Gli scettici: possibile contaminazione di antichi campioni da parte di organismi contemporanei

Due vermi nematodi congelati nel permafrost siberiano tornano in vita dopo 42.000 anni

I nematodi del Pleistocene avrebbero meccanismi adattativi di importanza scientifica e pratica per la criomedicina, la criobiologia e l'astrobiologia

[31 Luglio 2018]

Secondo i ricercatori di quattro istituzioni scientifiche russe – Istituto di problemi fisico-chimici e biologici della scienza del suolo, università statale di Mosca; stazione biologica del Mar Bianco e Scuola superiore di economia di Mosca – e del Dipartimento di geoscienze dell’Università della Princeton University, che hanno pubblicato  su Doklady Biological Sciences lo studio “Viable Nematodes from Late Pleistocene Permafrost of the Kolyma River Lowland”, dei nematodi hanno ricominciato a muoversi e a mangiare dopo essere stati congelati nel permafrost fin dal Pleistocene. Infatti, come scrive The Siberian Times, due esemplari femmine di nematodi provenienti da due aree della Siberia sono tornato in vita nelle pistre di Petri e i ricercatori russi confermano: «Abbiamo ottenuto i primi dati che dimostrano la capacità di criobiosi a lungo termine degli organismi multicellulari nei depositi di permafrost dell’Artico». Lo studio ha analizzato  circa 300 vermi preistorici  e due di questi sono “resuscitati”. Gli scienziati asseriscono che dopo essere stati trovati negli scavi nel permafrost della Yakutia  «Dopo essere stati scongelati, i nematodi hanno mostrato segni di vita, Hanno iniziato a muoversi e mangiare».’

Uno dei vermi proveniva da un’antica tana di scoiattolo terricolo costruita circa 32.000 anni fa in una parete di permafrost dello sperone di Duvanny Yar nella basso corso del fiume Kolyma, vicino al Pleistocene Park, dove si sta cercando di ricreare l’habitat artico del mammut estinto.

L’altro esemplare resuscitato è ancora più antico:  è stato trovato nel 2015 in un carotaggio del permafrost eseguito in un’area vicino al fiume Alazeya e ha circa 41.700 anni. Quindi, questi nematodi “risorti” sarebbero diventati gli animali viventi più antichi del pianeta, polverizzando il record di sopravvivenza alla conservazione criogenica.

I vermi sono tornati in vita in un laboratorio all’Istituto di problemi fisico-chimici e biologici  della scienza del suolo nella regione di Mosca e gli scienziati asseriscono che «I nostri dati dimostrano la capacità degli organismi pluricellulari  di sopravvivere alla criobiosi a lungo termine (decine di migliaia di anni) nelle condizioni di crioconservazione naturale. E’ ovvio che questa capacità  suggerisce che i nematodi del Pleistocene abbiano alcuni meccanismi adattativi che possono essere di importanza scientifica e pratica per campi della scienza correlati, come la criomedicina, la criobiologia e l’astrobiologia».

Robin M. Giblin-Davis, un nematologo che dirige Research and education center dell’università della Folrida – Fort Lauderdale ha detto a Gizmodo che la cosa è teoricamente possibile: «I vermi, se protetti da danni fisici che potrebbero compromettere la loro integrità strutturale durante l’internamento congelato, … dovrebbero essere in grado di rianimarsi dopo lo scongelamento/reidratazione», ma avverte che «Gli antichi campioni antichi del team potrebbero essere stati contaminati da organismi contemporanei».

Anche gli scienziati russi riconoscono la possibilità di una tale contaminazione, ma ritengono che sia improbabile: dicono di aver seguito le procedure progettate per garantire la sterilità completa e sostengono che la profondità alla quale i nematodi erano sepolti – 30,48 metri e 100 piedi e 4,572 metri  sotto la superficie – elimina la possibilità di inclusione di organismi moderni. Come spiega Mike McRae su Science Alert, «I nematodi generalmente non scavano in profondità nel permafrost siberiano, poiché lo scongelamento stagionale raggiunge solo una profondità di circa tre piedi» (un metro).

Byron J. Adams, un nematologo della Brigham Young University, ha detto a Gizmodo che quel che dicono gli scienziati russi e della Princeton è plausibile, ma ritiene che «Si debbano condurre ulteriori test per valutare definitivamente l’età dei vermi». Adams  è particolarmente interessato a quel che questi  antichi vermi potrebbero rivelare sull’evoluzione della loro specie e fa notare che «Dopo 40 mila anni, dovremmo aspettarci di rilevare differenze significative nella divergenza evolutiva tra le popolazioni antiche e quelle contemporanee».

Va anche detto che non è la prima volta che dei ricercatori resuscitano organismi presumibilmente morti da tempo: nel 2000, un team affermò di aver riportato in vita batteri vecchi 250 milioni di anni. Ma il nuovo annuncio riguarda organismi multicellulari e non singoli batteri e, se fosse confermato, rappresenterebbe una pietra miliare significativa per gli scienziati. McRae ricorda che precedentemente dei nematodi erano stati rianimati dopo 39 anni di dormienza , mentre dei loro parenti stretti, gli indistruttibili tardigradi, sono tornati alla vita dopo aver passato circa 30 anni nel ghiaccio.

I nematodi siberiani sono resuscitati dopo aver passato anni in celle frigorifere a -20° C in un laboratorio  e i campioni sono stati scongelati in una capsula di Petri con una coltura di arricchimento per favorire la loro crescita. Poi sono stati tenuti al caldo fino a 20° C per alcune settimane e i nematodi non solo hanno iniziato a muoversi di nuovo ma anche a deporre sugli  Escherichia coli che erano stati aggiunti come fonte di cibo.

Un tipo di criobiosi che era già noto per organismi unicellulari come i batteri e le amebe e i semi di alcune piante che sono vitali dopo anni di congelamento, ma queste due femmine di nematodi sarebbero i primi organismi pluricellulari resuscitati in laboratori dopo millenni di congelamento.

«Tuttavia – fa notare Smithsonian Magazine –  questi vermi sono creature molto semplici e, per quanto sorprendente, non siamo in grado di imitarne gli effetti per aiutare a preservare o resuscitare noi stessi o altri grandi animali. Il meglio che potremmo essere in grado di fare è  di riportare in vita creature del Pleistocene come il mammut lanoso, attraverso un mix di clonazione e incroci in stile Jurassic Park».