Green Week 2015: salvare l’Europa (e la sua natura) per salvare noi stessi

Apre oggi a Bruxelles la più importante conferenza annuale sulla politica ambientale dell’Ue

[3 Giugno 2015]

DA BRUXELLES. «Abbiamo bisogno della natura, dobbiamo salvarla. Dobbiamo salvarla per salvare noi stessi». L’onere e l’onore di aprire la Green Week 2015 è spettato a Jean-Marie Pelt, presidente dell’Istituto europeo di ecologia (Iee), e le sue parole hanno il grande merito di fissare l’attenzione sull’importanza del contesto dal quale dipendono tutte le nostre possibilità di vita: la natura che ci ospita, e della quale facciamo parte.

L’intera edizione 2015 della Green Week, la più importante e vasta conferenza annuale sulla politica ambientale dell’Unione europea – in corso a Bruxelles fino al prossimo venerdì – si dipana attorno al motto Natura – la nostra salute, il nostro benessere. Gli ecosistemi naturali, e i servizi (espressione ben poco poetica, è vero) che sono in grado di assicurare, non sono il nostro personalissimo giardino da curare, ma la premessa indispensabile per il progresso umano, nonché per la vita stessa.

Investire nella loro tutela, per l’Europa del XXI secolo, rappresenta anche la strada più sicura e sostenibile per garantirci un futuro degno di questo nome. Dal punto di vista economico, grazie alle possibilità racchiuse nelle pieghe della green economy, ma anche e soprattutto sociale e civile. «E’ necessario costrutire una nuova narrativa per il Vecchio continente – rimarca durante la conferenza d’apertura della Green Week Dirk Holemans, il direttore del think tank per il cambiamento sociale-ecologico Oikos – dopo quattro secoli di sviluppo basato su una visione dualistica di uomo e natura».

La proposta che emerge dalla Green Week europea è quantomai ambiziosa, e coerente con le migliori promesse del XXI secolo: ergere i beni comuni e la volontà di auto-imporsi dei limiti nello sfruttamento delle risorse naturali rispettivamente come colonne portanti della democrazia e della libertà. Per quanto confuse e corpuscolari, sono queste tendenze che è già possibile rintracciare, sparse per l’Europa e nel mondo. L’Unione europea, però, si dimostra all’altezza delle promesse di cui si fa portavoce?

Pur rimanendo un faro a livello mondiale per quanto riguarda le politiche ambientali, l’Ue sembra avanzare a passo di gambero. Per quanto visto finora, la stessa Commissione Jucker appare paradossalmente più miope e timida di quella a guida Barroso per volontà di incidere nella definizione dell’economia verde a livello globale. I banchi di prova sui quali misurarsi in compenso non mancheranno, il più luccicante all’orizzonte rimane l’ormai imminente accordo sul clima di Parigi 2015, dove l’Europa è giocoforza chiamata a essere determinante – nel bene o nel male.

Il giudizio sull’operato europeo può cambiare segno, ne ha la possibilità. Ed è questa una chance che non possiamo permetterci di gettare alle ortiche prima di averla giocata. Vista dall’Italia, salvare l’Europa è una missione per salvare anche noi stessi.

Il 69esimo compleanno dell’Italia repubblicana ci ha regalato un Paese incorniciato dalle polemiche elettorali e una disaffezione sempre più marcata per la gestione della cosa pubblica; l’emorragia di elettori ha segnato un nuovo record, con quasi la metà degli aventi diritto che ha scelto di non esprimere il proprio voto, o il proprio dissenso, all’interno delle urne. In crescita solo rabbia e populismi.

Dopo anni di simile declino, ignorare questo ennesimo passo indietro nella strada della democrazia italiana è una tentazione da ricacciare indietro. C’è l’urgenza di dare vigore a un disegno ideale cui aggrapparsi per ripartire, e anche in questo caso – come insegna Jean-Marie Pelt in riferimento agli ecosistemi naturali – non possiamo prescindere dal contesto in cui ci troviamo. L’Europa è matrigna che affama con politiche economiche insensate, o la culla per un futuro armonioso immaginata già nel Manifesto di Ventotene. All’interno di un mondo globalizzato, in ogni caso non possiamo farne a meno: sta a noi cucirle addosso la seconda delle due facce possibili, ed è una sfida nella quale vale la pena immergersi ancora.