[07/03/2007] Energia

Se le chiacchiere producessero energia...

LIVORNO. Il futuro dell’energia in Europa e la guerra contro l’effetto serra sono i cruciali temi dell’importante vertice che si terrà domani e venerdì a Bruxelles. Alla vigilia del summit, la cancelleria tedesca Angela Merkel e il presidente della Commissione Josè Barroso ribadiscono la necessità di rendere vincolante la quota del 20% di fonti rinnovabili nel mix energetico europeo. La Francia però non è d’accordo salvo che, è una posizione ufficiale, non si apra al nucleare.

Ma al di là degli scontri in seno all’Ue – che vedremo quale esito avranno – c’è chi da tempo è passato dal dibattito politico alla concreta attuazione dei programmi sulle rinnovabili. Stiamo parlando della Danimarca di cui oggi il Sole24Ore racconta la storia ‘energetica’ degli ultimi trent’anni. Da quando cioè - era il 1973, l’anno della crisi petrolifera - il parlamento danese decise di non rincorrere il nucleare e lanciarsi a capo fitto sull’eolico.

Oggi la Danimarca ha 5mila turbine, un’industria leader nel mondo e dal 1990 ha abbassato le proprie emissioni di gas serra del 18%: il triplo di quanto richiesto dal protocollo di Kyoto. Va anche detto che nei 34 anni (dal 1973 ad oggi) la Danimarca ha avuto 15 governi: 7 di sinistra, 7 di destra e uno di ‘grande coalizione”. Tutti hanno investito sull’eolico.

Ora greenreport non vuole fare l’elogio dell’eolico, a tutti i costi e in tutte le situazioni, ma delle energie alternative si. Tutte hanno i loro pregi (tanti) e i loro difetti. Tutte hanno un impatto, anche visivo. Ogni volta che si decide di fare un impianto è giusto fare un’analisi dei costi-benefici e rispettare le leggi vigenti. Ma quello che accade in Italia è francamente sconfortante. Se da una parte la necessità di trovare fonti alternative al petrolio sembra essere diventato uno slogan buono per tutti (destra, centro e sinistra), e le lenzuolate energetiche nazionali sembrano accelerare sulle rinnovabili, quando si arriva sui territori i conti continuano a non tornare. E i mezzi di informazione non aiutano rilanciando un’ora sì e l’altra pure da una parte la necessità stringente di abbandonare il petrolio perché si soffoca dallo smog e dall’altra la guerra agli ecomostri sotto forma di impianti che sfruttano l’energia alternativa. E l’eolico in questo ha un primato, ma si potrebbe parlare anche delle biomasse e del fotovoltaico.

Abbiamo già detto che a Volterra ogni tipo di impianto eolico è stato vietato perché deturperebbe il paesaggio. Per capire quale sia la situazione ci sono però due nuovi esempi calzanti: quello che accade in Molise e a Pontedera.

«Scempio al largo» è l’attacco del pezzo del Manifesto uscito oggi a pagina 6 riguardante il progetto dell’impianto eolico in Molise. Un ‘mega parco’ di 54 turbine, scrivono, che dovrebbe sorgere in mare. I toni sono quelli della bomba ecologica. Velate accuse a Di Pietro. Nessun accenno ai benefici. Anzi, si fa un tutt’uno con la centrale a ciclo combinato e altre aziende aperte in Molise e che avrebbero incrementato malattie tumorali. Ora, può darsi che il progetto non sia il migliore possibile, che vada rivisto, che sia sovradimensionato, che si debba fare un po’ più in là o un po’ più in qua, ma l’energia alternativa la si vuole utilizzare oppure no? Ancora più paradossale quello che sta accadendo a Montecatini e a Lajatico dove è nato un comitato addirittura contro il minieolico. «Si fa chiamare “Globo” e ha dichiarato guerra aperta alle pale – scrive oggi il Tirreno - : perché deturperanno il paesaggio delle colline pisane, perché gli impianti producono un rumore troppo forte per chi suo malgrado ci abiterà vicino, perché - girando - i bracci delle grandi eliche rischiano di uccidere i volatili; non ultimo, perché l’arrivo delle pale piantate sui basamenti di cemento danneggeranno le colture della zona».

A questi due esempi si può aggiungere quello del Parco del Pollino, dove è in corso un braccio di ferro tra il Comune di Carbone, che vuole realizzare un Parco Eolico, e varie associazioni ambientaliste che «ritengono l´eolico una grande risorsa ma per legge lontano dai Parchi Nazionali e dai siti di Importanza Comunitaria...».

Senza scadere nel qualunquismo registriamo che il fronte del no è più che mai agguerrito: no all’eolico, no alle biomasse, no ai biocarburanti, no ai rigassificatori, ecc. ecc. E non sono solo i comitati, ma anche amministrazioni pubbliche. Restano le questioni di fondo: l’aria è irrespirabile e di mogio sono già migliaia le vittime annuali, più degli incidenti stradali (senza considerare che il petrolio sta finendo e c’è bisogno di diversificare l’approvvigionamento del gas). L’alternativa alle alternative è continuare come ora o il nucleare. Chi si prende questa responsabilità?

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