Riceviamo e pubblichiamo

È dai Parchi nazionali che può ripartire la Green new deal del Paese

Istituire strumenti straordinari come le cosiddette "Zone economiche ambientali", con fiscalità di vantaggio per promuovere la transizione ecologica

[4 Novembre 2019]

“Italia Paese Parchi” è slogan caro al ministro dell’Ambiente Sergio Costa, che ha riattivato la rete territoriale dei 24 Parchi nazionali nominando la maggioranza dei presidenti e direttori dei Parchi nazionali assenti da troppi anni. La governance dell’annunciato Green new deal del paese, riparte dai Parchi, che negli anni in assoluto silenzio, con l’impegno determinato da pochi appassionati visionari, ha saputo determinare su oltre il 13% del territorio nazionale un processo di crescita e condivisione verso lo sviluppo sostenibile.

Tante specie protette in via di estinzione,  oggi animano le nostre coste, le alpi e i nostri Appennini, con monitoraggi, programmi e progetti sul capitale naturale del paese, definito nel rapporto annuale del ministero dell’Ambiente come  “l’intero stock di asset naturali – organismi viventi, aria, acqua, suolo e risorse geologiche – che contribuiscono a fornire beni e servizi di valore, diretto o indiretto, per l’uomo e che sono necessari per la sopravvivenza dell’ambiente stesso da cui sono generati”.

In sintesi, potremmo dire che rientrano nella definizione di capitale naturale tutte quelle risorse naturali essenziali per lo sviluppo del Paese, in termini economici e sociali (la qualità del terreno per l’agricoltura, quella dei nostri mari, fiumi e laghi per la pesca, e così via). Come sappiamo, però, le attività dell’uomo continuano ad impattare sul Capitale Naturale, mettendolo a rischio costantemente.

E se il Green new deal del governo italiano punta su “la protezione dell’ambiente, il ricorso alle fonti rinnovabili, la protezione della biodiversità e dei mari, il contrasto dei cambiamenti climatici”,  non può che partire dai Parchi che hanno nella loro missione questi compiti, e devono dare il loro lungo ed esperto contributo all’auspicata transizione ecologica e ad indirizzare l’intero sistema produttivo verso un’economia circolare.

Ci vuole uno sforzo congiunto, che il ministero dell’Ambiente sta determinando con i ministeri dell’Economia, delle Politiche agricole e dei Beni culturali  per ripartire dai territori che più di altri hanno saputo interpretare questa nuova fase di crescita e sviluppo sostenibile. Concretamente istituire per questi luoghi “straordinari” quanto già proposto dal ministro Costa al Consiglio dei ministri, strumenti “straordinari” come le cosiddette “Zone economiche ambientali“, per quella transizione verso la nuova economia circolare, attraverso un patto preliminare con il mondo della produzione per una certificazione ambientale a fronte di una fiscalità di vantaggio già offerta dall’Ue nelle zone economiche speciali, quali sono i Parchi che oggi hanno la necessità di recuperare quel capitale umano e creativo che ha determinato la condizione di aree “speciali” vanto della nazione, e per non rimpiangere dopo i disastri della desertificazione dovuta allo spopolamento di questi territori la mancata attenzione per questo capitale naturale

di Domenico Nicoletti, segretario dell’Osservatorio europeo del paesaggio di Arco Latino e direttore del Parco nazionale dell’Alta Murgia