situazione ambientale, magari non in termini di legge ma certo dal punto di vista scientifico. Senza aver completato gli studi, poi, concedere la possibilità di usare l´ossido di cerio per questa applicazione pare quanto meno in contrasto con il più elementare principio di precauzione. Senza entrare nel merito della concessione d´incentivi, consentire che mezzi muniti del sistema possano circolare quando l´uso dell´automobile è vietato per il superamento dei limiti legali d´inquinamento appare sotto molti aspetti inspiegabile».

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