Arpat: «Monitorare il rumore sottomarino per proteggere i cetacei»

La sintesi dell’intervento al convegno dell'Associazione Italiana di Acustica all’Expo 2015

[27 Ottobre 2015]

Gaetano Licitra dell’Agenzia regionale per la protezione ambientale della Toscana (ARPAT) è intervenuto al seminario “Le scienze dell’acustica a servizio dell’alimentazione e dell’ambiente”, tenutosi all’Expo 2015 a Milano presentando la ricerca “La bioacustica marina per lo studio e la conservazione dei cetacei: iniziative in Italia per l’implementazione della Direttiva europea sulla Marine Strategy”, realizzata insieme a Gianni Pavan (CIBRA, Università di Pavia), Giuseppe Marsico e Fabrizio Borsani (ISPRA), e Giorgio Riccobene (INFN Sezione di Catania) che sarà pubblicata integralmente sulla Rivista Italiana di acustica e scaricabile gratuitamente dal sito Web dell’Associazione. Ecco la sintesi proposta dall’ARPAT:

Nel Mediterraneo, uno dei mari con i maggiori problemi ecologici, vivono ben otto specie di cetacei e diverse altre specie visitatrici occasionali. Tra i problemi ambientali, l’inquinamento acusticodovuto ad attività umane riveste un ruolo importante, contribuendo fortemente ad alterare l’ambiente acquatico in cui i cetacei vivono.

Tanto per dare un ordine di grandezza: in acqua il suono si propaga 5 volte più velocemente che in aria e con grande efficienza e questo consente ai cetacei di comunicare su grandi distanze (decine e anche centinaia di km). Ma un aumento di soli 6 dB di rumore ambientale dimezza la distanza alla quale i cetacei possono comunicare fra loro.

L’interesse per l’impatto del rumore sull’ambiente sottomarino è rivolto in particolare agli eventi puntiformi legati a sorgenti di alta potenza, come i sonar e gli airguns per le ricerche sismiche. Oltre a queste sorgenti puntuali, le attività umane producono però anche emissioni costanti derivanti da: traffico navale; vibrazioni che si propagano dalla costa; rumore diffuso anche a grande distanza dalle ricerche sismiche; grandi impianti offshore quali piattaforme di perforazione/estrazione ed impianti eolici.

La ricerca e gli studi degli ultimi anni hanno dimostrato come il rumore navale possa aumentare il rumore ambientale di 40-60 dB anche per lunghi periodi di tempo con picchi di oltre 80 dB. A livello di impatti, il rumore a bassa frequenza (10 Hz – 1000 Hz) può interferire con la comunicazione dei cetacei, come abbiamo sopra detto, ma può anche produrre stress e alterazione delle rotte fino all’abbandono di determinate aree. Ciò che ne consegue sono impatti significativi: riduzione della capacità riproduttiva, abbandono di aree essenziali per alimentazione, riproduzione e allevamento dei piccoli.

A subire tali pressioni, tra l’altro, sono anche gli invertebrati, i pesci e i rettili, oltre i cetacei. L’effetto su pesci e invertebrati può avere ripercussioni ecologiche importanti anche sui cetacei e sulla pesca.

Emerge quindi sempre più la necessità di definire norme per la navigazione e per le attività potenzialmente dannose, sia all’ambiente marino in generale sia in particolare alle aree più significative per la sopravvivenza dei cetacei (rotte di migrazione, aree di riproduzione, aree di alimentazione).

La Direttiva Europea “Marine Strategy”, dal canto suo, identifica 11 descrittori della qualità dell’ambiente marino e chiede agli stati di predisporre opportuni strumenti di monitoraggio e controllo, fra cui il monitoraggio delle popolazioni di cetacei e del rumore subacqueo distinto tra quello intermittente (sonar, airgun, pile drivers) e quello continuo a bassa frequenza (principalmente dovuto a traffico navale).

In Italia, ISPRA, con la collaborazione di esperti di enti di ricerca e delle agenzie per l’ambiente, ha fornito supporto al Ministero dell’Ambiente per l’implementazione della Direttiva, raccogliendo i dati acustici presenti in Italia, definendo le criticità esistenti e le aree in cui svolgere il piano nazionale di monitoraggio previsto dalla Direttiva stessa.

Tra le attività di ISPRA ricordiamo la redazione, nel 2011, delle linee guida nazionali per lo studio e la regolamentazione del rumore di origine antropica introdotto in mare e, nel 2012, del “Rapporto tecnico: Valutazione e mitigazione dell’impatto acustico dovuto alle prospezioni geofisiche nei mari italiani”. Nel corso del 2013-2014 ISPRA ha inoltre elaborato e presentato al Ministero dell’Ambiente un piano di monitoraggio nazionale.

Sul tema del rumore subacqueo significativi sono stati i risultati del progetto transfontaliero Gionha – di cui ARPAT è stata capofila – per la stima del rumore antropico nell’alto Tirreno (Santuario dei Cetacei): in linea con quanto richiesto dalla Marine Strategy, il progetto ha fornito una valutazione del livello di inquinamento acustico marino su base annuale; ha descritto in maniera esauriente la sorgente di rumore nel Santuario dei Cetacei grazie all’individuazione delle rotte principali, alla conoscenza delle tipologie di imbarcazioni e alla distribuzione temporale delle stesse imbarcazioni, ricostruendo mappe di rumore sottomarino a varie profondità e varie frequenze.

A livello nazionale ricordiamo anche gli osservatori sottomarini multidisciplinari, realizzati dall’Istituto nazionale di fisica nucleare in collaborazione con altri enti di ricerca nazionali (quali l’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia e varie Università tra cui il Centro Interdisciplinare di Bioacustica e Ricerche Ambientali di Pavia), al largo di Catania e di Capo Passero, che rappresentano la più grande installazione di sensori acustici nelle profondità del Mediterraneo. Questi hanno permesso infatti l’identificazione e lo studio di cetacei (balenottera comune, capodoglio) e la misura del rumore di fondo, sia diffuso che derivante da singole navi in transito.

Per mitigare i livelli sonori presenti bisogna operare attraverso la riduzione: delle sorgenti sonore di alta potenza, del rumore irradiato dalle navi, così da rientrare nei limiti richiesti dalla Marine Strategy e assicurare alla fauna marina un ambiente acustico confortevole che ne garantisca il benessere e la sopravvivenza nell’interesse dell’intero ecosistema marino.

Tutte queste attività possono trovare notevole impulso rafforzando le collaborazioni internazionali per contribuire allo sviluppo delle conoscenze in un settore che richiede uno sforzo ancora molto significativo, anche dal punto di vista normativo comunitario.