Legambiente: gestione sostenibile delle foreste. La Regione ritiri il bando che finanzia le aree percorse dal fuoco

Gli incendi in Calabria alimentati da ritardi, errori e omissioni

Protocollo legalità per il settore boschivo e la filiera delle biomasse

[29 Agosto 2017]

Protocollo legalità per il settore boschivo e la filiera delle biomasse

Quello descritto da Legambiente è uno scenari davvero preoccupante: «La Calabria è assediata dal fuoco come non capitava da anni. Sono circondate dalle fiamme le aree urbane e le zone boscate di pregio, con una preoccupante recrudescenza del fenomeno soprattutto nella provincia di Cosenza. Sebbene sia la provincia con la più alta estensione territoriale e boscata, è stata quella più colpita dalla devastazione degli incendi dell’intera Regione e colpisce che molti di questi sono stati incendi che hanno interessato ambiti urbani. Dall’area urbana di Cosenza, a Rende, San Fili e Mendicino fino a Luzzi, gli incendi classificati di interfaccia (quelli che interessano il tessuto urbano e le aree immediatamente periferiche dei centri abitati) sono stati particolarmente diffusi e devastanti per l’ambiente e pericolosi per la pubblica incolumità. Pur non mancando gli attacchi diretti al patrimonio naturalistico più pregiato, come l’incendio che ha interessato la Pineta di Suvereto nell’area marina di Capo Rizzuto dove da anni gli appetiti imprenditoriali di abusivi e ‘ndrangheta hanno posato gli occhi».

Secondo l’associazione ambientalista, «Troppi gli incendi che si sono sviluppati alle porte di piccoli centri della Calabria, lungo le strade o nelle periferie cittadine, che poi hanno aggredito e devastato anche il patrimonio boschivo di pregio e le aree protette. Tanti casi, con diverse sfaccettature, che rendono al momento complicato disegnare l’identikit di chi alimenta i roghi. Lasciamo alle forze dell’ordine indagare sui diversi casi, anche sulla base delle informazioni che hanno e sono sicuramente più accurate delle nostre, affinché ci venga restituita una lettura più chiara di un fenomeno che va oltre le ipotesi banali che da più parti sono state avanzate, soprattutto da parte di quelle istituzioni regionali preposte alla prevenzione e allo spegnimento degli incendi boschivi che anziché fare predicano, e spostano le responsabilità verso altri per giustificare le loro inadeguatezze».

Ma il Cigno Verde calabrese ribadisce a chiare lettere che «Il patrimonio naturalistico e forestale della Calabria va a fuoco anche per i ritardi nella programmazione, nella incapacità di prevenire i fattori di innesco degli incendi e nella mala gestione del nostro patrimonio forestale. Tutto questo è il carburante che alimenta i roghi favorendo l’azione dei piromani che coprono gli interessi della criminalità organizzata. Le istituzioni regionali che dovevano prevenire e ridurre i rischi, in un territorio già messo a dura prova dalla siccità e dalle alte temperature di questa estate torrida: hanno fallito clamorosamente!»

Legambiente Calabria denuncia «Ritardi, approssimazione e inefficienze della Regione nella definizione degli uomini e dei mezzi da mettere a disposizione per le attività di antincendio boschivo, che iniziano per legge il 15 giugno, e invece solo il 3 luglio è stata sottoscritta la convenzione operativa tra la Regione ed i Vigili del Fuoco, e sempre il 3 luglio Calabria Verde ha approvato la progettazione esecutiva per l’Antincendio boschivo che prevede una spesa complessiva per la Regione di quasi 14 milioni di euro, di cui 1,9 milioni di euro per il noleggio e l’utilizzo di 4 elicotteri privati e 1,2 milioni di euro per la convenzione on i Vigili del Fuoco. Gli oltre 10 milioni restanti servono per coprire le spese per le attrezzature ed i costi di 874 operatori di Calabria Verde impegnati in azioni di avvistamento, spegnimento e utilizzo di mezzi e autobotti per l’Aib. Ritardi, negligenze e omissioni da parte dei Comuni che non rispettano la legge quadro sugli incendi boschivi (L. n. 353/2000) per quanto riguarda il catasto delle aree percorse dal fuoco. In sostanza nessuno fa rispettare, perché i Comuni non applicano i vincoli che prevede la Legge n. 353/2000, il divieto per 15 anni del cambio di destinazione d’uso, il divieto per 10 anni di realizzare edifici, strutture e infrastrutture finalizzate a insediamenti civili e attività produttive, il divieto per 5 anni di attività di rimboschimento e ingegneria ambientale sostenute con risorse finanziarie pubbliche (vincolo superabile per particolari situazioni di dissesto o tutela del territorio). I Sindaci che, a ragione si lamentano degli incendi che hanno insediato le case e le attività dei loro concittadini, magari sono gli stessi che non hanno realizzato il catasto e messo in atto tutte le misure per contenere il rischio incendi».

Di fronte a questo quadro sconcertante gli ambientalisti evidenziano «Ritardi, illegalità e spreco di risorse pubbliche nella tutela e valorizzazione del patrimonio forestale pubblico che è per lo più abbandonato, sconosciuto e molto spesso utilizzato da chi non ne ha titolo, oltre a essere gestito senza pianificazione e programmazione degli interventi anche in chiave di prevenzione degli incendi boschivi. I Comuni che non hanno predisposto i Piani di gestione forestale, come prevede la legislazione vigente, devono essere commissariati perché con questi comportamenti favoriscono gli interessi criminali ed a questi non si dovranno concedere finanziamenti pubblici soprattutto se non hanno ottemperato ai dettami della Legge n. 353/2000 sulle aree percorse dal fuoco imponendo vincoli e realizzando il catasto. Per quanto ci riguarda lo scandalo vero del bando e della misura 8 del PSR regionale non è solo l’ambiguità con cui è scritto, che lascia spazio a pericolose interpretazioni per cui ne chiediamo il ritiro, ma anche il fatto che il bando da la possibilità di realizzare interventi senza i Piani di gestione forestale approvati e non sanzioni i Comuni che non fanno rispettare i vincoli della Legge n. 353/2000. Basta solo questo per rivedere il bando e tararlo su altri criteri, occorre attuare prevedere il principio della premialità nei finanziamenti pubblici, in particolare per quelli europei, favorendo solo i Comuni virtuosi che applicano la gestione forestale sostenibile e la certificazione forestale, e dunque si sono dotati di un Piano di gestione forestale, realizzano il catasto delle aree percorse dal fuoco, e dunque rispettano la legge e la fanno rispettare anche ai privati, proprietari e/o operatori boschivi che operano nei loro territori».

Secondo l’ssociazione, «Il disastro degli incendi boschivi di quest’anno deve essere l’occasione affinché la Calabria cambi decisamente passo nella gestione dell’immenso patrimonio forestale che possiede, pubblico e privato, passando dalla illegalità diffusa alla legalità di sistema per sconfiggere le infiltrazioni della ‘ndrangheta – e non solo – presenti nell’attuale filiera forestale. Dalla proprietà alla gestione, dall’approvvigionamento al trasporto, il sistema bosco è infiltrato pesantemente dalla criminalità organizzata. Ma questo settore produttivo è troppo importante per l’ambiente e l’economia calabrese e non si può lasciare in queste condizioni, senza nemmeno provare ad aiutare la parte sana delle imprese, degli operatori e dei proprietari che sono una maggioranza troppo silenziosa e succube».

Per questo Legambiente Calabria chiede alle Prefetture e alle organizzazioni produttive e sociali regionali, «di rendere obbligatori in tutto il territorio regionale, e per tutta la filiera forestale, Protocolli di legalità per rafforzare le azioni di prevenzione e contrasto delle infiltrazioni criminali nel settore della gestione boschiva finalizzata alla produzione di energia da biomassa per verificare, rendere trasparente e legale tutta la filiera dal bosco all’impianto a biomassa. Per le proprietà forestali pubbliche della Regione e dei Comuni, bisogna passare urgentemente alla gestione forestale sostenibile, certificare le foreste e creare filiere locali per il legno ed i prodotti boschivi non legnosi, indirizzare le risorse pubbliche per incentivare processi virtuosi nella cura e gestione del territorio e del bosco. Un meccanismo virtuoso che deve partire dai soggetti pubblici, anche per mettere a valore i beni pubblici, ma che deve coinvolgere i privati che detengono la gran parte del patrimonio forestale regionale e sono l’anello debole di un sistema troppo permeabile alla criminalità perchè ancora troppo illegale. Sarà questa veramente la volta buona affinchè questa nostra terra cambi veramente passo o il nostro sarà l’ennesimo ululato alla luna, speriamo che chi ha orecchie, volontà e determinazione metta in campo azioni per la legalità, la programmazione e metta al bando l’improvvisazione e la sciatteria: occorre etica e senso del dovere!»