Catturare gli starnuti dei delfini per studiare la loro salute

Scienziati raccolgono il muco dei delfini al largo della costa dl Galles per capire meglio lo stato di salute dei branchi

[9 Settembre 2019]

Mentre in Italia cresce la preoccupazione per gli spiaggiamenti di delfini morti a causa del morbillivirus, acuito dallo stress fisico causato dagli inquinanti presenti in mare, in Gran Bretagna si sta sperimentando con gli odontoceti più piccoli un metodo già usato per raccogliere il DNA dalle megattere (Megaptera novaeangliae), che hanno una capacità polmonare equivalente alle dimensioni di una Ford Ka. Un metodo che non era mai stato tentato prima con i delfini che hanno un volume polmonare infinitamente più piccolo: quanto due palle da rugby.

Per riuscirci, i ricercatori della Swansea University hanno sviluppato un nuovo modo per raccogliere campioni di quanto emesso dagli sfiatatoi dei delfini: un dispositivo in cima a un palo che viene fatto sporgere dall’imbarcazione per catturare il soffio dei delfini quando riemergono in superficie. Come spiega BBC News, «Si spera che questo aiuti gli scienziati a comprendere meglio i branchi delle specie di cetacei, compresi i delfini comuni e i tursiopi e le focene», raccogliendo dati preziosi che permetteranno di difenderli meglio in futuro.

Chloe Robinson, la biologa della Swansea University che ha contribuito a sviluppare il metodo, spiega che «Quando una persona infetta starnutisce, il vapore polmonare (cioè il moccio) può essere proiettato a una certa distanza prima che gli autostoppisti (cioè virus e batteri) possano trovare casa in un altro ospite. Una cosa simile si verifica nei cetacei. Quando vengono in superficie per respirare, espirano l’aria con una forza considerevole, sparandola in tal modo in aria».

Attualmente ci sono poche informazioni precise su quanti cetacei vivono al largo delle coste gallesi, quel che è certo è che ci sono circa 250 tursiopi (Tursiops truncatus) che vivono tutto l’anno a Cardigan Bay, vicino a New Quay.  Ma nel Galles i cetacei più comuni sono le focene (Phocoena phocoena) che frequentano soprattutto il mare al largo della baia di Swansea, ma si tratta di mammiferi marini piccoli e timidi e quindi difficili da individuare. Inoltre, durante l’estate, molti delfini si avvicinano alle coste gallesi al largo di Gower, Pembrokeshire e Cardigan Bay.

Prima per identificare ogni singolo individuo di questi cetacei venivano utilizzate le pinne dorsali, ma i campioni genetici forniscono certamente informazioni più accurate. Il problema è che, date le ridotte dimensioni, la raccolta di biopsie cutanee quando i delfini salgono in superficie si è rivelata invasiva e alcuni buchi causati sullo strato di grasso sottopelle dai ricercatori hanno favorito le infezioni.

Ma i ricercatori fanno notare che «I progressi nell’estrazione e nelle tecniche del DNA hanno aperto un intero oceano di opportunità.  Dal 2010, campioni di “soffi” sono stati raccolti da specie come le megattere utilizzando piastre di Petri messe su pali e droni.

La biologa marina Chiara Bertelli, un’esperta di risorse marine della Swansea University ha sottolineato che «La tecnica viene già utilizzata per i cetacei più grandi, il che può essere più semplice se li trovi, visto che il loro soffio  o respiro è enorme. Ma, per quanto ne sappiamo, non era mai stato fatto nel Regno Unito con cetacei più piccoli. L’anno scorso abbiamo raccolto con successo un campione, quindi funziona anche se molto difficile». Alla fine, nel 2018, con questa tecnica i ricercatori della Swansea hanno raccolto 37 campioni al primo tentativo, ma il DNA è stato trovato solo in uno di questi campioni proveniente da una femmina di delfino comune (Delphinus delphis) è stata comunque, probabilmente, la prima raccolta avvenuta con successo di un campione di un “soffio” di una piccola specie di cetacei odontoceti e ha aiutato i ricercatori a migliorare i loro metodi.

Infatti, durante il weekend di fine agosto – inizio settembre, dopo numerosi avvistamenti di cetacei al largo di Gower. Il team di ricercatori è riuscito a raccogliere altri campioni di muco emesso dagli sfiatatoi che ora vengono analizzati in laboratorio.

«L’obiettivo finale  – concludono le scienziate – è quello di utilizzare la tecnica, insieme all’identificazione fotografica, per creare un catalogo sulla genetica delle popolazioni».