I pomodori sono rossi per caso, prima erano viola

Una scoperta di due studi, uno italiano e l’altro cinese, che consentirà di selezionare pomodori con più antociani e un più elevato potere antiossidante

[8 Novembre 2019]

Due studi indipendenti (“Alternative Splicing in the Anthocyanin fruit Gene Encoding an R2R3 MYB Transcription Factor Affects Anthocyanin Biosynthesis in Tomato Fruits” e “A Transcriptional Network Promotes Anthocyanin Biosynthesis in Tomato Fish”) pubblicati in contemporanea rispettivamente su Plant Communications (team di ricercatori del PlantLab dell’Istituto di Scienze della Vita della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa) e su Molecular Plant (team dell’Accademia Cinese delle Scienze di ricercatori cinesi) hanno scoperto che i pomodori ancestrali avevano la buccia viola e non rossa come quelli che conosciamo oggi.

Alla sant’Anna spiegano che la buccia viola dei pomodori ancestrali era «dovuta alla produzione di antocianine, sostanze dal potere antiossidante, le stesse che colorano di nero l’uva, le more e altri frutti. Una mutazione casuale del DNA ha invece portato a un pomodoro la cui buccia non è striata di viola, ma rossa in maniera uniforme».

I ricercatori italiani e cinesi hanno finalmente scoperto come è avvenuta quella mutazione e spiegano ancora: «Come è noto, i frutti del pomodoro sono di colore rosso, in alcuni casi giallo, a volte striati di verde. Frutti di pomodoro di colore viola, quasi nero, sono invece molto rari, ma noti sin dagli anni ’70, quando fu identificata una varietà di pomodoro, chiamata Anthocyanin Fruit (Aft), che presenta striature viola sulla buccia. Quando questa varietà viene incrociata con un’altra, chiamata Atroviolacea (atv), si ottengono pomodori la cui buccia è di un colore molto simile alle melanzane, dovuto all’accumulo di sostanze antiossidanti chiamate antocianine, le stesse che colorano di nero l’uva, le more e altri frutti».

Ma quale gene corrisponde ad Aft? Alla Sant’Anna ricordano che «Il genoma del pomodoro contiene oltre 30.000 geni e uno di questi, presente sul cromosoma 10, fa sì che la varietà Aft presenti antociani nella buccia. Ma la sua identità è rimasta ignota sino all’ultima settimana di ottobre 2019, quando i due studi indipendenti, condotti in Italia e in Cina, hanno finalmente chiarito come mai Aft ha la buccia viola mentre i normali pomodori hanno la buccia uniformemente rossa».

I ricercatori del PlantLab pisano (Sara Colanero, Silvia Gonzali e Pierdomenico Perata) hanno scoperto che «Non è la varietà dalla buccia con il colore viola a possedere un “super-gene”, in grado di produrre antociani, ma è il comune pomodoro ad aver perso questa funzione. I pomodori che comunemente sono commercializzati al supermercato, infatti, presentano una mutazione genetica sul gene Aft che lo inattiva, mentre il gene è integro nella varietà Aft. A questo stesso risultato sono giunti, esattamente allo stesso momento, i ricercatori della Accademia Cinese delle Scienze di Pechino».

Colanero, Ginzali e Perata ipotizzano che i pomodori ancestrali producessero antociani nella buccia, «ma una mutazione casuale nel DNA ha portato ad un pomodoro la cui buccia non era striata di viola, ma uniformemente rossa». Questo frutto uniformemente rosso sarebbe stato notato e particolarmente apprezzato e quindi utilizzato per produrre i pomodori moderni. «Qualcosa di simile è accaduto per l’uva – evidenziano i ricercatori italiani – le cui varietà a frutto bianco hanno mutazioni genetiche che inattivano la capacità di produrre antociani, che colorano di nero le varietà più comuni». Ma si ignorava del tutto che anche il pomodoro avesse subito la stessa sorte, con le varietà più comuni invece del tutto prive di antociani per la mutazione genetica scoperta dai ricercatori pisani.

Perata, docente di Fisiologia vegetale della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa, evidenzia che «Questa ricerca ha richiesto molti anni di lavoro, in un contesto di forte competizione con alcuni gruppi di scienziati cinesi, particolarmente attivi su questa tematica di ricerca. La Cina investe oltre il 3% del PIL in ricerca, mentre l’Italia appena l’1,3%: è evidente che la competizione diventerà sempre più difficile considerando la differente disponibilità di finanziamenti per la ricerca scientifica». Perata è però soddisfatto per questa nuova sfida vinta dalla ricerca condotta alla Scuola Superiore Sant’Anna.

Al PlantLab pisano concludono: «L’identificazione precisa del gene Aft consentirà ora di accelerare la selezione di varietà di pomodoro con un più elevato contenuto di antociani e quindi dotati di un più elevato potere antiossidante. Ottenere infatti alimenti di uso quotidiano, come il pomodoro, più ricchi di antiossidanti è un obiettivo della ricerca scientifica correlata alla nutraceutica».