Pessima notizia climatica: più caldo significa più casi mortali di diarrea

L'acqua pulita è un enorme strumento per l’adattamento climatico

[7 Marzo 2016]

Il nuovo studio “Climatic drivers of diarrheagenic Escherichia coli: A systematic review and meta-analysis”, pubblicato sul Journal of Infectious Diseases  da un team di ricercatori statunitensi della Emory University, evidenzia che sono state osservate associazioni tra la temperatura e la diarrea, ma che, a causa di fattori specifici del patogeno e della scarsità di dati climatici sulla malattia, esiste anche una notevole incertezza sulle stime quantitative di questo rapporto, sottolineando che «Quantificare questo rapporto è importante per la prevenzione delle malattie e l’adattamento ai cambiamenti climatici».

Per questo i ricercatori statunitensi hanno effettuato una revisione sistematica di 28 studi sull’Escherichia coli  che provoca le epidemie di diarrea, scoprendo che l’aumento delle temperature ambientali corrisponde  alla elevata incidenza di infezioni di E. coli, per questo sottolineano «la necessità di raddoppiare gli sforzi per prevenire la trasmissione di questi agenti patogeni di fronte alle temperature globali in aumento»

Quello che nei Paesi ricchi è uno sgradevole e imbarazzante disturbo, nei Paesi in via di sviluppo causa un milione di morti all’anno e colpisce duramente le popolazioni che on hanno accesso all’acqua pulita.

Secondo l’Organizzazione mondiale della sanità, nel mondo ogni anno ci sono circa 1,7 miliardi di casi di diarrea acuta, causate da batteri come E. coli e Shigella, che provocano una disidratazione estrema, facendo mancare a chi è colpito l’acqua e sali necessari. Se si tiene conto di tutte le cause – infezioni virali, batteri, parassiti, allergie-alimentari –  ogni anno nel modo la diarrea uccide 760.000 bambini da 0 a 5 anni.

I ricercatori della Emory University dicono che, con la crescita delle temperature causate dal riscaldamento,  solo in Bangladesh si prevedono altri 800.000 casi di diarrea causati dall’E. coli entro il 2035, quando nel . Le temperature dovrebbero aumentare 0,8 gradi Celsius. Entro la fine del secolo, quando si prevede che la temperatura possa essere 2,1º C superiore a quella attuale, i ricercatori stimano altri 2,2 milioni di casi.

«Questo solo per un tipo di E. coli in un solo Paese evidenzia la principale  autrice dello studio, Karen Levy, della Rollins School of Public Health –  Se questo si moltiplicano un gran numero [di casi di diarrea], come si hanno in Bangladesh, anche per un numero molto piccolo, si ottiene un gran numero di casi in più»,

Anche se, come abbiamo visto, le cause di diarrea sono diverse, la Levy e il suo team hanno esaminato i tassi di malattia associati a un patogeno comune come l’E. coli, la cui incidenza è influenzata dalle temperature e dalle precipitazioni. La diarrea è causata soprattutto dai picchi estivi di E. coli, di solito per ingestione di cibo o acqua contaminati  da feci. Nei 15 Paesi interessati dagli studi analizzato, la Levy e il suo team, per ogni aumento della temperatura 1° C  hanno trovato un aumento dell’8% della diarrea  causata dall’ E. coli.

Non è del tutto chiaro il motivo per cui il clima più caldo provoca più diarrea da E. coli, ma secondo Erin Lipp, del  College of Public Health  dell’università della Georgia, che non ha partecipato allo studio, alcune spiegazioni ci sarebbero: «Quando è più caldo le persone si comportano in modo diverso, per esempio mangiano più pasti fuori. In qualche modo, anche le variazioni stagionali negli animali che ospitano i patogeni potrebbero spiegarlo». Quello che è certo è che i Paesi poveri sono più vulnerabili e che nel 90% dei casi la diarrea è causata da acqua non potabile, igiene scarsa e depurazione insufficiente.

Negli ultimi anni gli scienziati hanno lanciano l’allarme sul collegamento tra cambiamento climatico e diarrea. Già nel 2011, lo studio “Uncertainties Associated with Quantifying Climate Change Impacts on Human Health: A Case Study for Diarrhea”, pubblicato dai ricercatori norvegesi, Erik W. Kolstad e Kjell Arne Johansson, rivelava che un aumento di 4° C nelle zone tropicali  farebbe aumentare di circa l’8% il rischio di diarrea, ma anche stime più prudenti indicano «impatti sostanziali dei cambiamenti climatici sull’incidenza della diarrea». Ma Lipp sottolinea che «La malattia rimane sottostimata,  il che rende difficile per i ricercatori prevedere ciò che il cambiamento climatico significherà o meno per la malattia della diarrea».

Un Paese dove i dati ci sono è proprio il Bangladesh ed è per questo che i ricercatori lo stanno studiando e dicono che l’aumento previsto del rischio di diarrea non sarebbe preoccupante in un Paese in crescita che cerca di colmare le sue lacune riguardanti la corretta igiene e la povertà estrema. Ma negli ultimi 35 anni la popolazione del paese è aumentata del 77% e quasi un quarto di 160 milioni di abitanti del Bangladesh vivono in condizioni di povertà, mentre i due terzi del Paese si trova a meno di 5 metri sopra il livello del mare, quindi ad alto rischio di inondazioni. E con l’aumento degli eventi atmosferici estremi le inondazioni dovrebbero diventare più frequenti, facendo aumentare i casi di diarrea. Ma una delle autrici dello studio del 2014 “Heavy rainfall events and diarrhea incidence: the role of social and environmental factors”,  Elizabeth Carlton, dell’università del Colorado-Denver dice che le cos potrebbero andare ancora peggio, e non solo per l’aumento delle temperature: il suo team ha scoperto che in Ecuador dal 2004 al 2007, dopo lunghi periodi di siccità, forti piogge hanno portato ad un aumento del 39% dei casi di diarrea» .

Anche Levy ha esaminato l’aumento delle precipitazioni, ma non ha visto la forte incidenza provocata l dall’aumento delle temperature: «mentre troppa o troppo poca pioggia può avere un impatto sulle malattie diarroiche, queste sono molto più legate ai servizi igienico-sanitari ed alle iniziative per controllare le piene di un Paese.

La Carlton dice che «Ci sono soluzioni al problema globale della diarrea e sono quelle alle quali alcuni ricercatori si riferiscono come “no fail“: acqua pulita da bere e abbondante acqua per lavare e l’igiene… e servizi igienico-sanitari, non solo WC, ma anche sistemi fognari che impediscano alle persone di entrare in contatto con i rifiuti umani. Investire nell’acqua e nei servizi igienico-sanitari, contribuirà, in un modo o nell’altro, a migliorare la salute pubblica».

L’acqua pulita sarebbe quindi un enorme strumento per l’adattamento climatico e Levy spera «Lo studio venga preso in considerazione dai Paesi in via di sviluppo come traccia su come affrontare i cambiamenti climatici. Quando pensiamo di adattarci  ai cambiamenti climatici, pensiamo a costruire case su palafitte, a spostarci su terreni più in alto. Se crediamo a queste stime sulla crescita dei casi di diarrea con il riscaldamento delle temperature, forse investire nel miglioramento dei servizi idrici e igienico-sanitari dovrebbe essere considerata una forma di adattamento climatico».