Australia: nei mega-incendi boschivi è morto mezzo miliardo di animali

Potrebbero essere scomparse per sempre decine di specie di piante e animali in via di estinzione

[31 Dicembre 2019]

L’impatto sulla biodiversità dei giganteschi incendi boschivi che stanno devastando l’Australia potrebbe essere enorme. Secondo quanto hanno detto al Times i ricercatori dell’università di Sydney nel 2019 sarebbero periti negli incendi almeno 480 milioni di mammiferi, uccelli e rettili e il fuoco continua a bruciare intere foreste. Gli ambientalisti e gli scienziati australiani temono che vadano perdute per sempre intere specie di animali piante e i ricercatori sono già al lavoro sul campo per cercare di capire la reale portata di questo colossale disastro ambientale e climatico.

Se in questi giorni l’attenzione dell’opinione pubblica australiana e globale è rivolta soprattutto agli 8.000 koala uccisi dalle fiamme, circa il 30% dell’intera popolazione di koala della regione della costa nord del New South Whales (NSW), altri animali che come loro non riescono ad allontanarsi abbastanza velocemente dal fronte delle fiamme sono stati probabilmente decimati.

Gli incendi hanno colpito particolarmente il NSW, il Queensland meridionale e alcune aree del South Australia, bruciando finora un’area di oltre 3 milioni di ettari, grande quanto il Belgio. In pochi mesi di questa terribile e caldissima estata australe sono andate perse anche vaste aree boschive che circondavano Sydney, compresi dei parchi nazionali e aree protette per salvaguardare specie rare e in via di estinzione.

Nelle Blue Mountains, tra novembre e dicembre gli incendi hanno incenerito il 50% delle riserve comprese nel patrimonio dell’umanità dell’Unesco, dove vivono specie altamente minacciate di estinzione, come un arbusto chiamato Kowmung hakea, lo scinco delle Blue Mountains (Eulamprus leuraensis ) e la wollemia (Wollemia nobilis), un conifera considerata un “fossile vivente” scoperta solo nel 1994.

Ross Crates, un ricercatore dell’Australian National University di Canberra, fa notare che osserva che le Blue Mountains sono anche l’ultima roccaforte di un uccello in pericolo di estinzione, il regent honeyeater (Anthochaera phrygia), del quale al mondo rimangono da 250 a 400 esemplari e circa l’80% delle coppie nidificanti vive nelle Greater Blue Mountains. Finora gli incendi hanno distrutto siti di nidificazione dell’ Anthochaera phrygia in almeno cinque valli; uccidendo molti pulcini e incenerendo circa il 10% delle 1.200 stazioni di monitoraggio del regent honeyeater che erano state installate negli ultimi 5 anni, comprese telecamere e altri sensori.

E’ andato perso anche il 48% delle famose Gondwana reserves, foreste pluviali che esistono dal tempo dei dinosauri. Maurizio Rossetto, un ecologo evoluzionista del Royal Botanic Garden di Sydney ha detto a Science che «Nightcap National Park, una delle riserve del Gondwana, temo per circa 30 specie di alberi rari e un numero simile di animali rari, perché i loro habitat sono stati probabilmente distrutti. Il parco ha alcune delle foreste più biodiversità dell’Australia, con elevate percentuali di [specie di] antichi lignaggi endemici che risalgono ai tempi del Gondwana, oltre 60 milioni di anni fa». Foreste raramente toccate dagli incendi nel Nightcap e nelle riserve vicine, il che ha permesso a specie rare di alberi di sopravvivere. Rossetto fa notare che «Molti di questi alberi hanno una corteccia sottile che non fornisce loro protezione contro il fuoco». Lo scienziato è particolarmente preoccupato per tre specie, ognuna delle quali ha solo poche centinaia di alberi rimasti strettamente raggruppati in una singola popolazione.

Ad essere in forte pericolo sono anche le rane della foresta pluviale del Gondwana, in particolare la rana a marsupio (Assa darlingtoni). Lunga 2 centimetri che alleva i suoi girini i tasche sui fianchi. Mark Graham, del Nature Conservation Council cdel NSW, spiega che questa delicata rana «Ha bisogno della lettiera umida per sopravvivere e non tollera il fuoco», per questo teme che «Gli incendi abbiano causato una mortalità di massa», tanto che si chiede se il NSW dovrà riclassificare la rana, ora elencata come vulnerabile nella lista rossa, passandola alla categoria in via di estinzione.

Fino a poco tempo fa, la Ngunya Jargoon Indigenous Protected Area nel NSW ospitava la popolazione più integra di potoroo settentrionale dal naso lungo (Potorous tridactylus), un wallaby in via di estinzione grande quanto una lepre che si nutre dei tartufi che crescono intorno alle radici degli alberi della gomma . Ma a ottobre, dopo una siccità senza precedenti, un incendio ha devastato la riserva e, quando ambientalisti e ranger aborigeni sono riusciti a ritornare per valutare i danni non trovarono nessun segno della presenza di potoroo, la cui popolazione si era già ridotta a poche centinaia di esemplari. Graham, che ha lavorato per 20 anni per proteggere il potoroo, evidenzia che «Ora, il futuro della più grande popolazione conosciuta è in serio dubbio»

Gli incendi, che hanno colpito sia gli ecosistemi aridi e inclini e resilienti al fuoco che le zone umide e le foreste pluviali, distruggendo gli habitat di decine di animali e piante rare e il peggio potrebbero ancora arrivare: la stagione degli incendi estivi durerà ancora 2 mesi e in Australia si annuncia un’altra micidiale ondata di caldo. Euan Ritchie, della Deakin University di Melbourne ha detto a Science: «Non c’è dubbio che le specie minacciate saranno colpite; ma anche le specie comuni vengono spinte a diventare vulnerabili dalle dimensioni di questi incendi»

Gli incendi sono ancora in corso, impedendo ai ricercatori di raggiungere molti siti di studio per valutare appieno il danno, ma il quadro che emerge dalle immagini satellitari e dalle prime ricerche sul campo è cupo e in molte aree le fiamme hanno distrutto le foto-trappole che tenevano sotto controllo le specie più rare.

Nell’entroterra del NSW si teme per un altro uccello in via di estinzione: il tarabuso australiano (Botaurus poiciloptilus) che vive nelle paludi di Macquarie, una zona umida protetta a livello internazionale che permette la sopravvivenza di centinaia di migliaia di uccelli acquatici. Ma la lunga siccità ha disseccato la palude che a ottobre a subito un incendio che ha percorso 3.000 ettari, eliminando il 90% del canneto, l’habitat essenziale per la nidificazione del tarabuso.

Nel Queensland, che si estende nell’Australia nord-orientale, i ricercatori temono che gli incendi abbiano distrutto habitat chiave nel Bulburin National Park, che ospita una macadamia autoctona in via di estinzione, la cui popolazione era già ridotta a meno di 150 alberi. Diana Fisher, dell’University of New England – Armidale evidenzia che «Le immagini satellitari suggeriscono che il fuoco potrebbe aver raggiunto tutte e tre le parti del parco dove ci sono gli alberi». Gli incendi nel Bulburin minacciano anche l’antechino dalla testa d’argento (Antechinus argentus), un marsupiale carnivoro a rischio di estinzione del quale rimangono poche centinaia di individui e Bulburin. la più grande delle tre popolazioni conosciute.

I ricercatori fanno notare che anche gli animali sopravvissuti agli incendi dovranno affrontare sfide a lungo termine. La Fisher aggiunge: «Alcuni antechini dalla testa argentata, ad esempio, potrebbero essere sfuggiti al calore infilandosi nelle fessure rocciose. Ma devono riemergere per trovare un piccolo riparo o cibo. Se hanno perso tutta la loro lettiera e la copertura del terreno, allora non sopravviveranno. In passato, gli antechini di altre aree avrebbero potuto ripopolare i territori liberi, ma la frammentazione dell’habitat ora lo rende quasi impossibile».

Mike Letnic, dell’Università del University of New South Wales sottolinea che «Anche i potoroo sopravvissuti dovranno probabilmente evitare i gatti e le volpi, predatori introdotti che si spostano nelle foreste disturbate e mangiano rapidamente la fauna sul terreno. E’ un doppio colpo»

Animali più mobili come ad esempio gli honeyeaters adulti, sono probabilmente fuggiti di fronte alle fiamme, ma gli incendi potrebbero aver distrutto molti degli alberi della gomma sui quali nidificanoe si nutrono. Gli incendi potrebbero quindi avere impatti cumulativi a lungo termine sul successo riproduttivo di diversi animali e per le specie in via di estinzione questo potrebbe essere letale.

Intanto crescono le proteste della comunità scientifica contro il governo nazional-conservatore del liberaldemocratico Scott Morrison, un noto negazionista climatico amico di Donald Trump, accusato di aver fatto ben poco prima contro la siccità e poi per contrastare gli incendi, per non parlare della riduzione delle emissioni australiane di gas serra. La domanda che si fanno sempre più frequentemente molti australiani – compreso chi ha votato Morrison per motivazioni puramente economiche – è se il cambiamento climatico porterà ad altre stagioni degli incendi catastrofiche come quella in corso, iniziata insolitamente presto. «In tal caso – dicono Ritchie e altri ricercatori – anche le specie e gli habitat australiani con un certo livello di tolleranza al fuoco potranno affrontare minacce esistenziali».

Ma, anche di fronte agli incendi catastrofici e alle temperature record, il premier Morrison, continua a ripetere che «Non esiste nessuna prova scientifica credibile» che colleghi i cambiamenti climatici agli incendi. I climatologi australiani hanno risposto che Morrison fa parte di qui politici che «seppelliscono la testa nella sabbia mentre il mondo brucia letteralmente intorno a loro».