Se l’Italia esporta il riso anche in Cina

Se l’Italia esporta il riso anche in Cina Il 50% del riso prodotto in Europa è italiano, ma solo lo 0,38% a livello mondiale

[6 Luglio 2015]

L’Italia è universalmente nota come il Paese della pasta, ma anche per quanto riguarda il riso riveste un ruolo di primo piano: il 50% di quello prodotto in Europa, ad esempio, è italiano. Si tratta della fetta in assoluto più rilevante della produzione risicola nel Vecchio continente, eppure – con in suoi 219.532 ettari coltivati a riso – a livello mondiale si tratta di uno spicchio minuscolo: lo 0,38%. È l’Asia, che monopolizza il mercato con il 91% della produzione, che fa la parte del leone. Eppure, il riso italiano rappresenta ancora un esempio nel panorama internazionale.

Sono i mercati stessi a riconoscergli questo valore. Infatti, solo il 32% del riso prodotto in Italia rimane entro i patri confini, mentre il 68% arriva ovunque – Cina compresa. Tipicamente, nel primo caso si parla di varietà da risotto, mentre nel secondo  altri tipi di riso (tondo, medio, lungo A, lungo B). I dati, snocciolati all’Expo 2015 dagli agronomi e forestali del Conaf in occasione del Tavolo della democrazia della Fattoria Globale della World Association of Agronomists, fa perno sulla tipo di produzione.

«Per produrre 1kg di riso – spiega Giancarlo Quaglia, coordinatore del centro studi Conaf – occorrono 1.700 lt di acqua. La produzione globale è costantemente aumentata negli ultimi trent’anni grazie alle migliori tecniche di coltivazione ma tale aumento non è riuscito a sopravanzare l’incremento demografico di alcune aree del pianeta. Per aumentare la produzione si è ricorsi ad un aumento delle aree coltivabili con un accaparramento di territori da parte di alcuni Stati per raggiungere la sovranità alimentare. Tale tendenza, tuttavia, corre il rischio di tradursi in perdita di biodiversità e dell’identità territoriale delle produzioni».

In questo quadro, dominante in Asia, si inserisce un diverso modello offerto dall’Italia: «Uno dei fattori più innovativi della gestione agronomica della risaie è senza dubbio l’aumento esponenziale della semina interrata – osserva l’agronomo Maurizio Tabacchi – in grado di integrare e progressivamente sostituire la semina in sommersione. Nel 2004 in Italia gli ettari coltivati con il metodo interrato era di 35mila, il 15% della produzione; nel 2015 sono diventati 72mila ettari, il 33% della produzione nazionale. Questa tecnica – ha concluso Tabacchi – consente un uso più razionale della risorsa idrica anche se non la difende dagli sbalzi di temperatura tipici dell’Italia del nord che possono compromettere la produzione».

Una produzione più sostenibile per il ridotto impatto sulle risorse idriche, ma anche qualitativamente elevata. «L’Italia nel quadro della produzione mondiale di riso rappresenta un ‘unicum’ a livello mondiale – chiosa infatti l’agronomo Massimo Biloni – E’ l’unico Paese, infatti, che con una legge (la 325 del 1958) ha imposto una classificazione delle varietà e ha imposto l’obbligo della varietà sulla confezione suddividendole in quattro gruppi (comune o originario, semifino, fino, superfino in Europa Tondo, medio, lungo). L’Italia, per questo, esprime una grandissima biodiversità come comparto risicolo unica al mondo».