[03/07/2007] Aria

Emission trading, per Greenpeace, Legambiente e Wwf troppi ritardi: «Chi inquina paghi»

ROMA. In vista della riunione del Comitato nazionale sull’Emission Trading, che si riunisce oggi, Greenpeace, Legambiente e Wwf
avevano già chiesto qualche settimana fa ai ministri Bersani e Pecoraro Scanio, di rivedere il Piano nazionale di allocazione (Pna) per ottemperare alle richieste della Commissione europea di tagliare di 13 milioni le quote assegnate ai settori industriali, le associazioni chiedono che scompaiano dal Pna i privilegi concessi al carbone, e che venga finalmente applicato il principio «chi inquina paga».

«Con la revisione del Pna – spiegano le associazioni ambientaliste - il Comitato decide se scaricare i costi su chi inquina, o se riversarli sul Paese senza sortire alcun beneficio ambientale» e ribadiscono che «non ci devono essere sconti al carbone, il combustibile con le più alte emissioni specifiche di gas serra. Oggi non è così e gli impianti a carbone sono invece avvantaggiati. In particolare, i nuovi tagli devono essere assegnati al comparto termoelettrico, il settore meno esposto alla concorrenza internazionale e che può sostenere obiettivi ambientali più ambiziosi. Eliminare i privilegi al carbone è necessario anche per non incorrere in violazioni alla normativa europea sugli aiuti di Stato. Le quote destinate all’allocazione onerosa, circa 12 milioni di tonnellate (Mt), dovrebbero essere assegnate tramite asta a tutti gli operatori, sia impianti esistenti che nuovi entranti, e non riservate a “prezzo politico” ai soli impianti a carbone: in questo modo si regalano quote al combustibile più dannoso per l’ambiente».

C’è poi il problema degli aiuti di stato agli impianti Cip6, per i quali l’Ue ha richiamato l’Italia che vorrebbe sottrarre quote a questi impianti da destinare al termoelettrico. Per Greenpeace, Legambiente e Wwf «gli impianti Cip6 potranno recuperarne i costi sostenuti per l’acquisto delle quote di CO2 direttamente dalla bolletta elettrica (componente A3, riservata alle fonti rinnovabili) e che questo rappresenta un ulteriore aiuto di Stato. L’attuale sotto-allocazione per gli impianti Cip6 costituisce un danno per i consumatori, che dovranno sostenere i costi di Kyoto due volte e senza beneficiare di alcuna riduzione in termini di CO2. È quindi necessario attivare un’azione legislativa per correggere al più presto l’anomalia del Cip6 che espone il Paese a un’infrazione e contribuisce ad allontanare l’Italia dagli obbiettivi di Kyoto».

Ma intanto Kyoto sembra per l’Italia sempre più lontana e la possibilità di raggiungere entro il 2012 i tagli di emissioni contenuti nel protocollo è ormai una chimera: le emissioni di CO2 delle industrie crescono invece che diminuire e nel 2006 hanno superato le dei 227 Mt di CO2 andando oltre il doppio di rispetto al limite imposto di circa 20 Mt nel 2006. «Il risultato negativo – spiegano gli ambientalisti - è dovuto principalmente al settore termoelettrico, con Enel primo emettitore in Italia di gas serra».

Qualcosa si è mosso, ma secondo le associazioni manca un piano organico: «Il governo ha messo in campo una serie di iniziative per promuovere l’efficienza energetica che rimangono disarticolate tra loro e già si preannunciano ampi ritardi per la consegna in Commissione europea del “Piano d’Azione sull’Efficienza Energetica”. Manca una strategia seria per lo sviluppo delle rinnovabili al 2010, mentre il settore dei trasporti rimane completamente fuori controllo. E’ fondamentale che almeno lo strumento dell’Emission Trading non venga eluso, o l’Italia non sarà in grado di contenere le emissioni di gas serra».

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