[06/02/2007] Energia

«Ma sul nucleare l´ottimismo non basta»

ROMA. Non c’erano obiezioni al merito tecnico perché non avevo a disposizione il progetto dettagliato elaborato dagli ingegneri Romanelli, Cerullo e Lomonaco. Ma, devo dire con franchezza, che, per quel che mi riguarda, analisi più approfondite vanno eventualmente riservate a progetti che siano usciti dalla fase di studio e per i quali sia stato mostrato un qualche interesse industriale.

Singolare qualificare come obiezioni “sostanzialmente di carattere politico” quelle da me avanzate relativamente ai costi e ai tempi di costruzione, visto che poi si risponde punto per punto. Il mio interlocutore sta forse facendo politica? E mi resta oscura la asseverata adesione “di fatto” del Governo Italiano a Generation IV; se questa adesione c’è stata si produca il documento che la dimostra (e così potrò colmare una mia lacuna). Quanto ai costi stimati “per un parco reattori di nuova realizzazione” le cifre proposte sono irrealistiche e non trovano riscontro nella stima del DOE al 2010, che continuo, senza offesa, a ritenere assai più attendibile.

Per le competenze italiane in materia nucleare, sono indubbie quelle dell’Ansaldo. Anche se non mi risulta che il portafoglio ordini di quella società si arricchisca per commesse nucleari. E qui si ritorna al tema più generale del declino dell’industria nucleare come dato globale: come considerare in salute un settore di cui l’AIEA, non Scalia, ha lamentato il declino nel suo rapporto del 2001, declino puntualmente confermato dalle previsioni al 2030 della IEA? E se declino generale non fosse, anche delle tecnologie, a che servirebbe il rilancio configurato proprio, ma al 2030, da Generation IV?

Non trovo niente di offensivo nel definire scontro - tutt’altro che “presunto”, come è noto a chi vi partecipa - quello che è in atto in Generation IV tra le diverse opzioni tecnologiche. Come è sempre peraltro accaduto relativamente a scelte che comportano la previsione di grandi impegni di ogni genere e che sono sostenute da Paesi diversi con interessi diversi. Ritengo anzi che ciò sia in generale un bene, mentre mi sembrano arcaiche e controproducenti posizioni tipo “i panni sporchi si lavano in famiglia” (se poi, oltre tutto, non si è neanche membri della famiglia).

Nel merito, mi sembra un volo, diciamo pindarico, affermare che tra gli obiettivi di “tutti” i progetti ci sia la sicurezza passiva. Quindi anche per le filiere in esame di reattori veloci? Si tratterà allora di vedere tra vent’anni lo scarto tra obiettivi e ciò che sarà stato per davvero fatto. Lo stesso discorso vale per la “realizzazione di un ciclo chiuso del combustibile (risoluzione del problema delle scorie)”. L’ottimismo non basta; non siamo ancora riusciti a chiudere il ciclo del petrolio! In quella direzione si era mosso oltre quindici anni fa Rubbia col suo energy amplifier, accontentandosi di progettare una riduzione delle scorie e, soprattutto, dei tempi di dimezzamento; e ha lasciato stare. Ma dalla ricerca ci si può attendere tutto, anche se i progetti di ricerca fondamentale (ADS, laser) per la incinerazione delle scorie, che hanno fatto coniare il termine di megascience e sui quali sono impegnati UE, Giappone e Stati Uniti con colossali previsioni di budget, sono ancora lontani dall’obiettivo.

A James Lovelock va almeno riconosciuto di non aver mai preteso che quella di Gaia fosse niente più che un’ipotesi, non certo una teoria. La sua conversione al nucleare, motivata dall’essere l’unica fonte, secondo lui, in grado di far fronte immediatamente ai drammatici cambiamenti climatici in atto è impietosamente smentita dall’incidenza calante del nucleare sul fabbisogno mondiale d’energia e dai tempi che si è data Generation IV. Ed è un’idea peregrina pensare che l’opinione, del tutto infondata, di un Lovelock pesi di più dell’appello che le Accademie delle Scienze dei “12” (G8 più Cina, India, Brasile e Sud Africa) hanno rivolto nel luglio scorso al G8 di S.Pietroburgo; indicando nel risparmio energetico la priorità su cui impegnarsi, come la strada più rapida e più efficace per contrastare il global warming. E’ vero che gli ingegneri non ne fanno parte, ma non è un buon motivo per ignorare il punto di vista, in questo caso a una sola voce, della comunità scientifica mondiale; specie quando, per la sua autorevolezza, raggiunge una forte incidenza sugli orientamenti politici di grandi leader, da Blair a Chirac.

Ho sempre riconosciuto la passione con cui l’ing. Fornaciari si batte per il nucleare e il suo rilancio, ma la passione gli suggerisce spesso di considerare in modo molto “ottimistico” il kWh nucleare. Però, quanto a ottimismo, va onestamente riconosciuto che il guinness spetta non alle cifre di Fornaciari ma a quella fornita per il nucleare in una trasmissione di Piero Angela: 2 cent di €. Venendo ai fatti, vale la pena ricordare che l’Energy Bill - 1,8 cent di dollaro a kWh e finanziamento dell’80% del costo capitale a tasso agevolato per un impianto “first of a kind” - voluto nel 2005 da Bush a favore del nucleare, con buona pace del libero mercato, non mi sembra che abbia determinato una reazione del mercato superiore a quella della dichiarazioni di intenti; ma mi posso sbagliare. Ecco allora un terreno che mi permetto di suggerire come banco di prova sia per il rilancio del nucleare che per gli studi che hanno l’ambizione di riferirsi “ad un parco reattori di nuova realizzazione”.

* Massimo Scalia è docente di fisica all´universitàa La Sapienza di Roma

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