[08/10/2007] Energia

Rigassificatori, Legambiente contro le procedure semplificate di Bersani

LIVORNO. La discussione sui temi energetici si fa sempre più accesa. E dopo aver protestato per i decreti che avrebbero frenato gli impianti eolici, Legambiente oggi se la prende con il ministro Bersani per una eccessiva semplificazione delle regole, invece, nei confronti dei rigassificatori. Come dire, si rende difficile la vita allo sviluppo delle energie rinnovabili e si aprono invece le porte ai sistemi tradizionali che si basano su fonti fossili.

«Anziché rimettere al lavoro la cabina di regia che dovrebbe decidere quanti impianti di rigassificazione fare e i criteri per la loro localizzazione nell’interesse pubblico, il ministro Bersani pensa bene di semplificare le procedure. Un atteggiamento che è sintomatico della assoluta mancanza di strategia di questo Governo» dichiara l’associazione ambientalista per bocca del suo presidente Roberto Della Seta, a commento del decreto legge del 1 ottobre 2007 che estende l’iter semplificato per i rigassificatori, previsto dalla legge 340 del 2000, anche alle aree non industriali e portuali.

Con questa procedura l´autorizzazione viene data dal ministero dello Sviluppo economico sul progetto preliminare, attraverso lo strumento della conferenza dei servizi entro 180 giorni, preceduta dalla Via del ministero dell’Ambiente. Questa autorizzazione comporta la variazione dello strumento urbanistico comunale o del piano regolatore portuale nel caso di aree portuali o contigue. Un provvedimento che - a detta di Legambiente- sembra studiato appositamente per agevolare la realizzazione di alcuni impianti, come quelli di La Spezia, Gioia Tauro e Taranto.

Legambiente dice di condividere la necessità di costruire alcuni terminal per garantire al Paese un futuro che lo svincoli dalla dipendenza dal petrolio e lo ponga al riparo dai rischi di un ritorno al carbone, «ma ciò deve avvenire nell’ambito di una politica energetica precisa e lungimirante».
Mentre in Italia non si riesce nemmeno a fare un piano energetico che fissi quali obiettivi raggiungere, con quali strumenti e attraverso quali procedure.
E questo modo di governare le scelte, non aiuta certo a superare i conflitti che si generarono sui territori nei confronti della realizzazioni di impianti di qualsiasi natura.

«Ci domandiamo – dichiara Legambiente - perché ancora una volta ci troviamo di fronte a scelte che, lungi dal definire una chiara pianificazione in materia, sembrano favorire soltanto il business di alcune grandi imprese. Perché si continua a pensare che i conflitti locali e la sindrome Nimby che si scatenano attorno alle grandi opere si possono scansare con scorciatoie procedurali e non invece ricomporre con la trasparenza e la partecipazione».

Un percorso plausibile e auspicabile è per l’associazione ambientalista quello che riformi innanzitutto la Valutazione di impatto ambientale, affinché diventi uno strumento preliminare e non un controllo a valle dell’impatto delle infrastrutture.
Ma sarebbe anche altrettanto importante prevedere, come avviene in Francia con il debat public, l’utilizzo di meccanismi trasparenti di partecipazione dei cittadini e delle parti sociali nelle decisioni.
Purché alla fine qualcuno decida.

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