Gli animali selvatici alla conquista dall’area contaminata dal disastro nucleare di Fukushima Daiichi (VIDEO)

I cinghiali ed altre specie sembrano preferire la zona totalmente vietata agli esseri umani

[8 Gennaio 2020]

Come è successo nell’area colpita dal disastro nucleare di Chernobyl, in Ucraina, Bielorussia e Russia, un team di ricercatori statunitensi e giapponesi ha scoperto che anche nell’area intorno al cadavere radioattivo della centrale nucleare giapponese di Fukushima Daiichi, dove non ci vivono più esseri umani, è tornata a essere abbondante la vita selvatica.

A rivelarlo è lo studio “Rewilding of Fukushima’s human evacuation zone”, pubblicato sul Journal of Frontiers in Ecology and the Environment, da un team di scienziati delle università della Georgia e di Fukushima che riporta i risultati delle analisi di oltre 267.000 foto di animali selvatici, appartenenti a più di 20 specie, tra cui cinghiali, lepri giapponesi, macachi, fagiani, volpi e cani procioni giapponesi e scattate da 106 foto-trappole posizionate in tre zone: quelle vietate agli esseri umani a causa dell’elevatissimo livello di contaminazione; quelle dove gli esseri umani sono soggetti a restrizioni a causa di un livello intermedio di contaminazione; quelle nuovamente abitate dagli esseri umani, grazie a livelli di radiazioni basse. La zona disabitata è stata la zona di controllo per lo studio. Gli scienziati fanno notare che «Sebbene non vi siano dati precedenti sulle popolazioni di animali selvatici nelle aree evacuate, la stretta vicinanza e un territorio simile della zona abitata dall’uomo hanno reso l’area il controllo ideale per lo studio».

Uno degli autori dello studio, il biologo James Beasley del Savannah River Ecology Laboratory e della Warnell School of Forestry and Natural Resources dell’università della Georgia, sottolinea che «La comunità scientifica e l’opinione pubblica si fanno molte domande sullo stato della fauna selvatica anni dopo un incidente nucleare come quelli di Chernobyl e Fukushima. Questo recente studio, oltre alla ricerca del team di Chernobyl, fornisce risposte a quelle domande. I nostri risultati rappresentano la prima prova che numerose specie di animali selvatici sono ora abbondanti in tutta la zona di evacuazione di Fukushima, nonostante la presenza di contaminazione radiologica».

Ad essere più fotografate dalle foto-trappole nelle zone di evacuazione sono state specie che entrano spesso in conflitto con l’uomo, come il cinghiale, e secondo Beasley «Questo suggerisce che queste specie sono aumentate in abbondanza a seguito dell’evacuazione delle persone». Tra le specie animali che sembrano aver riconquistato l’area intorno alla centrale nucleare ci sono anche la volpe rossa, la civetta delle palme mascherata, la donnola, il cervo Sika e l’orso nero.

Il team, del quale faceva parte Thomas Hinton, che insegna all’Institute of Environmental Radioactivity dell’università di Fukushima, ha basato le sue ricerche sulle zone di rischio stabilite dal governo giapponese dopo il disastro nucleare di Fukushima Daiichi e per 120 giorni foto-trappole hanno catturato oltre 46.000 immagini di cinghiali, più di 26.000 delle quali scattate nell’area disabitata, rispetto alle circa 13.000 nelle aree ristrette e 7.000 nelle zone abitate. Altre specie osservate in un numero maggiore nelle zone disabitate o ristrette includevano cani procioni, martore e macachi giapponesi.

Hinton ha precisato che i risultati dello studio non rappresentano una valutazione della salute degli animali: «”Questa ricerca fornisce un contributo importante perché esamina gli impatti radiologici sulle popolazioni di animali selvatici, mentre la maggior parte degli studi precedenti ha cercato effetti sui singoli animali».

Il team ha valutato l’impatto di altre variabili: distanza dalle strade, tempo di attività degli animali, tipo di vegetazione ed altitudine. Beasley evidenza che «Il territorio varia da habitat montagnosi a habitat costieri e sappiamo che questi habitat supportano diversi tipi di specie. Per tenere conto di questi fattori, abbiamo incorporato nella nostra analisi gli attributi degli habitat e del territorio come l’altitudine. Sulla base di queste analisi, i nostri risultati dimostrano che, piuttosto che i livelli di radiazione, il livello di attività umana, l’altitudine e il tipo di habitat sono i fattori primari che influenzano l’abbondanza delle specie valutate».

I risultati dello studio dimostrano che il modello di attività della maggior parte delle specie è in linea con il loro normale comportamento in natura: «I cani procioni, che sono notturni, erano più attivi durante la notte, mentre i fagiani, che sono animali diurni, erano più attivi durante il giorno. Tuttavia, il cinghiale all’interno dell’area disabitata era più attivo durante il giorno rispetto al cinghiale nelle aree abitate dall’uomo, suggerendo che potrebbero modificare il loro comportamento in assenza di esseri umani».

Un’eccezione è rappresentata dal serow giapponese, un mammifero simile a una capra che normalmente si tiene a distanza dagli esseri umani, ma che nei dintorni di Fukishima Daiichi è stato visto e fotografato nelle aree rurali delle zone montane abitate dall’uomo. Secondo i ricercatori, «Questo potrebbe essere un adattamento comportamentale per evitare la popolazione di cinghiali in rapida crescita nella zona evacuata».

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