[20/10/2006] Urbanistica

Il compost, un tesoro misconosciuto. Ma qualcosa si muove

LIVORNO. Si è svolto presso il Dipartimento di Ecologia dell´Università della Calabria un convegno sul tema della desertificazione. L´iniziativa è stata promossa per capire quale possa essere il contributo della Calabria in questa direzione, in occasione dell’Anno internazionale dei deserti e della desertificazione, promosso per il 2006 dall´Assemblea generale delle Nazioni unite e dal Comitato nazionale per la Lotta alla siccità e desertificazione del Ministero dell´Ambiente, della Tutela del territorio e del mare.

Il problema della lotta alla desertificazione è uno degli obiettivi fissati nel VI programma di azione ambientale, che prevedeva a questo scopo la definizione di una strategia e di una direttiva specifica, partendo dal dato che gran parte dei Paesi mediterranei hanno molte aree a rischio desertificazione e quindi c’è la necessità pressante di applicare sostanza organica sui suoli.

Anche la Comunicazione della Commissione Europea sulla Strategia per il Suolo, inoltre, focalizza l’importanza della sostanza organica, oltre che per il sequestro di carbonio nei suoli, anche per la lotta alla desertificazione e all’erosione.

E quale migliore fonte di sostanza organica per i suoli della biomassa di scarto alimentare e agroforestale, insomma in una parola il compost?
L’utilizzo di compost permette infatti innanzitutto di diminuire l’erosione e la conseguente mineralizzazione intensiva di sostanza organica negli strati superficiali.

Molti altri poi i benefici (anche energetici) dell’uso agronomico della biomassa di scarto: a partire dal “sequestro” di carbonio nel suolo grazie all’arricchimento della sua componente umida, alla sostituzione di concimi minerali (che implica tra l’altro minori prelievi di energia e minori emissioni di gas-serra sia per la produzione che per l’applicazione). La fertilizzazione organica consente inoltre una migliore lavorabilità dei terreni (che significa notevoli risparmi energetici collegati alle lavorazioni degli stessi), di migliorare la ritenzione idrica del suolo diminuendo la richiesta di energia per le irrigazioni) etc.

Questo in sintesi il ruolo che potrebbe avere sul suolo la sostanza organica, sottoforma di compost. Ma perché allora si utilizza poco? Lo abbiamo chiesto a Enzo Favoino (nella foto), del gruppo di studio sul compostaggio e la gestione integrata dei rifiuti della Scuola agraria del Parco di Monza.

Insomma un tesoro misconosciuto il compost?
«Beh, sì. La sostanza organica ha tanti effetti positivi. Va anche detto che la fertilizzazione organica provoca nel tempo un accumulo di carbonio nel suolo, il che potrebbe fungere da meccanismo per la sottrazione, nel bilancio complessivo, di anidride carbonica all’atmosfera. Alcuni calcoli hanno infatti sottolineato il fatto che un aumento dello 0.15% del carbonio organico nei suoli arabili italiani potrebbe fissare nel suolo la stessa quantità di carbonio che ad oggi è rilasciata in atmosfera per l’uso di combustibili fossili in un anno in Italia».

Ma perché c’è invece ancora così poca pratica in tal senso?
«Il problema è legato soprattutto alla scarsa abitudine ad utilizzare fertilizzanti organici in agricoltura e il ricorso invece ad una massiccia concimazione chimica. Fortunatamente l’avvio di raccolte differenziate dei rifiuti organici hanno attivato flussi importanti di sostanza da destinare a compost. Finalmente poi poche settimane fa è stata varata dalla Commissione Europa, la Strategia per la protezione del suolo che impone agli stati membri di avviare politiche e pratiche intese al recupero dei suoli in cui è centrale il ruolo della fertilizzazione organica dei suoli, questo determinerà un importante sostegno alle strategie di compostaggio».

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