Agroecologia e rinnovabili: la rivoluzione dell’agricoltura italiana passa dal biogas

Gattoni (Ci): «Un’evoluzione rapidissima che consenta al comparto di conservare e migliorare la qualità e la quantità delle produzioni, abbattendo al contempo le emissioni»

[1 Marzo 2019]

Quello dell’agricoltura è un settore paradigmatico per affrontare di petto i cambiamenti climatici: prima vittima dei mutamenti del clima (e in Italia i danni sono particolarmente evidenti, purtroppo), figura anche tra le cause scatenanti in quanto contribuisce alle emissioni globali di gas serra per il 10-14%. Come se ne esce?

«L’accelerazione del cambiamento climatico e l’aumento del fabbisogno alimentare impongono alla nostra società un cambio di passo – spiega Piero Gattoni, presidente del Consorzio italiano biogas –, l’agricoltura dev’essere al centro di un’evoluzione rapidissima che consenta al comparto di conservare e migliorare la qualità e la quantità delle produzioni, abbattendo, nel contempo, le emissioni. Gli strumenti già ci sono e sono anche frutto del lavoro della ricerca e delle imprese italiane: noi del Cib li abbiamo ordinati nel modello Biogasfattobene® che indica la via per una transizione da diversi tipi di agricoltura – convenzionale, biologica, conservativa – verso l’agroecologia».

Un modello che è stato al centro della due giorni Biogas Italy – Change Climate. Agroecologia e gas rinnovabile, organizzata a Milano dal Cib chiamando a raccolta tutta la filiera del biogas agricolo, rappresentanti dell’industria, della distribuzione energetica, dei trasporti e della politica. «Gli oltre 1200 impianti di biogas agricolo in Italia costituiscono un presidio ambientale irrinunciabile per il nostro Paese – precisa Gattoni – perché laddove c’è un digestore c’è anche una gestione oculata e virtuosa dei sottoprodotti agroindustriali e dei reflui da allevamento».

Il nostro Paese dispone infatti di una filiera agricola particolarmente vitale e in grado di produrre biogas, convertibile in energia elettrica e termica, e biometano, prodotto che può essere immesso nell’infrastruttura del gas per usi civili e industriali o utilizzato come biocarburante avanzato.

«Riteniamo che il gas rinnovabile giocherà un ruolo fondamentale nel processo di transizione verso un’economia carbon neutral, anche grazie al potenziamento della filiera agricola del biometano – osserva Gattoni – La molecola del biometano è molto flessibile, può velocizzare la decarbonizzazione della rete del gas, rendere ecosostenibili i trasporti, in particolare quelli pesanti e navali e giocare un ruolo fondamentale nella futura produzione di biomateriali. Inoltre, a fronte della sicura crescita delle rinnovabili non programmabili, quali eolico e fotovoltaico, negli equilibri di approvvigionamento energetico, si renderà necessario equilibrare i picchi della rete elettrica», attraverso appunto fonti non intermittenti come il biometano o la geotermia.

Tra le battaglie più urgenti che l’agricoltura dovrà combattere in questi anni vi è inoltre il degrado del suolo, un fenomeno globale profondamente destabilizzante e legato a doppio filo con l’agricoltura intensiva e con i mutamenti climatici: anche contro questo fenomeno la digestione anaerobica integrata nell’azienda agricola è una soluzione percorribile perché produce, oltre all’energia, il digestato, un «concentrato naturale di carbonio e nutrienti che, se stoccato nel suolo, può sostituire i fertilizzanti chimici».

Anche secondo Gian Marco Centinaio, ministro delle politiche Agricole il comparto del biogas e del biometano «rappresenta una realtà fondamentale per il futuro dell’agricoltura italiana», ma è ora di passare dalle parole ai fatti. «Al Governo italiano – conclude Gattoni – chiediamo che si superi la logica dello “spalmaincentivi”, e che vengano mantenute le misure di supporto affinché il patrimonio impiantistico possa avviare un processo di efficientamento e un percorso di innovazione. In sede europea – conclude Gattoni – occorre emendare al più presto la Red II in modo che sia eliminata ogni limitazione alle colture da destinare ad uso energetico quando si tratta di secondi raccolti. D’altra parte, se è una coltura aggiuntiva quella destinata all’energia, perché limitarne la qualità?».