Fratelli d’Italia vuole insegnare la caccia a scuola

Ma la Corte Costituzionale non riconosce alla caccia nessun valore positivo dal punto di vista della tutela dell’ambiente e degli animali selvatici

[17 Febbraio 2020]

Anche quest’anno la Regione Veneto è stata in prima fila nel sostegno all’Hit Show , la “fiera italiana dedicata a caccia, tiro sportivo e passioni outdoor” che si è tenuta dall’8 al 10 febbraio a Vicenza e che si sta lasciando dietro uno strascico di polemiche.

Infatti, l’ormai abituale partecipazione del capo della Lega (ex Nord) Matteo Salvini – punto di riferimento politico della lobby delle armi – sembra aver innescato, è il caso di dirlo, una gara a chi le spara più grosse tra gli alleati/concorrenti di Fratelli d’Italia. A dare fuoco alle polveri è stata infatti l’assessore regionale del Veneto all’istruzione e al lavoro, Elena Donazzan, che intervenendo all’Hit Show al convegno “Studiare e conoscere la caccia per superarne i pregiudizi” promosso dall’Associazione Nazionale Libera Caccia, ha detto che «L’arte venatoria  è molto più di una passione: è un settore economico di grandissima rilevanza per il Veneto e per l’Italia. Per questo serve promuovere conoscenza in tema di caccia per difenderla dai pregiudizi. È importante che si faccia formazione, anche tra i più giovani: ho apprezzato il lavoro in tal senso di Libera Caccia che, in collaborazione con l’Università Cà Foscari di Venezia, ha promosso un master nella gestione del patrimonio faunistico venatorio». Naturalmente è un caso, ma nel 2019 L’Espresso rivelò l’elenco dei finanziatori della destra veneta e tra questi c’era l’Associazione cacciatori veneti.

La risposta della Lega abolizione della caccia (Lac) è arrivata a tambur battente: «A scuola si dovrebbero portare i dati da bollettino di guerra della stagione appena conclusa, vittime tra gli umani tra gli animali domestici e 5 milioni stimati al giorno 460 milioni per stagione venatoria di selvatici, Aggiungiamo che la scuola deve essere promotrice di progresso culturale ed etico» e aggiunge: «Caccia a scuola? Vi invitiamo a scrivere al MIUR. Per manifestare in modo pacato il vostro dissenso su queste iniziative diseducative».

Ma, con l’avvicinarsi delle elezioni regionali, i voti dei cacciatori servono e la destra se li contende e per questo a sostegno ai camerati veneti arriva Barbara Mazzali, consigliera regionale lombarda di Fratelli d’Italia, che risponde alla Lac: «Ritengo veramente scandaloso che un’associazione possa considerare la caccia inadatta per essere insegnata a scuola come proposto dall’assessore all’istruzione e al lavoro della Regione Veneto. Appunto perché la scuola dovrebbe essere promotrice di progresso culturale ed etico credo fermamente che la proposta dell’assessore Elena Donazzan sia assolutamente sensata e sia da replicare. Cara Lac, voi siete senza fondamenta, senza tradizioni non potete capire ciò che ruota intorno al mondo venatorio, non potete di certo capire cosa possa significare la sveglia all’alba, l’abilità di intuire che ore sono in base alla posizione del sole e senza il bisogno costante di un telefono in mano, il profumo del bosco, il rumore degli animali, la capacità di ascolto e di ammirazione dei doni della natura, dei campi di colture di saperli riconoscere e tutelare, l’importanza della biodiversità e il rispetto dei cacciatori per questa. Le nostre carni poi, sono eccellenze che tutti ci invidiano».

Poi, dopo la poesia, la Mazzali passa addirittura alla scienza: «L’arte venatoria insegnata a scuola porterebbe ad un’interdisciplinarietà delle materie, ad un collegamento tra scienze, botanica, agricoltura, chimica, geografia, cucina e perché no anche storia. Abbiamo molto da raccontare. Solo voi non lo capite. I vostri sono e rimarranno pregiudizi e ottuse presunzioni. Sono davvero curiosa di sapere cosa proponete di meglio? Siete stati in grado di fare critiche per nulla costruttive senza affrontare un dibattito aperto e con argomentazioni».

L’esponente lombarda di FdI conclude con una perorazione del tipo “dove vai? Son cipolle”: «A questo punto credo che preferiate che i nostri giovani continuino sulla strada di ora e che per giunta peggiorino! Dati alla mano già a 13 anni i ragazzini fanno consumo di droga e stupefacenti, vagando senza meta, senza obiettivi per il futuro, senza capacità di far fronte ai problemi e di risolverli, senza provare quell’adrenalina pulita che si prova andando a caccia. Grazie a voi conoscono bene l’adrenalina sporca, quella facile, quella che ti prende e ti trascina nel baratro. Già perché così a voi va bene, così pensate che i nostri ragazzi sono felici, civili, abbiano a cuore la loro vita e l’ambiente che ci circonda! Eh no, vi sbagliate di grosso! Restate nella vostra ignoranza e iniquità noi siamo già avanti».

Ma le due camerate di Giorgia Meloni non avevano fatto i conti con la sentenza della Corte Costituzionale che da ben altra interpretazione della caccia e non la annovera certamente tra le attività culturalmente e ambientalmente elevate. Infatti, proprio la Lac ha vinto un ricorso, al quale si sono unite altre associazioni ambientaliste. contro Federcaccia e dice che «Con sentenza del 5 dicembre 2018 e depositata il 17 gennaio 2019 la Corte Costituzionale non  riconosce nessun  valore positivo dal punto di vista della tutela dell’ambiente e degli animali selvatici alla caccia. Tutto questo con buona pace di chi ancora vuole presentare il cacciatore come “sentinella della natura” e vuole entrare nelle scuole a raccontare la presunta bontà della caccia. Molto importante quanto è stato ottenuto nella sentenza citata, che chiarisce definitivamente che le Regioni possono ridurre il numero di specie cacciabili previsto dalla legge nazionale,non diminuendo affatto il livello minimo di tutela imposto dalle norme nazionali. Afferma inoltre che la Regione può decidere di rimuovere dal calendario venatorio specie cacciabili ( in Piemonte erano state escluse dalle fucilate ben sedici specie). Insomma, alla caccia non va riconosciuto alcun valore positivo. La caccia è solo sfogo di chi si diverte ad uccidere animali selvatici. I bambini ed i ragazzi vanno tenuti lontano dalle armi e va’ loro insegnato che non si prevarica sui deboli.  Vanno loro insegnate materie come scienze naturali, biologia, unite a rispetto verso ciò che ci circonda e verso tutti gli esseri senzienti. La natura va tutelata, con essa i ragazzi devono entrare in contatto ma preservandola e a loro va insegnato il rispetto verso tutti gli esseri senzienti, perché l’etica non potrà che far progredire la nostra civiltà».

All’assessora veneta Donazzan rispondono anche i due consiglieri veneti del PD Andrea Zanoni e Anna Maria Bigon: «E’ inaccettabile che un assessore consideri la caccia alla stregua di una competizione sportiva e suggerisca di insegnarla a scuola; è una proposta irricevibile. Le ricordiamo che una delle due parti “in gara” muore, uccisa da una pallottola, o peggio, resta ferita e viene divorata da insetti o larve. È scorretto parlare di pregiudizi, questi sono dati di fatto. E dati di fatto sono i morti e feriti non solo tra i cacciatori, ma anche tra semplici cittadini, ogni anno. Vada a vedersi il lungo elenco di ‘effetti collaterali’ nelle nostre quattro interrogazioni presentate al termine di ogni stagione venatoria, dove sono riportati incidenti di caccia, abusi ed episodi di bracconaggio».

I due consiglieri regionali ricordano che «Questo “sport” praticato in casa d’altri e contro la loro volontà, visto che con le proroghe del Piano faunistico venatorio viene violato il diritto dei cittadini di vietare la caccia nei propri terreni, ha conseguenze pesanti anche sull’ambiente: pensiamo all’inquinamento provocato da migliaia di tonnellate di piombo disseminate nei campi, l’impatto negativo nei confronti degli uccelli migratori, già in costante declino a causa dell’agricoltura chimica, dei cambiamenti climatici e del consumo di suolo, che in Veneto ha livelli record- Certo, alla Donazzan non importa granché del drastico calo degli uccelli migratori, poiché ogni anno, puntualmente, insieme a tutti gli assessori della Giunta Zaia, sottoscrive un calendario venatorio in completo contrasto con le restrizioni di tempi, specie e luoghi chiesti dall’Ispra, l’Istituto governativo che tutela l’ambiente. La cultura delle armi, con ciò che è collegato, non può essere in alcun modo incoraggiata dalle istituzioni, è altamente diseducativo, se non addirittura pericoloso. Più armi in circolazione vuol dire meno sicurezza per tutti. Anche in questo caso non si tratta di slogan, ma di numeri. Se davvero vogliamo portare nelle scuole tematiche utili a formare le future generazioni, parliamogli di emergenza climatica e ambientale o informiamoli sull’economia circolare e la “green economy”, dal risparmio di energia elettrica alla riduzione dell’uso della plastica fino al riciclo dei rifiuti. O, ancora, insegniamo loro a rispettare la natura e gli animali che, come stabilito dal Trattato europeo di Lisbona sono esseri senzienti e non un oggetto per il piacere di pochi, da uccidere o ferire con scariche di piombo. E, magari, organizziamo anche corsi di affettività per contrastare la dilagante violenza di genere».

Un’altra consigliera regionale veneta, Patrizia Bartelle di Italia in Comune, evidenzia che la non solo sostiene le l’”arte venatoria” si debba studiare a scuola ma che «Dalla propria pagina Facebook, con un post pubblico, l’assessora elogia pubblicamente l’idea di un concorso per scuole elementari il cui premio, quasi quattromila euro, è gentilmente offerto da un’associazione di cacciatori. Simili affermazioni, specie se provengono dalla più alta carica regionale in materia di istruzione e formazione, sono gravi e pericolose perché sembrano evidenziare un’apertura rispetto alla possibilità che ‘l’arte venatoria’ sia insegnata o comunque promossa nelle scuole. Il tutto in un contesto socio-economico depresso nel quale la formazione scolastica mostra la propria arretratezza rispetto alle necessità del mondo del lavoro che richiede competenze sempre più specifiche soprattutto sul piano informatico. Invece di pensare alla presunta rilevanza economica della caccia, forse sarebbe il caso di tener presente che il Veneto vanta un’invidiabile concentrazione di patrimonio artistico il quale, se correttamente valorizzato, ripianerebbe in modo sostenibile più di qualche voce di bilancio. Ma finché ecomostri come le grandi navi potranno profanare quotidianamente una città come Venezia c’è poco da sperare. E allora diamoci all’arte, si, ma quella venatoria. Battute a parte, l’attenzione sul tema deve rimanere alta da parte di tutti quei veneti che hanno a cuore la formazione dei giovani e il futuro, sostenibile, del proprio territorio».