Wwf: il passaggio all’olio di palma “sostenibile” è un fallimento

Una scelta fatta da molte aziende ma a discapito dell’ambiente. La migliore è Ferrero

[17 Gennaio 2020]

Alla vigilia del World Economic Forum di Davos, l’incontro annuale nel quale il gotha dell’economia globale prende impegni (spesso disattesi) per un mondo più sostenibile, il Wwf presenta le Palm Oil Buyers Scorecard, cioè «le valutazioni delle aziende per il loro supporto all’impiego di olio di palma sostenibile, con lo scopo di affrontare e risolvere la problematica della deforestazione nelle aree tropicali».

E il Panda sottolinea che «I risultati non sono dei migliori. Nessuna azienda infatti ha raggiunto il voto più alto nel punteggio stabilito dal Wwf, che ha esaminato le strategie messe in atto dai brand globali nella riduzione degli impatti sugli habitat tropicali generati da un approvvigionamento non sostenibile dell’olio vegetale più consumato al mondo».

L’associazione ambientalista evidenzia che «Se prodotto in maniera non responsabile, l’olio di palma può avere impatti devastanti sulle foreste, le specie e le comunità con conseguenze drammatiche anche sul cambiamento climatico». La nuova edizione delle  Palm Oil Buyers Scorecard  prende in esame 173 principali retailer, produttori di beni di consumo e aziende di food service di Canada, Stati Uniti, Europa, Australia, Singapore, Indonesia e Malesia de che spaziano da brand globali come Carrefour, L’Oreal, McDonald’s, Nestlé, Tesco, Walmart e Ferrero, ad altri meno noti. All’inizio del nuovo decennio per l’ambiente, il Wwf ha alzato l’asticella delle aspettative nei confronti delle aziende «perché definiscano azioni commisurate e accelerate rispetto alle crescenti emergenze planetarie come le sfide climatiche e ambientali».

Ma, a dispetto degli impegni assunti da multinazionali, grandi imprese e coalizioni industriali per eliminare la deforestazione dalle loro catene di forniture, le scorecard del Wwf dimostrano che «Molte aziende sono ancora ben lungi dal dimostrare ai propri consumatori di poter adempiere a queste promesse. In questo elenco soltanto il gruppo Ferrero, l’azienda italiana di beni di consumo alimentari, ha ottenuto più di 20 punti (su un massimo di 22) lanciando un segnale di incoraggiamento al mondo dell’industria sul fatto che una filiera di olio di palma sostenibile e priva di impatti sulle foreste è possibile». A completare l’elenco delle prime 5 aziende delle Scorecard Wwf ci sono Edeka, Kaufland, L’Oréal e IKEA.

Il punteggio ottenuto nelle Scorecard rivela che «I membri del CGF “Consumer Goods Forum”, una piattaforma industriale di distributori e produttori attraverso la quale le aziende aderenti si sono impegnate per eliminare gli impatti sulla deforestazione delle proprie filiere, sono in ritardo rispetto ai loro impegni su un approvvigionamento sostenibile di olio di palma». Delle 53 aziende CGF analizzate dalle Scorecard del Wwf, solo 10 (Ferrero, Kaufland, L’Oréal, Marks & Spencer, dm-drogerie markt, The Co-operative Group UK, Rewe Group, Mars, Friesland Campina e Nestlé) hanno mostrato impegni concreti sulla sostenibilità dell’approvvigionamento di olio di palma, rientrando nel 10% delle aziende al vertice della classifica. Gli ambientalisti dicono che «La performance di questo gruppo ristretto di leader virtuosi, aziende che si sono impegnate ad azzerare i propri impatti sulle foreste entro il 2020, è lodevole, ma dovrebbe essere una regola piuttosto che un’eccezione». Per questo il Wwf chiede ai membri del CGF di «accelerare l’attuazione di strategie per la sostenibilità dell’olio di palma e indirizzare i cambiamenti del mercato, alla luce del loro impegno a “garantire la fiducia dei consumatori e guidare un cambiamento positivo”«.

Nelle sue analisi il Wwf ha preso in considerazione non solo aspetti basilari quali l’utilizzo di 100% di olio di palma sostenibile nelle filiere, ma anche azioni complementari che dimostrino l’impegno a 360 gradi. Tra queste, il sostegno ai piccoli proprietari terrieri e alle comunità, la protezione della biodiversità nelle zone più a rischio per l’espansione irresponsabile della coltivazione della palma da olio. Le Scorecard mostrano che «solo circa un quarto delle aziende prese in esame stia investendo in iniziative in aree a rischio deforestazione» e Il Wwf invita le imprese a «intraprendere azioni concrete per contribuire proattivamente a soluzioni globali».

Elizabeth Clarke, palm oil lead di Wwf International, sottolinea che «Le sfide che il nostro pianeta deve affrontare oggi sono molteplici e sempre più imponenti. A ciò si aggiunge il devastante effetto che la coltivazione della palma da olio ha avuto negli scorsi decenni. Di fronte a ciò le aziende devono andare oltre la sola riduzione degli impatti delle proprie filiere. All’inizio di questa nuova decade, le aziende devono accettare le proprie  responsabilità e promuovere l’approvvigionamento sostenibile di olio di palma, includendo azioni più ampie, coraggiose e rapide di quanto fatto finora».

Ma il Wwf fa notare che «Tuttavia anche tra le azioni più basilari che ci si aspetta vengano attuate dalle aziende, i risultati sono molto deludenti. Per esempio, meno della metà delle aziende analizzate impiega 100% olio di palma certificato sostenibile (CSPO), poco più di due terzi si sono impegnate ad approvvigionarsi entro il 2020 del 100% di olio di palma certificato sostenibile e di queste solo il 60% ha effettivamente raggiunto l’obiettivo dichiarato. Infine, solo un quarto di tutte le aziende presenti nel report Scorecard chiede ai propri fornitori prodotti deforestation-free, ossia che non abbiano comportato deforestazione per la propria coltivazione. Ancora più deludente è quel quarto delle aziende che  in generale non ha ancora dichiarato alcun impegno sull’olio di palma sostenibile. In questo gruppo è compreso un sostanziale numero di aziende asiatiche». Mentre i mercati asiatici sono rimasti indietro da tempo sul processo di sostenibilità, il Wwf ha incluso per la prima volta nella nuova edizione globale del Palm Oil Buyers Scorecard marchi di Singapore, Indonesia e Malesia, «con la speranza che comincino a ridurre questa lacuna».

La Clarke conclude: «L’aspetto positivo è che il 2020 rappresenta una straordinaria opportunità per le aziende di unirsi a policy makers e consumatori nell’impegno verso l’approvvigionamento di olio di palma che non metta più in pericolo natura e foreste-ribadisce -, questo impegno nell’olio di palma è componente vitale dell’ambizioso programma New Deal for Nature and People che pone la natura sulla via di recupero entro il 2030. La natura è sotto una pressione senza precedenti e noi dobbiamo muoverci tutti insieme a cominciare dal 2020 per garantire un futuro sostenibile alle persone e al pianeta. Ci aspettiamo che le aziende decidano di affrontare questa sfida. Il Wwf darà agli acquirenti di olio di palma l’opportunità di dimostrare che stanno prendendo una giusta direzione quando verrà pubblicata la prossima edizione del Palm Oil Buyers Scorecard a fine 2020».