Citizen science e “cambiamenti sociali fondamentali” per invertire il declino della biodiversità

L’European Green Deal e una nuova una strategia per fermare la perdita di biodiversità

[6 Settembre 2019]

Secondo il rapporto dell’Intergovernmental Science-Policy Platform on Biodiversity and Ecosystem Services (Ipbes) presentato a maggio, sono in via di estinzione un milione di specie e, se non verranno prese iniziative immediate e drastiche, la cisi della biodiversità è destinata a peggiorare.

Hilde Eggermont, coordinatrice della Belgian Biodiversity Platform dell’Institut royal des Sciences naturelles de Belgique  e vicepresidente della rete di ricerca paneuropea BiodivERsA, ha detto a Horizon: «Non credo che le persone possano effettivamente rendersi conto delle implicazioni che tutto questo ha nella loro vita quotidiana. I cambiamenti avranno un impatto tale che in Europa si potrebbero verificarsi problemi di sicurezza alimentare».

Horizon fa l’esempio degli impollinatori: «Il numero di api, farfalle e coleotteri sta diminuendo, ma questi tipi di insetti sono essenziali per impollinare le colture che ci nutrono. Delle 100 piante che forniscono il 90% dell’approvvigionamento alimentare mondiale, 71 sono impollinate dalle api. Per aiutare a fermare la perdita di biodiversità, i ricercatori hanno bisogno di quanti più dati ambientali possibili in modo da poter determinare le basi e suggerire azioni specifiche per guidare il cambiamento politico e sociale necessario per migliorare la situazione. E al momento ci sono ancora lacune di conoscenza che devono essere colmate».

Secondo l’Ipbes, ad oggi sono state catalogate “solo” circa 1,7 milioni di specie di animali, piante e funghi sugli 8,1 milioni di specie che probabilmente vivono sul nostro pianeta.

La Eggermont sottolinea che «Se fossimo in grado di coinvolgere maggiormente i cittadini nel monitoraggio e nel miglioramento dei dati di ricerca, questo potrebbe consentirci di raccogliere i dati al livello di cui abbiamo bisogno». Per far questo bisognerebbe formare delle persone che possano individuare diverse specie animali o inviare foto di flora ai ricercatori durante le loro escursioni e vacanze. Altre iniziative potrebbero includere la realizzazione di semplici esperimenti sul territorio progettati da scienziati ambientali o il caricamento di foto di animali selvatici con geolocalizzazione su app di ricerca. Dati che potrebbero fornire ai ricercatori una comprensione più profonda della consistenza delle popolazione delle specie e aiutarli a comprendere i fattori negativi o positivi per la salute della fauna selvatica. Inoltre, la pressione di una citizen science diffusa porterebbe ad agire sulla crisi della biodiversità.

La Eggermont dice che «I governi e le altre organizzazioni coinvolte nella gestione delle risorse naturali, nella protezione ambientale e nell’elaborazione delle politiche devono aumentare gli investimenti nei cittadini che possono contribuire alla scienza. Ciò dovrebbe andare oltre l’investimento in progetti specifici e lo sviluppo di politiche e tecnologie progettate per facilitare la citizen science. Inoltre, i coordinatori della ricerca dovrebbero unire le forze con tutti gli attori operanti nel settore – come la comunità scientifica, le autorità pubbliche, le imprese, le organizzazioni civili e le ONG – attraverso una “biodiversity partnership” per affrontare meglio la crisi. Dobbiamo affrontare il problema su una scala molto più ampia di un semplice livello locale o nazionale, Questa “biodiversity partnership” potrebbe aiutare cittadini, politici e imprese a intraprendere azioni adeguate a livello europeo, nazionale. regionale e locale. Se appariamo come un forte network di protagonisti paneuropei, possiamo guidare il cambiamento. Sostenere questo tipo di citizen science è anche importante per ricollegare le persone alla natura e creare una maggiore domanda dei consumatori in Europa di prodotti che non danneggiano l’ambiente mondiale.  I comportamenti dei cittadini in Europa non sta influenzando solo la biodiversità in Europa».

L’olandese Ingrid Visseren-Hamakers, che insegna governance e politica ambientale alla Radboud Universiteit, e che ha partecipato alla redazione del rapporto Ipbes come responsabile del capitolo che delineava le opzioni per decision makers per trasformare la nostra società per fermare il declino della natura, evidenzia che «La crisi della biodiversità è un problema globale perché la natura non ha confini e neppure l’impatto dei prodotti che consumiamo. I consumatori europei, ad esempio, determinano la perdita di natura negli altri continenti a causa di importazioni insostenibili, come carne e soia provenienti da aree disboscate in Amazzonia, o di olio di palma delle foreste disboscate di recente in Malaysia. Un problema ida chiave che impedisce ai consumatori europei di evitarlo è che sono spesso puniti finanziariamente per l’acquisto di prodotti più sostenibili. Ad esempio, una carota biologica è raramente più economica di una insostenibile, mentre, per il bene dell’ambiente, dovrebbe essere il contrario. Le politiche non sono riuscite a fermare la crisi della biodiversità perché si sono concentrate troppo sul tentativo di proteggere direttamente la natura, ad esempio creando aree di conservazione, e non hanno guardato abbastanza a cambiare il modo in cui la domanda di prodotti insostenibili da parte della nostra società porta al declino della biodiversità. Per invertire la tendenza, nelle nostre società la sostenibilità deve diventare la norma e non l’eccezione. Questo significa eliminare la concorrenza sleale e rendere i prodotti sostenibili più economici rispetto a quelli insostenibili. Per il singolo consumatore, la vita diventa difficile se cerca di fare la cosa giusta. Una soluzione è tassare i prodotti più environmentally intensive per riflettere il loro costo per la natura. Ciò potrebbe assumere la forma di un aumento dei prezzi dei prodotti animali non sostenibili, come la carne bovina che alimenta la deforestazione e l’incentivazione di diete a base vegetale più sostenibili. Quel che abbiamo sbagliato è che non siamo stati in grado di affrontare i motori indiretti della perdita di biodiversità. Ora dobbiamo cercare di cambiare il comportamento dei consumatori e stimolare i valori che supportano la sostenibilità tra tutti i protagonisti della società».

La Visseren-Hamakers – che il 26 settembre parteciperà alla sessione “Beyond 2020: reversing biodiversity decline” degli EU’s Research & Innovation days per contribuire a definire gli scopi della ricerca e della politica Ue sulla biodiversità dal 2021-2027 – fa notare che «Ci sono anche centinaia di miliardi di dollari spesi ogni anno dai governi per sovvenzionare pratiche insostenibili che danneggiano la natura. Gli attuali sussidi Ue, come la politica agricola comune e la politica comune della pesca, stanno sostenendo pratiche insostenibili anche nell’agricoltura così come nei settori dell’energia e della pesca. Se li trasferissimo alla produzione sostenibile faremo la differenza».

Tassazione ambientale e modifica dei sussidi sarebbero solo un passo verso una società che combatte la crisi della biodiversità, per cambiare sistema produttivo e consumi c’è bisogno di ulteriori ricerche nel campo del cambiamento trasformazionale. La Visseren-Hamakers aggiunge: «Il cambiamento sociale fondamentale, il cambiamento a lungo termine, il cambiamento istituzionale, il cambiamento dei regimi … non sappiamo ancora come fare e questa è una domanda enorme alla quale bisogna rispondere. E una volta che sapremo come farlo, come potremo accelerare?»

La nuova presidente della Commissione europea. Ursula Von der Leyen ha promesso di realizzare un European Green Deal per sostenere la transizione verso una società più sostenibile e questo comprenderà à anche una strategia aggiornata per fermare la perdita di biodiversità. La Eggermont conclude: «Perché ci sia qualche speranza che questo European Green Deal produca l’impatto necessario, deve innescare un cambiamento trasformativo in tutti gli attori della società. Non abbiamo più bisogno di parole d’ordine. Abbiamo bisogno di cambiamenti e impegni molto sostanziali in diversi settori e nelle politiche».