Attività antropiche ed avifauna di alta montagna: non tutto il male vien per nuocere?

Gli uccelli alpini possono subire effetti negativi, ma anche trarre benefici dalla presenza dell'uomo

[19 Aprile 2019]

Gli habitat di alta quota sono soggetti a molte pressioni antropiche. Queste includono i cambiamenti climatici e le variazioni di uso del suolo come la costruzione di infrastrutture e la modificazione degli habitat naturali in favore di attività ricreative. Tuttavia, alcune specie selvatiche si dimostrano particolarmente adattabili, e riescono ad ottenere dei benefici dalla presenza dell’uomo, quali fornitura di cibo e siti per la nidificazione o il riposo; in questi casi diventa più impegnativo mettere sul piatto della bilancia i pro ed i contro delle loro interazioni con le persone. Per questo motivo studiare le reazioni delle specie selvatiche all’uomo è un elemento chiave per capire gli impatti diretti che la nostra presenza potrebbe provocare.

In termini di risposta al disturbo antropico, gli uccelli adottano comportamenti di vigilanza e questo induce la riduzione del tasso di alimentazione (gli animali investono più tempo a controllare la potenziale minaccia), oppure il consumo di energia a causa della fuga.

La ricerca svolta dal gruppo di ecologia animale dell’Università di Torino ha preso in esame il gracchio alpino, Pyrrhocorax graculus, specie presente in Europa, Asia e Nord Africa, ma esclusivamente in zone montuose e soprattutto oltre i 2000 m slm e che mostra una grande capacità di adattamento. Questa specie sfrutta le praterie alpine e gli arbusteti per alimentarsi e le pareti rocciose per riposare e nidificare. I gracchi alpini sono in grado di seguire le fluttuazioni stagionali delle diverse fonti alimentari: durante i mesi invernali la loro dieta è pressoché vegetariana e basata su bacche, mentre nella stagione calda si alimentano soprattutto di invertebrati ed in particolare di cavallette. Presentano inoltre un carattere opportunista, cioè sono noti per alimentarsi in discariche, zone picnic, aree di conferimento rifiuti, ma anche all’esterno di bar o ristoranti in quota dove spesso i turisti o gli stessi ristoratori lasciano scarti di cibo.

L’obiettivo principe della ricerca condotta era definire se e come il comportamento dei gracchi alpini variasse in base alla semplice presenza dell’uomo in estate. Tuttavia, per verificare se la disponibilità delle risorse alimentari potesse influire sul comportamento di questa specie, è stato deciso di studiare anche la distribuzione delle cavallette.

Lo studio è stato condotto in due siti delle Alpi Nord Occidentali in Valle d’Aosta, l’area attorno all’abitato di Cervinia e il Parco Naturale del Mont Avic: la prima è una località turistica caratterizzata da piste da sci, costruzioni ad alta quota ed un elevato flusso di turisti sia in inverno che in estate, mentre la seconda è un’area quasi priva di disturbo antropico. In queste due aree i gracchi alpini venivano osservati in alimentazione su prede naturali annotando alcuni parametri tra i quali il numero di individui, l’ammontare di cavallette ingerite e la distanza tra gli uccelli e le eventuali persone al momento dell’involo. Per valutare la distribuzione delle prede naturali sono invece stati realizzati dei campionamenti di cavallette.

I risultati della ricerca hanno mostrato che la presenza di turisti aveva un effetto nei gracchi alpini, che venivano disturbati ed accorciavano i tempi di foraggiamento, con un effetto più pronunciato nell’area protetta. Inoltre gli uccelli nell’area protetta erano più propensi alla fuga immediata, anziché alla vigilanza (ed al successivo involo) come invece accadeva nell’area turistica. Questo ha suggerito due possibili interpretazioni: secondo la prima i gracchi alpini avrebbero sviluppato assuefazione alla presenza delle persone nell’area in cui i turisti sono più comuni. Di conseguenza in siti antropizzati è possibile che questi corvidi riescano a sviluppare la capacità di tollerare il disturbo, mentre le popolazioni che vivono in aree naturali subiscono meno disturbo, ma sono anche meno capaci di tollerarlo, aumentando quindi gli effetti negativi legati ad esso. La seconda interpretazione prevede che in aree potenzialmente compromesse dalle attività antropiche, gli individui non possano permettersi di abbandonare la prateria perché rappresenterebbe una delle poche opportunità di foraggiamento dell’area. Ciò non escluderebbe che si sia sviluppata comunque  una certa assuefazione all’uomo.

Nel sito turistico è stato osservato anche un possibile effetto indiretto della presenza umana, cioè l’abbandono delle praterie alpine in favore di ristoranti: a metà dell’estate i gracchi alpini iniziavano a frequentare zone dove scarti di cibo antropogenico erano presenti, evitando le prede naturali. Tali zone sono caratterizzate da gruppi di gracchi alpini poco numerosi, il che potrebbe indicare che gli scarti di cibo sono di bassa qualità e quindi poco attraenti per i gracchi alpini; tuttavia questo sarebbe in contrasto con la loro scelta di abbandonare i prati in favore dei luoghi più ricchi di avanzi di cibo umano. Un fattore da non sottovalutare è la presenza di piste da sci nell’area turistica, note per avere un effetto negativo sulla popolazione di artropodi, quindi anche sulle prede dei gracchi alpini.

Valutando l’abbondanza delle cavallette durante lo studio è risultato che i gracchi alpini sono influenzati dalla disponibilità e dalla distribuzione delle prede. Si è inoltre evidenziata una differenza, seppur minima, tra le due aree per quanto riguarda la quantità di cavallette, con una lieve minore presenza nell’area con piste da sci. Di conseguenza è anche possibile che l’abbandono delle praterie in favore dei ristoranti sia legata alla minore presenza di prede naturali.

In conclusione, lo studio ha messo in evidenza lo sviluppo di una certa assuefazione alla presenza umana nell’area turistica e la sua assenza nel parco naturale. Questa tolleranza comporta dei vantaggi quali la possibilità di continuare ad alimentarsi e quindi non compromettere l’introito energetico per un falso pericolo. Inoltre, laddove le attività antropiche prevedano la presenza di scarti di cibo, i gracchi alpini sono in grado di sfruttare tali risorse alimentari e questo può essere utile in aree in caso di ridotta presenza di prede naturali. Tuttavia, cambiamenti comportamentali possono provocare effetti negativi o essere indicatori di problematiche: è bene tenere presente che negli ultimi anni diversi studi hanno iniziato ad affermare come l’alimentazione basata su cibo diverso da quello “naturale” possa avere effetti disparati, sia negativi che positivi, sull’avifauna. Per ciò che concerne la maggiore tolleranza alla presenza umana, questa potrebbe indicare in realtà habitat di alimentazione compromessi, compensati con un maggiore stazionamento sulla prateria.

Lo studio ha dimostrato quindi che il gracchio alpini, seppur dotato di grande capacità di adattamento e di tollerare la presenza umana, potrebbe subire effetti negativi, che probabilmente sono compensati da alcuni benefici tratti dalla presenza dell’uomo. Ulteriori studi sono in corso per verificare la natura di tali effetti sull’avifauna in alta montagna, un ambiente che sta subendo uno sfruttamento sempre maggiore. Ancora una volta la complessità della natura ci ricorda che non esistono solo il bianco ed il nero, ma anche le (ormai famose) sfumature di grigio.

di Cristina Vallino per greenreport.it

Behavioural responses to human disturbance in an alpine bird

Cristina Vallino*1, Enrico Caprio*1, Fabrizio Genco, Dan Chamberlain1, Claudia Palestrini1, Angela Roggero1, Massimo Bocca2, Antonio Rolando1

1 Dipartimento di Scienze della Vita e Biologia dei Sistemi, Università degli Studi di Torino

2 Parco Naturale del Mont Avic, Champdepraz, Italia 

Journal of Ornithology, 2019

La versione definitiva è disponibile alla URL: http://link.springer.com/article/10.1007/s10336-019-01660-z