Dopo aver rilevato sostanze chimiche pericolose, le piante inviano un segnale

Gli spinaci nanobionici che rivelano la presenza di esplosivi (VIDEO)

«Abbiamo superata la barriera della comunicazione pianta/umano»

[2 Novembre 2016]

Lo studio “Nitroaromatic detection and infrared communication from wild-type plants using plant nanobionics”pubblicato su Nature Materials da un team del Massachussetts institute of technology (Mit) e dell’università della California – Riverside rivela che gli spinaci non sono solo il supercibo di Braccio di Ferro: incorporando nelle foglie nanotubi di carbonio queste piante sono state trasformate in sensori in grado di rilevare esplosivi e di inviare in  modalità wireless le informazioni a un dispositivo palmare simile ad uno smartphone.

Si tratta di una delle prime dimostrazioni  di ingegneria di sistemi elettronici nelle piante, un approccio che i ricercatori chiamano “plant nanobionics”. Il leader del team di ricerca, Michael Strano, che insegna ingegneria chimica al Mit , spiega che «L’obiettivo delle “piante nanobioniche è quello di introdurre le nanoparticelle nelle piante per dar loro funzioni non originarie»

In questo caso, gli spinaci sono stati progettati per rilevare composti chimici noti come nitroaromatici, che vengono  spesso utilizzati nelle mine e in altri esplosivi. Quando una di queste sostanze chimiche è presente nel sottosuolo campionato naturalmente dalla pianta, i nanotubi di carbonio incorporati negli spinaci emettono un segnale fluorescente che può essere letto con una telecamera a infrarossi e che può essere collegata a un piccolo computer simile a uno smartphone, che poi invia una e-mail all’utente.

«Questo è una nuova dimostrazione di come abbiamo superato la barriera della comunicazione pianta/umano – dice Strano –  Questo potere della pianta potrebbe anche essere sfruttato per avvertire della presenza di inquinanti e di condizioni ambientali come la siccità».

Gli altri principali autori dello studio sono Min Hao Wong, del Mit, che ha fondato  la compagnia Plantea per sviluppare ulteriormente questa tecnologia, e Juan Pablo Giraldo, che insegna all’università della California –  Riverside. Due anni fa, nella prima dimostrazione di “plant nanobionics”, Strano e Giraldo utilizzarono delle nanoparticelle per migliorare la capacità di fotosintesi delle piante e per  trasformarle in sensori per l’ossido di azoto, un inquinante prodotto dalla combustione. Secondo Strano, «Le piante sono ideali per il monitoraggio dell’ambiente, perché contengono già in un sacco di informazioni sull’ambiente circostante. Le piante sono ottimi chimici analitici. Hanno una vasta rete di radici nel terreno, campionano costantemente le acque sotterranee e hanno una modalità self-power  per trasportare quell’acqua fino alle foglie.”

Il laboratorio Strano aveva ha già sviluppato dei nanotubi di carbonio che possono essere utilizzati come sensori per rilevare una vasta gamma di molecole, tra cui perossido di idrogeno, l’esplosivo Tnt, e il gas nervino sarin e i ricercatori del Mit spiegano che «Quando la molecola bersaglio si lega ad un polimero avvolto intorno al nanotubo, altera la fluorescenza del tubo».

Nel nuovo studio, gli scienziati delMIt e californiani hanno incorporati sensori per i composti nitroaromatici nelle foglie delle piante di spinaci. Utilizzando una tecnica chiamata infusione vascolare, che comporta l’applicazione di una soluzione di nanoparticelle sulla parte inferiore della foglia, i sensori vengono collocati in uno strato della foglia noto come mesofillo, dove avviene la maggior parte della fotosintesi. Sono stati inseriti anche nanotubi di carbonio che emettono un segnale fluorescente costante che funge da riferimento. «Questo permette ai ricercatori di confrontare i due segnali fluorescenti – evidenziano al Mit –  rendendo più facile determinare se il sensore per l’esplosivo non abbia rilevato nulla». Se ci sono molecole di esplosivi nelle acque sotterranee, ci vogliono circa 10 minuti perché la pianta lo segnali dalle foglie, dove si trova il rilevatore. Per leggere il segnale, i ricercatori inviano un raggio laser sulla foglia, spingendo i  nanotubi incorporati ad emettere luce fluorescente che può essere rilevata con una piccola telecamera a infrarossi collegata ad un Raspberry Pi, un computer da 35 dollari grande come una carta di credito, di dimensioni simili al computer all’interno di uno smartphone. I ricercatori dicono che «Il segnale potrebbe essere rilevato anche con uno smartphone, rimuovendo il filtro ad infrarossi che hanno la maggior parte dei telefoni con fotocamera». Strano conferma: «Questa configurazione potrebbe essere sostituita da un telefono cellulare e da una macchina fotografica dl tipo giusto. E’ solo il filtro a infrarossi che impedirebbe di utilizzare il telefono cellulare». Utilizzando questo setup, i ricercatori possono captare un segnale da circa 1 metro di distanza dalla pianta e ora stanno ora lavorando per aumentare questa distanza.

Secondo Michael McAlpine, professore associato di ingegneria meccanica all’università del Minnesota che non ha partecipato alla ricerca, «Questo approccio ha un grande potenziale per l’ingegneria, non solo per i sensori, ma perché molti altri tipi di piante bioniche potrebbero ricevere i segnali radio o cambiare colore. Quando si dispone di materiali artificiali infiltrati in un organismo vivente, è possibile avere le piante fanno cose che le piante normalmente non fanno. Una volta che si inizia a pensare a organismi viventi come le piante viventi come biomateriali che possono essere combinati a materiali elettronici, tutto questo è possibile».

Nello studio sulle piante nanobioniche del 2014, il laboratorio di Strano aveva lavorato con una pianta da laboratorio molto utilizzata come l’arabetta comune (Arabidopsis thaliana), ma in questo ultimo studio ricercatori hanno voluto utilizzare gli spinaci per dimostrare la versatilità di questa tecnica: «E’ possibile applicare queste tecniche con qualsiasi pianta vivente», dice Strano.

Finora, i ricercatori avevano progettato anche piante di spinaci in grado di rilevare la dopamina, che influenza la crescita delle radici delle piante e intanto stanno ad ulteriori sensori, compresi alcuni che tracciano  le sostanze chimiche che le piante utilizzano per trasmettere informazioni all’interno dei loro tessuti.

«Le piante sono ambientalmente molto sensibili – evidenzia Strano – Sanno che sta per esserci un periodo di siccità molto prima di noi. Possono rilevare piccoli cambiamenti nelle proprietà del suolo e del potenziale idrico. Se mettiamo il dito in quei percorsi di segnalazione chimica, otteniamo l’accesso a una ricchezza di informazioni».

Questi sensori potrebbero anche aiutare i botanici saperne di più sul funzionamento interno di piante, a monitorare la salute delle piante e massimizzare la resa dei composti sintetizzati da piante rare come la  pervinca del Madagascar, che produce farmaci usati per curare il cancro.

Wong conclude: «Questi sensori forniscono informazioni dalla pianta in tempo reale. E’ quasi come avere una pianta che parla con noi in tempo reale dell’ambiente in cui è. Nel caso dell’agricoltura di precisione, avendo tali informazioni si può direttamente influenzare i margini di rendimento».

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