Cartoline dall’inferno: gli incendi che stanno consumando l’Amazzonia visti da vicino

I roghi sono intenzionali: «La responsabilità è attribuita agli agricoltori e alle grandi imprese e agro-industriali», spiegano dall’Ispra. E se verrà raggiunto il punto di non ritorno la foresta amazzonica potrebbe evolvere in savana, con enormi conseguenze per il resto del mondo

[26 Agosto 2019]

Da settimane, giorno dopo giorno, gli incendi stanno divorando l’Amazzonia in un’area che spazia dagli stati brasiliani di Amazonas, Rondônia, Mato Grosso, Pará fino al Paraguay: secondo stime Greenpeace tra gennaio e agosto 2019 il numero di roghi nella regione è aumentato del 145% rispetto allo stesso periodo del 2018 (per l’Instituto nacional de pesquisas espaciais l’incremento ammonta a un pur rilevantissimo +83%), e proprio una squadra di Greenpeace Brasile ha sorvolato gli stati di Rondônia e Pará per documentare con immagini in presa diretta cosa sta succedendo.

«Le fiamme che stanno consumando l’Amazzonia non sono un problema solo per il Brasile, ma per l’intero Pianeta. Con l’aumentare degli incendi, infatti, aumentano anche le emissioni di gas serra, favorendo ulteriormente l’innalzamento della temperatura globale – dichiara Marcio Astrini, di Greenpeace Brasile –  Gli incendi che stanno devastando l’Amazzonia stanno distruggendo l’immagine del Brasile a livello internazionale. Perfino il settore agroindustriale ha ammesso che le politiche anti ambientaliste del governo possono causare danni economici. Nel frattempo, Bolsonaro non ha annunciato alcuna misura concreta per combattere la deforestazione», limitandosi a inviare l’esercito a contrastare la contingenza degli incendi dopo le forti pressioni subite a livello internazionale.

Spegnere le fiamme oggi è la priorità, ma occorre chiedersi come mai sono divampate. Non è un caso che nel corso del 2019 circa 75 mila eventi incendiari siano stati registrati nella foresta pluviale amazzonica, un numero record, quasi il doppio rispetto al numero d’incendi nello stesso periodo del 2018; solo nel mese di luglio sono stati bruciati 225 mila ettari, il triplo rispetto a quelli del luglio 2018.

«Perché avvengono questi incendi e a questa scala? La foresta pluviale amazzonica, che rimane umida per gran parte dell’anno, non brucia naturalmente. Gli incendi – come hanno testimoniato le istituzioni di ricerca e le organizzazioni non governative che operano in Amazzonia, tra cui Ipam – sono intenzionali.  La responsabilità è attribuita agli agricoltori e alle grandi imprese zootecniche e agro-industriali, che usano il metodo “taglia e brucia” per liberare la terra, non solo dalla vegetazione, ma anche dalle popolazioni locali e indigene. Tutto ciò è illegale in Brasile. Ma questo è», spiega Lorenzo Ciccarese, responsabile dell’Area per la conservazione delle specie e degli habitat e per la gestione sostenibile delle aree agricole e forestali all’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra). «L’allevamento del bestiame è responsabile dell’80% della deforestazione in corso nella foresta pluviale amazzonica. Una parte significativa dell’offerta globale di carne bovina, compresa gran parte dell’offerta di carne in scatola in Europa, proviene da terreni che un tempo erano la foresta pluviale amazzonica». Ma il prezzo che paghiamo sta sfuggendo al nostro controllo, e rischia di essere tremendamente alto.

«In questo momento – argomenta Ciccarese – l’Amazzonia è stata disboscata per oltre il 15% rispetto al suo stato iniziale (epoca pre-umana). Gli scienziati sono preoccupati che se il disboscamento dovesse raggiungere il 25%, non ci saranno abbastanza alberi per mantenere l’equilibrio del ciclo dell’acqua. La regione attraverserà un punto critico ed eventualmente evolvere verso la savana. Ciò avrebbe enormi conseguenze anche per il resto del mondo. La foresta pluviale amazzonica produce enormi quantità di ossigeno. La sua vegetazione trattiene miliardi di tonnellate di carbonio nella vegetazione, nella lettiera e nel suolo, che potrebbero ossidarsi e liberarsi in atmosfera, aumentando l’effetto serra. L’Amazzonia è anche un hotspot della biodiversità e include il luogo più ricco di biodiversità sulla Terra, rendendo la sua conservazione una questione chiave per arrestare l’estinzione  estinzioni di piante e animali. Centinaia di migliaia di indigeni in oltre 400 tribù vivono in Amazzonia e fanno affidamento sulla foresta pluviale per sostenere le loro vite e preservare le loro culture. Molti osservatori ritengono che alla radice di quest’aumento del ritmo di incendi e della deforestazione che sta attraversando il Brasile ci siano gli indirizzi che il nuovo governo ha voluto rispetto alle politiche di conservazione avviate dai governi precedenti, che avevano dato dei buoni risultati.  Anche grazie agli investimenti dei governi e dei donatori per conservazione delle foreste.  Adesso, allevatori e imprenditori agricoli si sentono incoraggiati e sostenuti dal governo ad avviare attività di ‘sviluppo’ in territori coperti da foreste, molti dei quali sono territori indigeni».

L. A.