E’ stato lo squalo bianco a far estinguere il megalodonte?

I reperti fossili smentiscono l’ipotesi della supernova e anticipano l’estinzione del megalodonte di un milione di anni

[19 Febbraio 2019]

Secondo lo studio “The Early Pliocene extinction of the mega-toothed shark Otodus megalodon: a view from the eastern North Pacific” pubblicato su PeerJ da un team di ricercatori statubitensi e britannici, l’eesinzione del gigantesco squalo megalodonte (Otodus megalodon) potrebbe essere avvenuta circa 3,6 milioni di anni fa, più di un milione di anni prima di quello che si credeva finora. Uno degli autori dello studio Morgan Churchill del Dipartimento di biologia dell’università del Wisconsin –  Oshkosh ricorda chde «Il megalodonte è diventato una bestia preistorica di eccezionale interesse per il pubblico, in quanto è stato uno dei più grandi squali che siano mai esistiti. “A differenza dei dinosauri e di altre creature preistoriche, il megalodonte si è estinto solo relativamente di recente, quindi alcuni hanno ipotizzato che potrebbe anche essere ancora vivo oggi».

Il principale autore dello studio, Robert Boessenecker, un paleontologo del College di Charleston – South Carolina e che lavora anche per il Museum of Paleontology dell’università della California – Berkeley, ha detto che «Questa nuova scoperta smentisce un’ipotesi molto recente che lo squalo sia perito insieme a molte specie di mammiferi marini a seguito di un catastrofico bombardamento di radiazioni cosmiche proveniente da  una vicina supernova».

Il team di ricercatori  – che oltre a Boessenecker e Churchil comprendeva anche Dana Ehret, del New Jersey State Museum; Douglas Long, della California Academy of Sciences; Evan Martin, del Museo di storia naturale di San Diego;  Sarah Boessenecker, dell’Università di Leicester – ha recentemente studiato la presenza fossile del megalodonte  in un’area densamente campionata della Baja California, in Messico, e Boessenecker spiega: «Abbiamo utilizzato lo stesso set dataset usato in tutto il mondo dei precedenti ricercatori, ma abbiamo esaminato attentamente ogni evento fossile e abbiamo scoperto che la maggior parte dei datazioni aveva diversi problemi: fossili con datazioni troppo recenti o imprecise, fossili identificati erroneamente o vecchie datazioni che sono state perfezionate dai miglioramenti in geologia e ora sappiamo che gli esemplari sono molto più vecchi. Dopo aver apportato ampie modifiche a questo campione mondiale e aver riesaminato statisticamente i dati, abbiamo scoperto che l’estinzione di  O. megalodon  deve essere avvenuta almeno un milione di anni prima di quanto precedentemente determinato. Questo è un aggiustamento sostanziale in quanto significa che  O. megalodon probabilmente si estinse molto prima che una serie di strane foche, trichechi, vacche di mare, focene, delfini e balene scomparissero tra circa 1 milione a 2,5 milioni di anni fa».

Boessenecker ricorda che prima si pensava che l’estinzione del magalodonte  fosse collegata a questa estinzione di massa marina, ma che in realtà, le due cose non sono immediatamente correlate e aggiunge che «Non è ancora chiaro se questa supposta estinzione di massa sia stata in realtà un’estinzione, in quanto i fossili di mammiferi marini tra 1 e 2 milioni di anni fa sono straordinariamente rari, dandoci un periodo di “manovra” di 2 milioni di anni. Piuttosto, è possibile che ci sia stato un periodo di turnover faunistico (molte specie si sono estinte e molte nuove specie apparse) invece di una vera e propria  estinzione immediata e catastrofica causata da un cataclisma astronomico come una supernova».

I ricercatori ipotizzano che la ragione più probabile dell’estinzione del megalodonte sia la competizione con il più piccolo squalo bianco moderno (Carcharodon carcharias), i grandi squali bianchi – che in confronto ai megalodonti sembrano dei cuccioli –    con i denti seghettati, fecero la loro comparsa per la prima volta circa 6 milioni di anni fa e solo nel Pacifico; i loro resti fossili si trovano poi in tutto il mondo  a partire da 4 milioni di anni fa.

Boessenecker  tira le conclusioni: «Proponiamo che, piuttosto che delle radiazioni provenienti dallo spazio, questa breve sovrapposizione (3,6-4 milioni di anni fa) sia stato un tempo sufficiente per i grandi squali bianchi per diffondersi in tutto il mondo e competere con O. megalodon in tutto il suo areale, portandolo all’estinzione».

Insomma, il più grande squalo che sia mai esistito, lungo più di 15 metri e con mascelle così grandi da poter inghiottire due uomini adulti in piedi, potrebbe essere stato spinto verso l’estinzione da un concorrente più piccolo, agile e adattabile che ancora oggi gira nei nostri mari: il grande squalo bianco.

Gli squali bianchi sono più piccoli del megalodonte, ma avrebbero potuto competere con i giovani megalodonti e questo, aggiunto ad altri cambiamenti nell’oceano in quel periodo, avrebbe potuto essere sufficiente per fare la differenza. Inoltre, il megalodonte era probabilmente in crisi per la diminuzione delle popolazioni delle piccole balene di cui si cibava che diventavano sempre più piccole e frammentate. In un contesto come questo, la comparsa degli squali bianchi potrebbe aver segnato il destino dei megalodonti.

Anche se lo squalo bianco dovrà sopravvivere  – uomo  permettendo – circa altri 10 milioni di anni per battere il record di megalodonte, entrambi questi grandi predatori marini possono vantare un grande successo adattivo che ha permesso loro di dominare gli oceani per oltre 350 milioni di anni.

Boessenecker  conclude avvertendo che «Rapidi cambiamenti che stanno avvenendo nei nostri oceani a causa di cambiamenti climatici, acidificazione degli oceani e inquinamento da plastica. Una migliore comprensione delle estinzioni geologicamente recenti di megapredatori come  O. megalodon  chiarisce il modello evolutivo della fauna marina negli ultimi milioni di anni. Se speriamo di raccogliere informazioni dal passato per far luce sulle estinzioni moderne, quelle informazioni arriveranno dagli ultimi 5 milioni di anni di documentazione sui fossili marini».