L’analisi di Piero Genovesi, responsabile Area gestione e conservazione fauna di Ispra

Arriva da 66 specie aliene «la più grande minaccia per la biodiversità europea»

Otto di queste sono considerate «ad altissimo rischio». Si tratta di piante e animali esotici invasivi

[19 Dicembre 2018]

Un gruppo di 43 ricercatori europei, tra cui il sottoscritto, coordinati Helen Roy del Centre for Ecology&Hydrology (Gran Bretagna), ha identificato 66 specie di piante e animali aliene non ancora presenti stabilmente in Europa e che rappresentano una minaccia potenziale particolarmente grave per la biodiversità e gli ecosistemi della regione.

Lo studio, pubblicato sulla rivista Global Change Biology, è partito da una lista di 329 specie aliene ritenute pericolose per la biodiversità, elaborata in uno studio precedente, e da queste è stato estratto, con un metodo di costruzione del consenso tra esperti, un elenco di otto specie considerate ad altissimo rischio, 50 considerate ad alto rischio e 18 con rischio medio.

Abbiamo applicato una tecnica detta di “horizon scanning”, cioè un “giro di orizzonte” che analizza tutti i possibili fattori rischi al fine di identificare le minacce potenziali per un’area. Con questa tecnica è stata ricavata una lista di potenziali specie aliene invasive per l’Europa, tenendo conto delle caratteristiche biologiche delle diverse specie, analizzando le probabilità di arrivo e di insediamento nelle condizioni climatiche della regione, valutando la probabilità di diffusione e di impatto, considerando un periodo di 10 anni. L’approccio dello studio non era mai stato applicato ad una scala continentale e su una tale varietà di gruppi tassonomici, avendo analizzato piante, invertebrati terrestri, specie marine, invertebrati di acqua dolce e vertebrati.

Lo studio ha portato a identificare otto specie aliene che presentano il rischio più elevato di impatto:

  1. Channa argus. Il pesce testa di serpente è originario della Cina meridionale e orientale, ma ora anche ampiamente distribuito in Giappone all’interno di stagni e zone umide poco profonde e paludose, dove preda diverse specie ittiche autoctone.
  2. Limnoperna fortune. La cozza d’oro è originaria della Cina e dell’Asia sud-orientale, ma si è naturalizzata ad Hong Kong nel 1965, e in Giappone e Taiwan negli anni ’90. Successivamente, ha invaso gli Stati Uniti e il Sud America. Altera la fauna autoctona con un impatto sull’intera catena trofica delle acque dolci.
  3. Orconectus rusticus. Questo gambero, originario degli Stati Uniti, è una specie di gambero d’acqua dolce particolarmente grande ed aggressiva, più abile nell’evitare l’attacco dei predatori rispetto ad altri gamberi e quindi compete con successo con le specie autoctone.
  4. Plotosus lineatus. Il pesce gatto a strisce è originario dell’Oceano Indiano, è stato osservato per la prima volta nel Mediterraneo nel 2002 e successivamente si è diffuso rapidamente lungo l’intera costa israeliana. Questo pesce gatto, dotato di spine velenose, vive in tutti i substrati sabbiosi e fangosi, contribuendo al declino delle specie autoctone per competizione.
  5. Codium parvulum. Questa alga verde originaria dell’Oceano Indo-Pacifico e successivamente osservata nel Mar Rosso, è stata rivenuta al largo delle coste settentrionali di Israele nel Mediterraneo e lungo la costa libanese. Causa impatti alle strutture degli ambienti marini, alterando la struttura e la funzionalità degli ecosistemi.
  6. Crepidula onyx. La lumaca di onice è nativa della costa meridionale della California e della costa settentrionale del Pacifico del Messico. Considerata molto invasiva in Asia, dove è stata segnalata in Corea, Giappone e Hong Kong. Le lumache di onice sono sedentarie e filtratrici in grado di modificare gli ecosistemi dove si insediano.
  7. Mytilposis adamsi. La cozza a strisce nere descritta dalla costa pacifica di Panama è una specie salmastra che ha invaso l’Oceano Indo-Pacifico agli inizi del 1900 colonizzando Fiji, India, Malesia, Taiwan, Giappone e Australia. In alcune di queste aree costiere la specie domina completamente le specie autoctone poiché può sopravvivere a condizioni ambientali estreme.
  8. Sciurus niger. Lo scoiattolo volpe originario dell’America settentrionale e centrale, compete per le risorse con gli scoiattoli autoctoni.

Lo studio ha evidenziato che la maggior parte delle specie potenzialmente invasive per l’Europa provengono dall’Asia, dal Nord America e dal Sud America. Le specie acquatiche hanno più probabilità di arrivare tramite trasporti via mare, mentre invertebrati terrestri e piante hanno maggiori probabilità di arrivare come contaminanti di merci diverse.

Questa analisi fornisce una base scientifica per identificare su quali specie invasive è prioritario concentrare la prevenzione degli arrivi, valutandone l’inserimento nella lista di specie il cui commercio è proibito ai sensi del Regolamento dell’UE 1143/2014.

«Prevenire l’arrivo di specie aliene invasive è il modo più efficace per affrontare le invasioni biologiche – sottolinea Helen Roy, coordinatrice del progetto – Prevedere quali specie possano arrivare e sopravvivere in nuove regioni comporta la considerazione di molti fattori ecologici e socio-economici interagenti tra cui il clima, ma anche i modelli di commercio. Il nostro approccio collaborativo che coinvolge esperti che abbracciano molte discipline è stato fondamentale per ottenere l’elenco di specie aliene che rappresentano la più grande minaccia per la biodiversità europea».

H.E.Roy, S. Bacher et al. (2018). Developing a list of invasive alien species likely to threaten biodiversity and ecosystems in the European Union. Global Change Biology.

DOI: 10.1111/gcb.14527 

di Piero Genovesi, responsabile Area gestione e conservazione fauna di Ispra per greenreport.it