[17/01/2007] Aria

Fap, tecnologia e elucubrazioni culturali

LIVORNO. La questione dei filtri antiparticolato è emblematica. Lanciati nel 2000 dal gruppo Peugeot Citroen nel 2000 per abbattere le emissioni di particolato dei motori diesel, vengono ormai installati su quasi tutte le vetture alimentate a gasolio, ma sono oggetto di una duplice discussione. Intanto se ne parla e in termini piuttosto negativi da molti automobilisti che ne hanno riscontrato la fragilità tecnica sui loro mezzi: malfunzionamenti, continui aggiustamenti, rigenerazioni troppo frequenti del filtro e consumi alti. Se queste sono le lamentele ovviamente ci sono molti altri automobilisti che invece sono soddisfatti dei loro Fap e proprio perché ne sono soddisfatti non hanno bisogno di lamentarsi pubblicamente.

Ma dal nostro punto di vista è più interessante la seconda discussione, quella che riguarda la reale ecologicità di questi strumenti. La prima notizia è che nel 2003 la tecnologia Fap è stata premiata da Legambiente e Regione Lombardia con il premio “Innovazione amica dell’ambiente”. La seconda è che nei giorni scorsi il senatore dell’Ulivo e direttore di Legambiente Francesco Ferrante, ha presentato un’interrogazione parlamentare per chiedere al governo «di emanare al più presto il decreto sull’omologazione dei filtri antiparticolato (Fap) per gli autoveicoli, un provvedimento già scritto, ma ancora nel cassetto».

Tutto bene quindi? Non proprio perché da più parti si avanzano dubbi proprio sul fatto che questi filtri riescano a distruggere il particolato e in effetti nel sito della Peugeot si legge che il Fap «riduce fino al limite della misurabilità il particolato, cioè i fumi neri del diesel» che sembrerebbe dare ragione a chi come il direttore scientifico del laboratorio Nanodiagnostics di Modena, Stefano Montanari, sostiene che «in un serbatoio che equipaggia la vettura diesel viene inserito l´ossido di cerio, che fa sì che le polveri si agglomerino ed assumano dimensioni tali da essere catturabili dal filtro. Ogni 300-400 km però, - proseguiva Montanari - il dispositivo ha bisogno di essere ripulito a pena di restare intasato, ed il processo, regolato da un computer, avviene ad una temperatura tale da sminuzzare le polveri, riducendole a dimensioni molto sottili. Queste polveri, poi, vengono espulse dal tubo di scappamento e liberate in atmosfera. Dunque il filtro non distrugge nulla, ma semplicemente trasforma la polvere da grossolana a più fine, rendendola, così, più aggressiva per la salute».

Questa versione tra l’altro è accreditata come spiegamento del funzionamento dei Fap anche da Wikipedia, quell’enorme biblioteca telematica che si candida ad essere l’enciclopedia libera della rete, ma che proprio per sua natura sconta il difetto più grande della rete: la difficoltà di discernere la notizia attendibile da quella falsa o comunque di parte. In questo caso sicuramente Wikipedia dà una spiegazione univoca dei Fap e li bolla quasi come una truffa nei confronti dell’ambiente, salvo poi inserire tra gli approfondimenti un’intervista ad Antonio Rolla, della Stazione sperimentale per i Combustibili di Milano, realizzata a margine del convegno “Immissioni da traffico nelle aree metropolitane”, tenutosi a Milano il 14 dicembre 2006, dove appunto Rolla spiega che i filtri antiparticolato «trattengono anche le polveri molto piccole, quelle da 0,1 e 0,01 micron. Senza filtro, un auto emette al secondo 100 miliardi di particelle, con il filtro 10 milioni».

Della stessa opinione è anche l’ingegner Francesco Avella, il responsabile del laboratorio motori della Stazione Sperimentale per i Combustibili (Ssc), un istituto scientifico (ente pubblico economico) fondato nel 1940 che si occupa proprio di combustibili tradizionali (petrolio, carbone, gas) e principali prodotti derivati; combustibili alternativi (biocombustibili, combustibili da rifiuti, biomasse) attraverso analisi, studi, e ricerche su molteplici aspetti: merceologici, energetici, motoristici, ambientali, di sicurezza e normativi.

«La spiegazione che dà questo dottor Montanari che io non conosco – spiega Avella - è assolutamente non realistica ma anzi allarmistica: le nostre numerose prove effettuate dicono tutt’altro, così come le ricerche fatte in tutta Europa sui Fap pubblicate nella letteratura scientifica. A parte il fatto che esistono diversi tipi di filtri e che non tutti utilizzano il cerio: Ma comunque dove c’è, il cerio non agglomera: i composti organici del cerio hanno la funzione di abbassare la temperatura di autocombustione del particolato, quindi un processo chimico e non meccanico, e la rigenerazione del filtro avviene dopo decine di migliaia di chilometri in base al tipo di auto e di guida. L’emissione del particolato ultrafine è estremamente bassa e comunque di molto inferiore a quella che si ha per i diesel senza Fap».

«Noi queste misurazioni le facciamo continuamente – conclude Avella –ma chi non è del mestiere dovrebbe almeno prima provare le sue teorie: io sono un uomo di laboratorio, e se faccio una prova e mi vien fuori un risultato che non mi aspetto la prova la rifaccio un sacco di volte, cercando di esplorare tutti i possibili fattori di variabilità. Altrimenti si alimenta un’informazione completamente sballata e ben lontana dalla realtà: purtroppo invece è sempre di più così, soprattutto in internet dove si rischia di accreditare per scientifiche quelle che sono solo elucubrazioni culturali».

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