L’agrobiodiversità salverà i vigneti dai cambiamenti climatici?

Anche se riusciremo a mantenere l’aumento delle temperature entro 2° C, ci saranno grossi problemi. Con 4°C sarà un disastro

[4 Febbraio 2020]

Anche se riusciremo a limitare l’aumento delle temperature globali a 2° C, il cambiamento climatico colpirà almeno il 50% dei vigneti e se non ce la faremo andrà molto peggio. Ma lo studio “Diversity buffers winegrowing regions from climate change losses”, pubblicato recentemente su Proceedings of the National Academy of Sciences (PNAS) da un team internazionale di ricercatori dice che, puntando alla sostituzione dei vitigni con varietà più resistenti (come la Grenache, che matura tardi, e quindi richiede condizioni calde e asciutte), queste conseguenze «possono essere parzialmente reversibili e le perdite agricole possono essere ridotte». L’agricolturaè una delle “vittime” designate del riscaldamento globale e l’amento delle temperature medie globali porterà cattivi raccolti, bassi rendimenti e cambiamenti nelle aree coltivate. Inoltre, le previsioni  atmosferiche per i prossimi decenni mostrano estremi climatici a livello regionale che saranno incompatibili con alcune coltivazioni.

Il team di scienziati guidato dal grupo Ecología del Cambio Global y Evolución – Ecología del Cambio Global y Evolución – Global Change Ecology and Evolution (GloCEE) dell’Universidad de Alcalá, ha esaminato come i cambiamenti nelle pratiche agricole potrebbero migliorare le previsioni per le colture viticole o almeno evitare alcune delle sue conseguenze.

Lo studio dimostra che se la Terra si riscalderà di 2° C rispetto ai livelli preindustriali, il limite massimo stabilito dall’accordo di Parigi, il 56% di tutte le regioni dive si coltiva uva da vino perderanno le caratteristiche climatiche che le rendono idonee a produrre vino. In uno scenario globale con un riscaldamento di 4° C l’inidoneità salirà alll’85%.

Il principale autore dello studio, Ignacio Morales-Castilla del GloCEE e dell’Arnold Arboretum dell’università di Harvard ha sottolineato che «Le conseguenze di queste perdite di idoneità climatica potrebbero comportare perdite di produttività o qualità (contenuto di zucchero e acido delle uve), nel qual caso i produttori dovrebbero valutare l’opportunità di adottare misure di adattamento».

Tra le alternative che ha a disposizione la viticoltura per adattarsi ai cambiamenti climatici ci sono diverse misure di gestione agricola che possono essere implementate a livello locale come l’irrigazione, la micro-aspersione o l’ombreggiamento, ma anche il trasferimento dei vigneti più in alto o a latitudini diverse.

Per contrastare il danno, gli scienziati suggeriscono un’altra  soluzione spesso proposta ma che finora ha avuto un sostegno minimo: la  sostituzione del materiale vegetale o di varietà e che secondo Morales-Castilla, «Ha un grande potenziale per adattare le colture ai cambiamenti climatici, purché non vengano raggiunti gli scenari di riscaldamento più pessimistici».

L’aumento di questa agrobiodiversità consentirebbe di aumentare la resilienza di diverse specie coltivate o dei loro parenti selvatici senza apportare cambiamenti nelle regioni agricole. All’Universidad de Alcalá ricordano che «Fino ad ora, sebbene questa pratica basata sulla variazione genetica intraspecifica all’interno di una coltura abbia attirato molta attenzione, non c’erano prove della sua capacità di mitigare gli effetti dei cambiamenti climatici. Pertanto, il lavoro quantifica per la prima volta in che misura un aumento della diversità agricola è in grado di attutire gli effetti negativi dei cambiamenti climatici, in questo caso la perdita di idoneità climatica, sulle regioni produttrici. I risultati del lavoro mostrano che la diversità delle colture può ridurre le perdite agricole dovute al riscaldamento globale, sebbene la sua efficacia diminuirà considerevolmente se si realizzeranno scenari più caldi».

Tenendo conto dei precedenti dati sull’impatto in uno scenario di riscaldamento a 2° C, l’agrobiodiversità ridurrebbe del 57% le perdite previste, mentre con un aumento della temperatura di 4° C la percentuale sarebbe del 32%. Quindi, grazie alla diversità delle colture, con un aumento delle temperature di 2° C i cambiamenti climatici influenzeranno “solo” il 24% dei vigneti e in uno scenario di più 4° C il 58%. Nello studio si legge che «La diversità, se adottata localmente dai produttori, può mitigare le perdite agricole, ma la sua efficacia dipenderà dalle decisioni globali in merito alle emissioni future».

Per verificare in che modo l’agrobiodiversità dei vigneti modifica le proiezioni dei cambiamenti climatici, gli scienziati hanno analizzato i dati storici di 11 varietà di uva da vino (Vitis vinifera) tra le quali Cabernet Sauvignon, Chardonnay e Pinot nero, con un’elevata diversità in Europa, in particolare in Francia, dal 1956 al 2015 e hanno messo insieme i dati su comparsa delle gemme, fioritura e maturazione, con quelli globali su semina e temperatura dal 1880 al 2013, per creare modelli di pianificazione degli scenari di riscaldamento globale dal 2006 al 2100 e dicono che «I nostri risultati supportano il potenziale dei cambiamenti delle colture in situ per adattare l’agricoltura ai cambiamenti climatici, anche nelle principali regioni vinicole, fino a quando gli sforzi per evitare scenari di riscaldamento più elevati avranno successo». Tuttavia, secondo gli autori dello studio, «La diversità delle colture da sola non è sufficiente per prevenire il declino delle uve da vino nelle regioni più vulnerabili».

Ma perdite e vantaggi non si avranno ovunque in modo uniforme: in futuro le regioni più calde continueranno a soffrire di più in futuro; in alcuni paesi come la Spagna (ma anche nell’Italia meridionale), una maggiore agrobiodiversità non sarà sufficiente per evitare perdite di quasi il 70%. Invece aree attualmente troppo fredde, come il Pacifico nord-occidentale americano e parti della Nuova Zelanda, sperimenteranno l’espansione di un habitat agricolo favorevole ai vigneti.

Va anche detto che le 11 varietà di uva delle quali si è occupato lo studio rappresentano solo l’1% dell’agrobiodiversità dell’uva da vino, e quindi, potenzialmente, ci sono molte varietà che potrebbero sostituirle per aumentare la resilienza dei vigneti ai cambiamenti climatici. Avere questo enorme archivio di informazioni potrebbe consentire agli agricoltori di capire quali saranno le varietà migliori che dovranno piantare nei prossimi anni.

Come scrive Emma Bryce su Anthropocene, «I produttori di vino sono fortunati ad avere una pletora di colture su cui attingere in futuro. E questo sottolinea il motivo per cui la diversità è così cruciale nell’adattarsi ai cambiamenti climatici: è una lezione che potrebbe essere applicata a molti altri tipi di agricoltura, come la risicoltura, il grano o la produzione di banane, dove è ora iniziata una bramosa caccia a nuove varietà di colture».

Ma l’agrobiodiversità non salverà tutti i vigneti: con un riscaldamento globale che supererà quanto previsto dall’Accordo di Parigi alcune regioni vitivinicole scompariranno, «Ecco perché limitare l’aumento della temperatura globale a 2° C o meno è ancora la soluzione più forte», dicono i ricercatori.

E gli scienziati concludono che, sia che si tratti di cambiare i metodi di coltivazione che limitare le emissioni, «E’ fondamentale il ruolo che le decisioni umane svolgono nella costruzione di sistemi agricoli resilienti ai cambiamenti climatici».