[08/05/2007] Comunicati

Fertilizzare gli oceani per combattere il riscaldamento del Pianeta?

LIVORNO. Tra le opzioni tecnologiche per combattere il riscaldamento climatico proposte nella conferenza dell’Ipcc a Bangkok c’è anche la geoingegneria, cioè lo sviluppo di tecnologie per rimuovere la CO2 direttamente dall’aria e che comprende anche la “fertilizzazione degli oceani”. «E’ una tecnologia al limite della fantascienza – spiega Enzo Boschi, presidente dell’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia (Ingv) - ma non è detto che in futuro non possa anche questa dare qualche risultato utile».

Si tratta di trasferire all’ambiente marino il concetto che le piante in crescita catturano CO2 atmosferica. Negli oceani questa funzione è svolta dalle alghe, in particolare le microalghe che formano gran parte del plancton che, se rese molto più abbondanti negli oceani dove oggi sono poco presenti o quasi inesistenti, contribuirebbero massicciamente a estrarre CO2 dall’atmosfera.

«Di fatto – spiagano i ricercatori dell’Ingv - sono stati effettuati alcuni esperimenti spargendo in mare dei composti del ferro i quali costituiscono un nutriente ideale per provocare delle vere e proprie fioriture di microalghe. Tali esperimenti sono stati realizzati nelle acque dell’Antartide e nel Pacifico equatoriale, naturalmente a grande distanze dalle coste, per non creare interferenze con gli ecosistemi costieri».

Ad altri esperimenti di questo tipo realizzati nel Mediterraneo tra Israele e Cipro ha partecipato anche Nadia Pinardi, responsabile del laboratorio di Oceanografia marina Ingv.
Secondo l’Ingv «i risultati, tuttavia sono stati finora alquanto controversi, perché se è vero che da una parte si crea una provvidenziale fioritura di alghe aspira-CO2, dall’altra si è visto che accorrono i pesci che si cibano di queste alghe. Bisogna dunque trovare un modo per affrontare il problema ed evitare l’assalto alle alghe di organismi marini più evoluti». E Boschi ci scherza su: «uno spaventapesci? - Magari qualche cosa di più biotecnologico».

Intanto l’Unione Europea ha finanziato con 10 milioni di euro il progetto europeo Circe (Climate change and impact research the mediterranean environment ) che durerà quattro anni, durante i quali matematici, fisici, climatologi, agronomi, economisti e informatici, 65 partner, 62 centri di ricerca europei, mediorientali e nordafricani, lavoreranno insieme per studiare l’evoluzione del clima.

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