Al via il progetto europeo MedTurtles per proteggere le tartarughe marine nel Mediterraneo

Coordinato dall’università di Pisa, punta a far diminuire l’impatto antropico e ridurre la pesca accidentale delle tartarughe

[16 Gennaio 2020]

Life MedTurtlesES è un nuovo progetto europeo che punta a proteggere due specie a rischio che popolano i nostri mari: la tartaruga comune (Caretta caretta) e quella verde (Chelonia mydas), utilizzando droni per le ricognizioni aeree, una App per segnalare gli avvistamenti e un piccolo esercito di cento tartarughe equipaggiate con appositi trasmettitori satellitari per tracciarne gli spostamenti in tutto il Mediterraneo.

Il progetto, appena partito, è coordinato da Paolo Casale e Paolo Luschi del dipartimento di biologia dell’università di Pisa, è stato finanziato con circa 3 milioni di euro dalla Unione europea fino al 2023 e riguarderà Albania, Italia (in particolare il Mar Adriatico), Spagna, , Tunisia e Turchia, affiancandosi ed estendo geograficamente Life EuroTurtles, un progetto europeo già in corso che riguarda Grecia, Cipro, Italia, Slovenia, Croazia e Malta. Oltre all’ateneo Pisano, i partner di MedTurtles sono: Fondazione cetacea Onlus (Italia), Facultèé des Sciences de Sfax (Tunisia), Shoqata Herpetofauna Shqiptare (Albania), Pamukkale Bilim Merkezi Derneği (Turchia), Universitat de Valencia (Spagna).

Casale spiega che «Queste due specie di tartarughe, soprattutto durante il periodo giovanile, frequentano l’intero bacino del Mediterraneo compiendo tragitti estremamente variabili che le espongono a grandi rischi, in primo luogo la pesca che rappresenta di gran lunga per loro la minaccia più rilevante».

L’università di Pisa sottolinea che «Per proteggere le tartarughe gli scienziati metteranno in atto una serie di azioni concrete a partire dall’identificazione dei siti di nidificazione in Spagna e Albania. Qui la sfida sarà difendere queste aree dai predatori naturali, dalle inondazioni e dall’impatto antropico, con misure che potranno andare dallo spostamento dei nidi in spiagge idonee sino al recupero delle uova per far completare la schiusa in apposite incubatrici. I ricercatori lavoreranno inoltre per ridurre l’impatto antropico nei siti di foraggiamento in mare, coinvolgendo direttamente i pescatori di Spagna, Italia, Tunisia, Turchia e Albania. Ai pescatori verranno dati di attrezzi da pesca modificati per diminuire le catture accidentali insieme alle indicazioni su come trattare le tartarughe comunque catturate in modo da ridurre la mortalità successiva al rilascio».

Il progetto prevede anche una campagna di sensibilizzazione per evitare l’abbandono in mare di pezzi di attrezzi da pesca che costituiscono un pericolo grave per le tartarughe e sull’importanza di smaltirli in modo appropriato. Infine, i pescatori verranno informati sulle aree maggiormente frequentate dalle tartarughe marine.

Casale aggiunge: «Ricaveremo le informazioni sulla distribuzione spaziale delle tartarughe grazie all’integrazione di diverse fonti di rilevazione, quindi con ricognizioni aeree con droni, monitorando gli spostamenti di circa 100 tartarughe equipaggiate con apposite trasmittenti e direttamente da pescatori attraverso un approccio collaborativo di ‘citizen science”».

Luschi concude: «Le attività previste dal progetto si inquadrano pienamente nelle linee di ricerca attive presso il nostro dipartimento di Biologia, nel quale sono da tempo in corso studi sulla biologia e la conservazione delle tartarughe marine, con particolare attenzione alle loro migrazioni e ai movimenti in genere L’esperienza ultraventennale che abbiamo sviluppato in quest’ambito, che si realizza soprattutto nell’impiego e sviluppo di avanzate tecniche di telemetria satellitare per animali marini, fornirà una solida base di conoscenze per la buona riuscita del progetto appena iniziato».