Depositata un’interrogazione al ministero dell’Ambiente

Cinghiali, oltre 1 milione in Italia. Realacci: «Un commissario contro proliferazione incontrollata»

«Emergenza figlia anche di ripopolamenti venatori. Parchi nazionali possono affrontare il problema in modo serio e scientifico»

[9 Settembre 2015]

La grande proliferazione della fauna selvatica e in particolare dei cinghiali, che secondo stime Ispra hanno ormai superato il milione di esemplari, sta causando danni ingenti alle colture agricole e anche alcuni gravi incidenti all’uomo. La situazione ha assunto  di fatto dimensioni e caratteristiche di una vera e propria emergenza, da superare avendo come bussola la gestione degli equilibri ecologici. In particolare i nostri Parchi Nazionali, che hanno strumenti in più rispetto al resto del territorio per governare questo fenomeno con rigore, sono le istituzioni che meglio si possono candidare ad affrontare il problema in modo serio e scientifico.

Sono diversi i Parchi Nazionali che già attuano con successo ed efficacia le linee guida dell’Ispra per la gestione del cinghiale mentre altri, pur avendo a disposizione risorse, le hanno implementate in maniera parziale e insufficiente. Per questo ho presentato insieme al collega Borghi un’interrogazione parlamentare al ministero dell’Ambiente per invitare il Ministro Galletti a nominare un commissario ad acta per affrontare la questione della proliferazione incontrollata dei cinghiali anche in quei Parchi Nazionali che non stanno provvedendo alla gestione del problema.

Questo per ottenere il pieno contributo dei Parchi Nazionali alla risoluzione di un problema che va ben oltre i confini e le competenze degli stessi e che, interessando gran parte del nostro territorio, chiama in causa anche la responsabilità di altri enti ed istituzioni. Come testimoniato anche dal recente allarme di Coldiretti, Cia e Confagricoltura sui danni causati all’agricoltura dalla fauna selvatica, il cinghiale rappresenta la parte preponderante del problema viste le sue caratteristiche, le sue abitudini alimentari e l’assenza di una specie animale antagonista.

È bene ricordare, infatti, che negli anni Sessanta a seguito della loro estinzione e per favorire la caccia,  i cinghiali furono reintrodotti in massa con esemplari dei Carpazi, più forti e prolifici, di maggiori dimensioni e conseguentemente con impatto sull’ambiente più alto rispetto ai cinghiali nostrani.

di Ermete Realacci, presidente della commissione Ambiente della Camera