Greenpeace: ecco le 300 imprese che hanno deforestato l’Argentina negli ultimi 30 anni

Nemmeno la quarantena ha fermato i disboscatori abusivi. Attacco al territorio degli indios Mbya guarani

[25 Maggio 2020]

Greenpeace Argentina ha diffuso la lista dei nomi di più di 300 grandi impresari e compagnie che hanno deforestato il paese negli ultimi 30 anni, durante i quali sono stati rasi al suolo quasi 8 milioni di ettari – quanto la provincia di Entre Ríos e più di Sicilia, Piemonte e Sardegna messe insieme – collocando l’Argentina tra i 10 Paesi del mondo con più deforestazione.

Tra gli impresari maggiormente colpevoli di questa distruzione emergono Eduardo Elsztain (120.000 ettari disboscati), Jorge Horacio Brito (50.000 ha), Paolo Rocca, Eduardo Eurnekian, Marcelo Mindlin, Alejandro Carlos Roggio, Aldo Adriano Navilli, Benjamín Gabriel Romero, Franco y Mauricio Macri, Alejandro Braun Peña, Luis Caputo, Victorio Américo Gualtieri, Alfredo Olmedo, Roberto Urquía, David Lacroze Ayerza, Manuel Santos Uribelarrea, Enrique Urbano Duhau, Orlando Canido, Alberto Verra, César Raúl Mochón, Ángel Sanchís Perales, José Macera, Jorge Alberto Pocovi, John Dieter Kahlbetzer y Daniel Lifsitz.

Hernán Giardini, coordinatore della Campaña de Bosques di Greenpeace Argentina, spiega: «Abbiamo dato nome e cognome ad alcuni dei responsabili di uno dei peggiori crimini ambientali dei quali soffere il nostro Paese: la deforestazione. Più deforestazione significa più inondazioni, più sfratti di comunità campesinas e indígene, più scomparsa di specie in pericolo di estinzione e più malattie».

Già il 6 maggio, il monitoraggio effettuato sulla deforestazione nel nord dell’Argentina, effettuato da Greenpeace attraverso il confronto di immagini satellitari, aveva rivelato che, tra il 15 marzo e il 30 aprile sono stati disboscati 9.361 ha, più o meno quanto la superficie di Buenos Aires, e una media di 200 ettari al giorno. Il monitoraggio satellitare ha dimostrato che le province più colpite sono Santiago del Estero (4.494 ha disboscati), Formosa (1.710 ha), Salta (1.700 ha) e Chaco (1.457 ha), dove si concentra l’80% dei disboscamenti in Argentina». Giardini avverte che «La deforestazione genera cambiamento climatico e ci fa diventare più vulnerabili all’aumento e all’intensità delle precipitazioni. Questo provoca ogni volta sempre più inondazioni, come quelle di cui ha sofferto negli ultimi anni il nord dell’Argentina. Un ettaro boscato assorbe 10 volte più pioggia di uno a soia e 3 volte di più di uno con pascoli per il bestiame».  A questo si aggiunge il fatto che agricoltura, allevamento, silvicoltura ed altri cambi di utilizzo dei suoli rappresentano il 39% delle emissioni di gas serra dell’Argentina.

In Argentina la perdita di foreste avviene soprattutto a causa di quella che Greenpeace chiama la frontera agropecuaria (soja e allevamento di bestiame) e secondo il suo rapporto “El sacrificio de los bosques del Gran Chaco” e dati ufficiali «L’80% delle aree disboscate del Paese si concentrano nelle province di Santiago del Estero, Salta, Chaco e Formosa e continuano nonostante la quarantena». Giardini conferma: «E’ completamente inammissibile che, di fronte all’emergenza sanitaria, climatica e della biodiversità di cui stiamo soffrendo, si prosegua a deforestare. I governi devono mettere un freno all’ambizione distruttiva di alcuni imprenditori. Distruggere le foreste è un crimine e non possiamo perdere nemmeno un altro ettaro in più».

“Además de ilegal, es completamente inadmisible que, frente a la emergencia sanitaria, climática y de biodiversidad que estamos sufriendo, se siga deforestando. Los gobiernos no pueden seguir siendo cómplices y deben ponerle un freno a la ambición destructiva de algunos empresarios agropecuarios».

Intanto, l’organizzazione ambientalista ha lanciato una petizione per chiedere ai governatori di Salta, Santiago del Estero, Chaco e Formosa di dichiarare l’emergenza forestale per frenare la deforestazione per sempre e denuncia «Le minacce patite dagli  Mbya guarani  che vivono nel territorio di Tekoa  Ka´a Kupe, a Campo Grande, Misiones, colpiti dall’estrazione forestale dell’ impresa Carba S.A. autorizzata dal ministero dell’ecologia e risorse naturali rinnovabili senza consenso della comunità».

Noemí Cruz, della Campaña de Bosques di Greenpeace Argentina, spiega che «Qualsiasi attività nei loro territori deve avere la conoscenza e il consenso preliminari delle comunità. Questa distruzione non dovrebbe avvenire. Di fronte all’attuale crisi sanitaria, climatica e della biodiversità, la cosa migliore che possiamo fare è proteggere la selva».

Il giovane indio mbya guaraní Roberto Duarte, la mattina di lunedì 18 maggio, verso le 9 del mattino, era in giro nel suo territorio e ha trovato un uomo che stava abbattendo alberi con una motosega e che ha affermato di essere un dipendente della Carba. Duarte ha detto a Greenpeace che quando ha tentato di scattare una sua foto con il suo cellulare al boscaiolo, questo gli ha urlato contro e lo ha minacciato mostrandogli un fucile: «Se mi scatti una foto ti sparo in testa!», l’indio è scappato terrorizzato.

I boscaioli abusivi stanno invadendo un’area di 5.000 ha che nel 2016 l’ Instituto Nacional de Asuntos Indígenass (INAI) ha riconosciuto come appartenente alla comunità della Valle del Cuña Piru 2 Ka’a Kupe e nel quale vivono altre due cmunità indigene. Recentemente, l’INAI ha recentemente espresso «enorme preoccupazione per la violazione dei diritti che tutelano il territorio, la cui protezione è minacciata o compromessa, violando le prerogative costituzionali – art. 75 inc. 17 CN e Convenzione Ilo169 -, dato che, inoltre, il territorio della Comunidad Kaá Kupe è stato esaminato in conformità con la Ley Nacional Nº 26.160 e la Resolución INAI 251/14. Contrariamente alla protezione legale, che è di ordine pubblico, il ministero dell’ecologia e delle risorse naturali rinnovabili della Provincia di Misiones, avrebbe autorizzato tonomamente il menzionato disboscamento».

IL PRIMO S      scontro tra indios e boscaioli si è verificato a febbraio, quando gli Mbya Guaraní hanno dovuto esporsi fisicamente ai bulldozer per impedire l’abbattimento della loro selva. A maggio, nel bel mezzo della quarantena, la Empresa Carba ha ripreso le attività di estrazione di legname con il permesso del ministero dell’ecologia di Misiones.

La Cruz conclude: «La violenza verso la selva si è ora trasferita specificamente sui suoi possessori ancestrali, che stanno cercando di difenderla. L’impunità con cui si verificano questi eventi non è ammissibile. Le terre indigene devono essere pienamente rispettate. I disboscamenti sono sfratti mascherati e, per essere più espliciti, possiamo dire che a livello regionale rappresentano un crimine contro l’umanità, privando gli indigeni della loro sussistenza. Greenpeace sostiene la Dichiarazione delle Nazioni Unite sui diritti delle popolazioni indigene, incluso il diritto specifico di autodeterminazione, libertà, pace e sicurezza, come individui e collettivamente come popoli distinti, e il consenso libero, preventivo e informato per le decisioni che influenzeranno, compreso su qualsiasi progetto nei loro territori tradizionali e, particolarmente, in relazione all’esplorazione, allo sviluppo, all’uso o allo sfruttamento di minerali, boschi, pesci, acqua o altre risorse. Le popolazioni indigene non saranno forzatamente spostate dalle loro terre o territori tradizionali».