Da Tunisi un confronto internazionale sul water grabbing

[2 Aprile 2015]

Un confronto davvero internazionale: è questo il primo straordinario risultato  del Social Forum Mondiale di Tunisi, chiusosi lo scorso 28 marzo, nell’ambito del water grabbing. Un tema su cui si sono tenute ben cinque sessioni, tra seminari e workshop. Tutti i più grandi movimenti contro l’accaparramento della terra e dell’acqua si erano dati appuntamento a Tunisi; il 25 marzo si è svolto il primo seminario organizzato da COSPE insieme a La Via Campesina, FIAN International, Comitato Italiano Contratto Mondiale sull’acqua- (CICMA), Transnational Institute, GRAIN, ActionAid.

Un incontro che, nelle parole di Luca Raineri, responsabile advocacy di COSPE, ha rappresentato “il più ambizioso tentativo di mettere in rete tutti i movimenti che si occupano di difesa del diritto dell’accesso ai beni comuni in particolare della terra e dell’acqua. Non c’è mai stato un tentativo del genere, un tentativo di mettersi insieme e di riconoscere le reciproche contaminazioni, i diversi interessi ed esperienze. L’esperimento è cominciato qualche mese fa e ha messo insieme 70 organizzazioni, tra piccole e grandissime, che lavorano su diritto dei beni comuni. Oggi la questione dei beni comuni è una delle problematiche più urgenti: in questo momento in tutto il mondo chi si occupa di queste tematiche e i difensori dei diritti umani che si occupano di diritto al cibo sono oggetto di una repressione arbitraria e brutale, come dimostra l’assenza di alcuni attivisti che dovevano essere presenti al Forum, e che risultano invece incarcerati o in stato di fermo. Abbiamo trovato una maturità straordinaria nei rappresentanti dei vari movimenti, competenze di alto livello per quanto riguarda i diritti umani e l’aspetto giuridico e infine una grande saggezza politica che era inaspettata per noi”.

Il 26 marzo, poi, è stato il turno di “Stop water grabbing”, il workshop organizzato da COSPE al Social Forum, dedicato ad un fenomeno meno evidente dell’accaparramento delle terre (land grabbing), ma altrettanto forte, nocivo e multiforme: si va dall’utilizzo dell’acqua per un tipo di agricoltura non sostenibile, e che non lascia acqua alla popolazione dato l’alto fabbisogno idrico di queste produzioni, alla militarizzazione dell’acqua (come accade in Medio oriente, in Palestina in particolare, in Iraq, Amazzonia etc…) dalla privatizzazione all’inquinamento e la contaminazione da estrazione di metalli. Confrontando le esperienze e le testimonianze da tutto il mondo presenti all’evento di Tunisi, dalla Colombia allo Swaziland, passando dal Ghana, dall’Iraq per arrivare alla Turchia, risulta ancora più chiaro quanto il fenomeno sia globale e multiforme: intere popolazioni costrette a migrare, a spostarsi a lasciare le proprie terre e intere zone del nostro pianeta distrutte o danneggiate in modo irreversibile, attivisti arrestati in tutto il mondo o perseguitati, avversati sia da interessi privati ma anche da istituzioni e dagli Stati stessi. In tutti gli interventi è uscita una prima urgenza: quella di dare visibilità a questo fenomeno. Il sito watergrabbing.net, lanciato lo scorso ottobre in Italia da COSPE, nasce con quest’intenzione.

Sulla falsariga di altre esperienze messe in atto con successo per il land grabbing, la piattaforma nasce per condividere esperienze, dati, ricerche denunce e segnalare casi e anche lotte di piccoli movimenti locali. L’obiettivo è quello di riuscire a porre sempre di più il water grabbing all’attenzione internazionale: non è forse abbastanza ma è un primo inizio concreto e una grande spinta anche per azioni di advocacy . Ed è da qui che potrebbero ripartire le numerose associazioni e gli attivisti convenuti a Tunisi.

di Cospe