Presentata dall’Anbi la nuova proposta di Piano per la riduzione del rischio idrogeologico

Dissesto idrogeologico, 3.383 motivi per agire subito

Nel 2010 stanziati dal governo 2 miliardi di euro, sono stati spesi solo 80 milioni

[18 Febbraio 2014]

Dal basso della sua capillare rete di sentinelle sul territorio, quei 121 consorzi di bonifica che oggi sono presenti in Italia, l’Anbi ha presentato oggi la versione aggiornata (la quinta) della proposta di Piano per la riduzione del rischio idrogeologico in Italia. Un testo assai dettagliato, che corre lungo il Paese per elencare quelle 3.383 le opere che secondo l’Associazione nazionale bonifiche e irrigazioni andrebbero eseguite al più presto.

«L’adeguamento delle opere di bonifica idraulica è condizione fondamentale per la sicurezza del territorio – spiega il presidente Massimo Gargano –  e per qualunque attività economica». Si tratta di opere che, secondo le stime dell’Associazione, impiegherebbero investimenti (e corrispettivi posti di lavoro) per circa 8 miliardi di euro. Un importo che è destinato a crescere molto velocemente; solo 5 anni fa, in una vecchia edizione della proposta di Piano, l’Anbi prevedeva una spesa dimezzata, pari a 4,1 miliardi di euro. Provare a gestire le emergenze, d’altronde, sappiamo già che costa molto di più che investire in prevenzione.

La stima dell’Anbi, inoltre, è solo parziale, riferito alle opere citate. Per mettere in ragionevole sicurezza il territorio italiano dal rischio idrogeologico le cifre da stanziare sarebbero molto più ampie: 40 miliardi di euro da distribuire in 15 di lavori, come testimonia da tempo il ministero dell’Ambiente. Un investimento consistente ma oltremodo necessario, che garantirebbe lavoro agli italiani e risparmi alle casse pubbliche.

«La manutenzione dei nostri fiumi è la prima delle grandi opere necessarie al nostro Paese e Anbi – testimonia Gian Vito Graziano, presidente del Consiglio nazionale dei geologi –  andando direttamente alla soluzione del problema, ha presentato un piano d’azione che attende solo la volontà politica e le risorse finanziarie per essere attuato. Un piano che farebbe muovere l’economia, interessando il mondo delle imprese e quello dei professionisti, che stanno sopportando da troppo tempo una colpevole disattenzione politica».

Una mancanza che colpisce un numero altissimo di cittadini, complice anche il fatto che oggi, come ricorda l’Ispra, in Italia ogni secondo vengono “consumati” 8 metri quadrati di suolo. Le regioni più a rischio, secondo l’Anbi, sono la Toscana (che necessiterebbe di investimenti pari a 1,2 miliardi di euro) e il Veneto (1,5 miliardi di euro), ma in tutta Italia «6 milioni di persone abitano in un territorio ad elevato rischio idrogeologico; 22 milioni di persone in zone a medio rischio. Nel nostro Paese vi sono 1.260.000 edifici a rischio idrogeologico e di questi 6.251 sono edifici scolastici e 547 ospedali». In tutto, «dal 2002 al 2014 si sono registrati circa 2000 eventi alluvionali con la perdita di 293 vite umane, oltre ai danni alle popolazioni, alle produzioni e alle infrastrutture».

Nonostante queste cifre monstre, che aumentano ogni anno che passa, gli interventi statali sono finora stati assolutamente inadeguati. Anche quando stanziamenti ci sono stati come nel 2010, quando il governo annunciò spese per 2 miliardi di euro, poi riportati nei bilanci successivi, si «è speso solo il 4%», ha puntualizzato amaramente Gargano. Un «grande fallimento», che il nuovo esecutivo a guida Renzi sarà presto chiamato a sanare misurandosi sullo slogan che ha guidato il premier incaricato alla guida del suo partito: cambiare verso. Possibilmente, non solo a colpi di slogan.