Bando per le guide Parco dell’Arcipelago Toscano. Sammuri: «Quale norma abbiamo violato?»

Il presidente di Federparchi risponde a Giani, guide e Confersercenti

[10 Febbraio 2016]

Dopo l’attacco del presidente del Consiglio regionale della Toscana Eugenio Giani (PD) al bando per le guide Parco del Parco Nazionale dell’Arcipelago Toscano, abbiamo intervistato il presidente del Parco e di Federparchi, Giampiero Sammuri, per sapere cosa ne pensa e del perché di questa protesta che vede protagoniste le guide ambientali elbane, sostenute dall’Associazione guide ambientali europee ( Agae, già Agat), Associazione Italiana Guide Ambientali Escursionistiche (Aigae – ospitiamo il loro intervento in un’altra pagina di greenreport,it)  e Confesercenti.

Ecco cosa ci ha risposo il presidente del Parco Nazionale dell’Arcipelago Toscano

Perché l’Ente ha fatto un bando sulle guide del Parco, se esistono già le guide ambientali?

Sono due qualifiche diverse, quello bandito dal parco è per il rilascio del titolo ufficiale ed esclusivo  di guida previsto dall’articolo 14 della legge 394/91, titolo che peraltro è già in possesso di alcune guide a seguito del corso che il parco aveva fatto nel 2001-2002. È esattamente quello che accade in altre regioni dove sono presenti parchi: ci sono  guide che hanno uno dei due titoli od entrambi, a seconda del corso che hanno fatto. Ovviamente questo non pregiudica la possibilità di svolgere all’interno dei parchi italiani la professione di guida anche per chi ha solo la qualifica di guida ambientale escursionistica, esattamente come avviene oggi nel Parco dell’arcipelago e come avverrà anche dopo il corso. Anzi, purtroppo, a seguito della cosiddetta  legge sulla liberalizzazione delle professioni, la 4-2013, oggi in Italia, dentro i parchi come fuori, svolgono l’attività di guida ambientale anche persone non hanno fatto nessun corso ed ottenuto alcuna qualifica.

Il bando è stato criticato dalle guide, ma ci sono stati rilievi sulle residenzialità anche da parte di consiglieri del Parco: perché non se ne è tenuto conto?

A questa domanda si può rispondere in due modi: quello istituzionale-burocratico e quello legato alla qualità del corso. Il parco per affidare l’attività ha fatto un bando per partecipare al quale i vari soggetti dovevano presentare un progetto formativo ed un offerta economica. Chi si è aggiudicato il servizio lo ha fatto proponendo 6 giorni residenziali fuori dall’Arcipelago, quindi non si può modificare a posteriori il risultato di una gara. Ma questo, come dicevo, è solo l’aspetto burocratico. Da punto di vista del corso questi sei giorni sono concepiti con il concetto del “campus”. Uno stage residenziale all’inizio del percorso formativo rappresenta una scelta metodologica ben precisa, poiché consente il massimo coinvolgimento dei partecipanti nella didattica, favorendo la partecipazione attiva al processo d’apprendimento e creando i presupposti per attivare corrette dinamiche di gruppo. Si tratta di una metodologia ampiamente collaudata basata su azioni che tengono conto della particolare dinamica che regola i processi di apprendimento negli adulti. Inoltre, grazie alla distanza dalla situazione lavorativa e dall’ambiente familiare, la “full immersion” prosegue anche fuori dall’aula, in un contesto informale, dove i partecipanti hanno modo di fare conoscenza, scambiare esperienze, confrontare idee ed opinioni.

Aggiungo due ulteriori considerazioni. Questa articolazione del percorso formativo è stata utilizzata per gran parte dei corsi finalizzati al rilascio del titolo ufficiale ed esclusivo dei parchi italiani,  compreso quello a suo tempo fatto dal nostro parco (in quell’occasione da informazioni che ho assunto, sono stati realizzati ben 3 corsi in collaborazione con il Parchi Nazionali della Val Grande e delle Dolomiti Bellunesi). Gli ultimi  corsi totalmente analoghi son stati realizzati  nei parchi nazionali del Pollino, Aspromonte e Appennino Lucano). Parlando con i colleghi presidenti, ma anche con i direttori, mi hanno riferito che, nonostante le trasferte fossero ben più lunghe che dalla Toscana, non hanno registrato problemi o lamentele. In questo momento sto scrivendo proprio dal parco dell’Aspromonte  dove in due giorni ho partecipato a diverse iniziative.  Tra queste un convegno nel quale è intervenuta una guida che, tra le altre cose, ha ringraziato il parco per l’organizzazione del corso fatto con lo stesso format di quello dell’Arcipelago… Aggiungo, quando si dice residenziale dove si intende? All’Elba? Ritenendo  di sì, dubito che per chi risiede nel isole del Giglio e di Capraia o a Livorno (tutti comuni del parco), possa essere molto diverso se la sede del corso si trova  nel Lazio. Inoltre il corso per i partecipanti è gratuito e non è sempre così, né nei corsi o masters in generale, nè in quello per guide parco in particolare. Infatti  alcuni parchi per corsi analoghi hanno fatto pagare una quota di iscrizione. In conclusione ribadisco che non è obbligatorio fare questo corso per esercitare la professione di guida nel parco dell’Arcipelago Toscano, come in ogni altro parco d’Italia. Sta alla valutazione individuale delle persone se in un rapporto costi-benefici, si ritiene il corso un investimento (essenzialmente temporale) da fare oppure no.

Il presidente del Consiglio regionale Giani afferma che il Parco con questo bando avrebbe violato la normativa regionale. Cosa risponde?

Non capisco quale. Avrei bisogno di sapere quale norma secondo il presidente è stata violata. Mi pare che non ci sia nessuna norma regionale che interagisca con le modalità per il rilascio del titolo previsto dalla legge 394/91. Abbiamo fatto un bando praticamente uguale  a quello che hanno fatto altri parchi che operano in regioni che hanno normative per il rilascio del titolo di guida ambientale escursionistica simili a quelle della Toscana.

Come intende procedere il Parco di fronte alla volontà paventata da Agae e Confesercenti di chiedere l’annullamento del bando?

Intanto bisognerebbe per prima cosa che arrivasse al parco una richiesta in tal senso, cosa che non è avvenuta. Poi bisognerebbe valutare le motivazioni per cui si chiede l’annullamento  e poi decidere di conseguenza. Esiste nella pubblica amministrazione il regime dell’autotutela, cioè se si ritiene di aver sbagliato un atto si può revocare. Nel caso specifico non riesco a capire dove sarebbe lo sbaglio, però se ci viene segnalato possiamo valutare.