I progressi tecnologici in agricoltura non fermeranno la crisi della biodiversità

La rapida estinzione degli uccelli causata dall’aumento del commercio globale e della popolazione

[6 Marzo 2019]

Il rapido incremento della popolazione umana e la crescita economica mondiale stanno distruggendo la diversità biologica, soprattutto nei tropici. Ad affermarlo è lo studio “Increasing impacts of land use on biodiversity and carbon sequestration driven by population and economic growth”, pubblicato su Nature Ecology & Evolution da un team di ricercatori tedeschi, austriaci, norvegesi, olandesi e portoghesi, che evidenzia che «La domanda in costante crescita di prodotti agricoli richiede sempre più nuove aree coltivate. Anche se i progressi tecnologici rendono l’agricoltura sempre più efficiente, il crescente numero di persone compensa questi successi». Lo studio dimostra che «Una politica di conservazione della natura efficace ha bisogno di concetti per contrastare la crescita della popolazione e per un consumo sostenibile».

Al Deutsches Zentrum für integrative Biodiversitätsforschung (iDiv) che ha guidato lo studio, spiegano che «La popolazione mondiale e l’economia globale stanno crescendo. La gente vuole beni di consumo e cibo. Conseguentemente, sono necessari sempre più terreni e la natura viene convertita in campi e piantagioni: una minaccia per la biodiversità e i servizi ecosistemici che la natura fornisce agli esseri umani. La risposta usuale dei policy maker a questa sfida della sostenibilità è quella di promuovere incrementi dell’efficienza agricola e forestale attraverso metodi tecnologici».

Il team di ricerca internazionale si è chiesto se questo sia abbastanza e per rispondere ha determinato come l’uso del suolo influisce sulla biodiversità e sui servizi ecosistemici e, per la prima volta, in che modo questo impatto è cambiato nel tempo. Mettendo insieme i dati sulla biodiversità, l’uso del suolo e lo stoccaggio di CO2 con i modelli economici per il periodo tra il 2000 e il 2011, gli scienziati hanno esaminato il ruolo svolto dalla crescita della popolazione e dallo sviluppo economico nella perdita di biodiversità e servizi ecosistemici a livello globale e dicono che «I risultati dimostrano che la popolazione mondiale in crescita e l’espansione dell’economia globale stanno producendo ovunque un maggiore utilizzo del territorio. Questo distrugge la biodiversità e i servizi ecosistemici. Ad esempio, tra il 2000 e il 2011, il numero di specie di uccelli in pericolo a causa dell’utilizzo del suolo è aumentato fino al 7%. Durante lo stesso periodo, il pianeta ha perso il 6% del suo potenziale di assorbimento di CO2 dall’aria; questo perché la vegetazione piantata su terreni agricoli appena creati non può assorbire tanto carbonio quanto quella degli habitat naturali».

Si stima che negli ultimi 400 anni si siano estinte 140 specie di uccelli, lo studio prevede che, continuando con le attuali pratiche agricole e forestali, si estingueranno rapidamente 121 specie di uccelli. Questa perdita di biodiversità avviene quasi interamente nelle regioni tropicali: «Nel 2011 oltre il 95% delle specie di uccelli in pericolo a causa dell’agricoltura e della silvicoltura provenivano dall’America centrale e meridionale, dall’Africa, dall’Asia e dal Pacifico – dicono gli scienziati – Tuttavia, la capacità di sequestro del carbonio degli ecosistemi sta diminuendo in tutto il mondo: un quarto del suo declino è dovuto all’utilizzo di terreni agricoli e forestali in Europa e Nord America».

Commentando lo studio, Ariel Brunner, di BirdLife Europe, ha  detto a BBC News che «Si aggiunge a un numero crescente di prove che dimostrano che il cibo e il sistema agricolo insostenibili sono al centro della crisi ecologica, sia in termini di driver del collasso della biodiversità che di contributo alla modificazione del clima».

Dal 2000 al 2011, l’allevamento del bestiame è stato il principale responsabile della decimazione della biodiversità. Allo stesso tempo, in Asia e in Sud America è aumentata in maniera massiccia la coltivazione dei semi oleosi. Il leader del team di ricerca, Henrique M. Pereira che è a capo del Forschungsgruppenleiter Biodiversität und Naturschutz dell’iDiv e della Martin-Luther-Universität Halle. Sottolinea che «Questo avviene, tra le altre cose, come conseguenza della maggiore promozione dei biocarburanti, che è destinata a servire per la protezione del clima»-

Inoltre, i ricercatori hanno voluto scoprire in che misura il commercio globale ha un impatto sulla biodiversità e gli ecosistemi ed evidenziano che «Quasi ogni acquisto di cibo influenza indirettamente la natura in altri luoghi in tutto il mondo. Per esempio, un hamburger è fatto con carne di bovini allevati in  pascoli sudamericani, o bovini allevati in stalle locali e alimentati con soia proveniente dal Sud America. A questo scopo, le foreste vengono eliminate, la biodiversità originaria viene distrutta. Pertanto, i paesi sviluppati, ad esempio, esternalizzano il 90% della distruzione causata dal consumo di prodotti agricoli in altre regioni. Nel periodo in esame, il consumo è aumentato rapidamente anche in altre parti del mondo».

Pereira conferma: «Le economie emergenti stanno attualmente superando i Paesi sviluppati come i principali motori della perdita di biodiversità».

I ricercatori hanno scoperto che in tutto il mondo il danno ambientale per ogni dollaro guadagnato è, diminuito, il che significa che l’utilizzo della terra è diventato più efficiente. Ma Alexandra Marques, la principale autrice dello studio, anche lei dell’iDiv e della Martin-Luther-Universität Halle, fa notare che «Tuttavia, il danno ambientale totale è aumentato. La crescita economica e demografica procede così velocemente da superare i miglioramenti. Dobbiamo affrontare la questione dei modelli di consumo insostenibili guidati dalla crescita economica, le cui scelte fatte qui avranno conseguenze altrove».

Pereira sottolinea che «Il quadro di chi sta causando la perdita di biodiversità è quindi cambiato drasticamente in breve tempo. Non è né il nord né il sud – sono entrambi. Questo dovrebbe anche essere preso in considerazione nei negoziati internazionali sulla conservazione della natura. Dobbiamo fornire maggiori informazioni ai consumatori su questo, in modo che sappiano cosa stanno acquistando».
Secondo gli scienziati, «Per raggiungere gli obiettivi dell’agenda di sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite è essenziale una riduzione della crescita della popolazione. Ciò alla fine porterebbe benefici sia alla società che alla natura. Allo stesso tempo, i Paesi sviluppati dovrebbero tenere maggiormente conto della loro remota responsabilità per la distruzione della biodiversità in altre parti del mondo e dell’impatto delle loro politiche climatiche sull’uso globale del suolo».

Pereira conclude: «Abbiamo bisogno di una politica ambientale che affronti insieme il ​​cambiamento climatico e il cambiamento della biodiversità».