Durante il lockdown le acque del Po sono diventate più trasparenti (VIDEO)

Le cause sono legate però alle scarse piogge tra gennaio e aprile che, insieme ad un minor utilizzo delle acque, hanno consentito la sedimentazione del materiale sospeso

[25 Maggio 2020]

Durante il lockdown imposto dalla pandemia ancora in corso, in Italia (e non solo) sono temporaneamente diminuite le emissioni di CO2 e di inquinanti atmosferici, ma anche la qualità dei corpi idrici ha segnato alcuni miglioramenti: nella fattispecie ricade anche il più importante fiume italiano, il Po, anche se la principale causa è purtroppo da imputarsi alla siccità.

A certificarlo sono le analisi condotte nel corso degli ultimi mesi dall’Autorità distrettuale del Fiume Po – Ministero dell’Ambiente, che ha avviato una ricerca scientifica volta ad analizzare la qualità delle acque del Fiume Po alla luce del mutato impatto ambientale sulla risorsa idrica, indagando i legami tra  il drastico calo delle attività civili e soprattutto economiche ed industriali con una ritrovata trasparenza e presunta purezza dell’acqua esaminata in alcuni tratti del grande fiume padano, così intensamente usato dall’uomo: arrivano infatti a 20 miliardi di metri cubi le portate medie annue derivate nel bacino del Po destinate agli usi civili, agricoli e produttivi

«I prelievi realizzati per testare l’impatto effettivo del lockdown sulla qualità della risorsa idrica hanno rivelato – spiega il segretario generale del distretto, Meuccio Berselli – che la limpidità riscontrata nelle acque del Po è principalmente riconducibile ad una minor torbidità dovuta ad una ridotta movimentazione dei materiali sospesi come sabbie, fanghi e argilla. Le cause quindi sono da considerarsi per lo più legate alle scarsissime precipitazioni cadute nei mesi considerati e alla diminuzione dell’utilizzo della risorsa. Queste dunque le ragioni che hanno consentito la sedimentazione dei materiali sospesi, incrementando di conseguenza la trasparenza complessiva delle acque». E trasparenza, a sua volta, non significa necessariamente migliore qualità delle acque.

I luoghi geografici scelti dai ricercatori lungo l’asta del Fiume Po al fine di poter disegnare un quadro realistico dello stato delle acque sono stati sette: Castel San Giovanni (Piacenza), Roncarolo di Caorso (Piacenza), Sacca di Colorno (Parma), Boretto (Reggio Emilia), Salvatonica impianto Palantone di Bondeno (Ferrara), Pontelagoscuro (Ferrara), Serravalle di Berra Comune di Riva del Po e Delta del Po (Ferrara) in chiusura del bacino idrografico del fiume.

Come già accennato, le valutazioni tecniche effettuate per testare l’impatto effettivo del lockdown sulla qualità della risorsa idrica hanno rivelato che la limpidità riscontrata nelle acque del fiume Po è principalmente riconducibile ad una minor movimentazione del materiale sospeso. Come spiegano dall’Autorità distrettuale le cause sono legate alle scarse piogge tra gennaio e aprile che, insieme ad un minor utilizzo delle acque, hanno consentito la sedimentazione del materiale sospeso, aumentando di conseguenza la trasparenza delle acque.

Più nel dettaglio, i rilevamenti effettuati dal mese di gennaio da parte dei gestori di impianti di potabilizzazione mostrano una presenza di prodotti fitosanitari nel mese di aprile compatibile con il periodo di utilizzo agricolo. I dati rispecchiano quindi un andamento stagionale dovuto ai trattamenti in agricoltura, non riconducibile agli effetti del lockdown. Per quanto riguarda invece la presenza di sostanze inquinanti di origine industriale nel fiume Po, non sono state riscontrate diminuzioni significative: in questo caso la notizia è positiva, perché – argomenta l’Autorità distrettuale – la grande maggioranza degli scarichi industriali è già collettata in reti e sistemi di depurazione che permettono l’abbattimento di tali sostanze prima dello scarico in acque superficiali. In questo senso l’assenza di un calo significativo durante il lockdown dimostra la buona efficienza dei sistemi depurativi esistenti all’interno del distretto del Po.

Per quanto riguarda invece la possibilità che le acque reflui rappresentino una fonte di contagio per Covid-19? «La presenza nelle acque reflue civili – spiega l’Autorità distrettuale – potrebbe diventare un rischio da valutare in assenza di depurazione. Pertanto, considerato l’elevato livello di collettamento e depurazione delle acque di scarico garantito a scala di Distretto del Po e i trattamenti a cui sono sottoposti i fanghi di depurazione è da ritenersi irrilevante il rischio di presenza del virus attivo nelle acque superficiali. Anche i fanghi di depurazione riutilizzati in agricoltura nelle Regioni del Distretto possono essere applicati solo a seguito di procedure di stabilizzazione che li igienizzano escludendoli dalle possibili fonti di contaminazione da Sars-CoV-2».

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  • La qualità delle acque del fiume Po prima e durante il lockdown