Caccia, chiude la stagione. Wwf e Lipu: finalmente. I cacciatori: meno vittime e feriti

[31 Gennaio 2019]

Oggi si chiude (con qualche proroga) la stagione venatoria del 2018-19 e il Wwf, dopo aver tirato un sospiro di sollievo, sottolinea che è stata «una stagione record per ciò che riguarda i tentativi di deregulation venatoria messi in atto da amministratori e politici delle regioni italiane, che, da settembre a gennaio, hanno fatto a gara per favorire i 570.000 cacciatori italiani. Molte regioni (Marche, Liguria, Veneto, Lombardia) hanno approvato nel 2018 leggi regionali palesemente non conformi alle regole nazionali ed europee, con l’unico obiettivo di favorire in maniera illegittima la parte più retrograda del mondo venatorio. Leggi puntualmente impugnate dal Governo dinanzi alla Corte costituzionale, a seguito dei ricorsi delle associazioni di protezione ambientale come il Wwf: dall’annotazione “fai da te” sul tesserino venatorio ai contributi a pioggia ad associazioni con la scusa delle “tradizioni venatorie” (Veneto), per arrivare persino alla riproposizione della “caccia in deroga” ai piccoli uccellini (dal peso di pochi grammi) come peppole e fringuelli (Lombardia), nonostante le ripetute bocciature di questa pratica, barbara e illegale, dalla Corte europea di giustizia e dalla Corte Costituzionale Italiana. Dulcis in fundo vanno ricordati anche gli strampalati provvedimenti delle Province di Trento e Bolzano “ammazza lupi e orsi”. Anche queste “leggine” sono state impugnate prontamente dal Governo, in mancanza del parere positivo del Ministero dell’Ambiente e Ispra. Molte regioni, comprese le 11 che hanno chiesto lo “stato di calamità”, non hanno ritenuto di dover sospendere, anche per un breve periodo, la caccia a seguito dei catastrofici eventi meteo che hanno colpito in autunno l’Italia, come prevede la legge sulla caccia (art. 19)».

Il Wwf ce l’ha anche con i «tanti, troppi calendari venatori illegittimi» contro i quali ha proposto 12 ricorsi ai Tribunali amministrativi regionali (Abruzzo, Campania, Liguria, Lazio, Marche (3), Sardegna, Sicilia, Toscana, Trento , Umbria) e ricorda che «in oltre il 90 per cento dei casi il giudice di primo o di secondo grado ha accolto le tesi degli “avvocati del Panda” basate sulle norme europee e sulle ragioni della scienza, dalla caccia autorizzata nelle “aree Natura 2000 (aree di pregiata biodiversità, protette a livello Europeo), a quella nelle aree limitrofe a Parchi nazionali dove vive l’orso marsicano alla mancata richiesta degli obbligatori parere di Ispra (l’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale) alla totale violazione del “principio di precauzione”. Infine, tra i più significativi “peccati” delle regioni va sottolineato l’approvazione di calendari venatori in assenza dei Piani faunistico venatori regionali e provinciali».

Il Wwf ricorda che la fauna selvatica è “patrimonio indisponibile dello Stato” e che «è quindi dovere degli amministratori pubblici, anzitutto, di tutelarla e conservarla nell’interesse dell’intera comunità, compresa quella sovranazionale cui gli animali appartengono. Non escludiamo l’eventualità di portare avanti anche ulteriori azioni legali, ad esempio dinanzi alla Corte dei Conti, nei confronti di quei pubblici amministratori che hanno sperperato soldi dei cittadini per le spese legali che hanno dovuto affrontare per difendere i provvedimenti illegittimi da loro approvati e, soprattutto, per le centinaia di migliaia di animali selvatici uccisi illegittimamente, nonostante che siano patrimonio pubblico».

Poi ci sono i bracconieri. Secondo i dati delle guardie volontarie Ww e dei centri di recupero della fauna, «buona parte delle uccisioni di animali protetti e non cacciabili (dai rapaci ai lupi), avvengono proprio durante la stagione di caccia, quando si registra un’impennata dei ricoveri di animali feriti da armi da fuoco, spesso purtroppo a morte».

Secondo il Wwf «Purtroppo non si registrano miglioramenti rispetto agli “incidenti di caccia” di cui rimangono vittime ogni anno decine e decine di persone, molte delle quali non cacciatori: a questo proposito il Wwf aveva inviato lo scorso ottobre una lettera al ministro degli Interni Salvini chiedendo tra le altre cose di 1) limitare l’uso di armi a canna rigata quindi a lunga gittata (ad esempio consentendone l’utilizzo solo da postazioni sopraelevate);  2) effettuare controlli sulle licenze di caccia concesse e sulle modalità con cui vengono svolti gli esami; 3) vietare l’assunzione e la detenzione di sostanze alcoliche a tutti coloro che si trovano nell’esercizio dell’attività venatoria; 4) vietare l’esercizio della caccia nei giorni festivi e nei luoghi dove si svolgono attività sportive, ludiche, al fine di tutela della pubblica incolumità; 5) potenziare le attività di vigilanza venatoria effettuate dalle forze dell’ordine e agevolare la nomina di nuove guardie volontarie delle associazioni di protezione ambientale, troppo spesso ostacolate da eccessiva burocrazia».

Ma la Cabina di regia unitaria delle Associazioni venatorie riconosciute (Federcaccia, Enalcaccia, AnuuMigratoristi, Arcicaccia, Associazione Nazionale Libera Caccia, Italcaccia, Ente Produttori di Selvaggina) e il Comitato Nazionale Caccia e Natura (CNCN), confutanoi i dati del Wwf: «Sono 12 i decessi accertati durante la stagione 2018-19 (dal 1° settembre 2018 al 30 gennaio 2019), con una diminuzione del 33% rispetto a quella precedente. Per maggiore chiarezza, gli incidenti mortali che hanno coinvolto i cacciatori sono stati 10 (83% del totale), mentre quelli che hanno coinvolto i non cacciatori sono stati 2 (17% del totale). Durante lo stesso arco temporale i feriti sono stati 50, con un calo del 17% rispetto al 2017-18. I ferimenti dell’ultima stagione hanno coinvolto per il 74% dei casi cacciatori (37 feriti) e per il rimanente 26% dei casi non cacciatori (13 feriti)».

Quasi a prevenire le critiche di ambientalisti, animalisti e anti-caccia, la Cabina di regia dei cacciatori  ribadisce che «Anche un solo decesso durante la caccia sia inaccettabile», e si impegna a «continuare le capillari attività di sensibilizzazione sulla sicurezza, che negli ultimi anni hanno portato ad un costante calo degli incidenti, nonostante campagne informative ideologicamente avverse abbiano generato una distorta percezione del tema. A tal proposito risulta altrettanto innegabile che qualsiasi attività umana, anche quella apparentemente più sicura, comporti una percentuale di rischio che può essere abbassata, ma non eliminata del tutto».

Le Associazioni venatorie affermano che «I cacciatori italiani, inoltre, nel periodo in cui è consentita l’attività venatoria rigidamente regolata e sostenibile dal punto di vista scientifico, sono impegnati quotidianamente a tutela della biodiversità, gestendo territorio, ambiente e fauna, vigilando contro il bracconaggio, operando al servizio delle pubbliche amministrazioni a titolo gratuito in operazioni di controllo e ripristino ambientale».

Affermazioni che non trova per niente d’accordo la Lipu-BirdLife Italia che evidenza che «Almeno sette specie di uccelli in cattivo stato di conservazione, e in alcuni casi a rischio globale, sono state oggetto di una lunga stagione di abbattimenti, con pochissime accortezze assunte dalle regioni. Un fatto che tradisce la deriva filovenatoria, non più accettabile, di chi amministra la materia in Italia». La Lipu ricorda che «I calendari venatori non hanno fatto sconti a specie come la coturnice, la tortora selvatica, la pavoncella, il tordo sassello e il moriglione, che la lista rossa dell’Iucn classifica come minacciate globalmente. Nemmeno l’allodola e la pernice bianca hanno avuto sorte migliore: due specie che soffrono di una profonda crisi dei rispettivi habitat (agricoli e di montagna) ma sulle quali insiste tuttora una pressione venatoria insostenibile, che ne aggrava la condizione di sofferenza. L’associazione protezionista promette battaglia: «Nonostante la dettagliata documentazione trasmessa dalla Lipu alle regioni e le solide richieste di tutela, nessuna o pochissime accortezze sono state assunte dagli assessorati regionali alla caccia e all’agricoltura, ai quali è oggi assegnata la competenza. Quest’ultimo è uno dei più seri problemi strumentali che oggi vive l’avifauna cacciabile in Italia: la tutela della specie è affidata agli uffici “venatori” e così messa in subordine rispetto all’interesse dei cacciatori. E’ tempo che l’architettura gestionale della materia venatoria sia ricondotta nell’ambito costituzionalmente e tecnicamente opportuno. A livello regionale la competenza deve passare agli Assessorati all’Ambiente, ma il ragionamento va esteso anche a livello nazionale, così che si ristabilisca in generale l’ordine corretto della questione: prima la tutela della natura, poi, e solo a certe condizioni e in certa misura, il suo sfruttamento. Lavoreremo concretamente per questo obiettivo di fondo, così come ci attiveremo da subito perché i prossimi calendari venatori prendano finalmente sul serio la legge nazionale e le direttive internazionali e siano rivisti seriamente, garantendo la giusta protezione».

Anche il Wwf chiede al ministro dell’ambiente di «rafforzare l’Ispra e di esercitare con maggiore decisione le competenze statali in materia di “tutela dell’ambiente e dell’ecosistema” di cui la fauna selvatica è componente essenziale». Alle Regioni il Panda chiede di »non ripetere lo spettacolo dell’ultima stagione e di improntare i propri provvedimenti a un rigoroso rispetto delle regole europee e italiane per la tutela della fauna selvatica, escludendo la parte più retrograda e ottusa del mondo venatorio evitando ad esempio di prolungare la caccia fino al 10 febbraio, come ha già fatto la Regione Abruzzo con insolita solerzia per il colombaccio». Al Parlamento, invece, il Wwf  continua a chiedere «una nuova legge che preveda sanzioni più severe per i bracconieri».

E intanto prosegue la raccolta di firme della Lipua sostegno della proposta di legge per la responsabilità oggettiva nel caso di atti di caccia illegale, con il divieto di caccia per tutto il territorio interessato. Le firme saranno consegnate al ministro dell’ambiente Sergio Costa e al Parlamento assieme alla proposta di legge elaborata da tecnici e giuristi dell’associazione.