Il cancro facciale non causerà l’estinzione dei diavoli della Tasmania

I diavoli della Tasmania si stanno adattando rapidamente. Ma c’è anche il rischio degli investimenti

[1 Aprile 2019]

Secondo lo studio “Individual and temporal variation in pathogen load predicts long‐term impacts of an emerging infectious disease”, pubblicato su Ecology da un team di ricercatori australiani, statunitensi e britannici, è improbabile che il cancro trasmissibile che negli ultimi anni ha decimato  la popolazione del diavolo della Tasmania  (Sarcophilus harrisii) porti all’estinzione il più grande marsupiale carnivoro sopravvissuto.

Il team guidato da Konstans Wells dell’università di Swansea ha infatti rivelato che rivelato che «E’ più probabile che la malattia svanisca o che i diavoli in futuro i diavoli della Tasmania coesisteranno con la Tasmanian Devil Facial Tumour Disease (DFTD)».

La DFTD in genere uccide la maggior parte dei diavoli della Tasmania che infetta e in natura ha spazzato via circa l’80% di questi animali, provocando un continuo declino delle popolazioni esistenti da quando la malattia è stata identificata per la prima volta.

Il team internazionale di scienziati ha confrontato le prove epidemiologiche raccolte sul campo per 10 anni in popolazioni selvatiche che vivono nel nord-ovest della Tasmania con simulazioni al computer, scoprendo così che «E’ improbabile che in futuro la DFTD continui a causare un continuo declino della popolazione di diavoli della». I ricercatori sono convinti che i risultati del loro studio «La speranza tanto necessaria che la specie, che è il più grande carnivoro marsupiale del mondo, non si estinguerà necessariamente a causa della DFTD«.

La DFTD è stata scopetta per la prima volta nella Tasmania nordorientale nel 1996 e causa la formazione di tumori sulla faccia e sul collo dell’animale. Il cancro si diffonde quando i diavoli della Tasmania si mordono a vicenda durante i combattimenti e li uccide entro 6 – 24 mesi. Dopo il morso, un tumore cresce intorno al muso o al collo e arriva a rompere le ossa nella mascella. «La nostra attuale ipotesi è che il mordersi non solo porti alla diffusione dei tumori, ma potrebbe essere il punto di partenza – spiega Max Stammnitz, dell’università di Cambridge, che sequenzia i genomi del tumore – Se i processi cicatriziali per le ferite ricorrenti vengono interrotti da una mutazione, questa potrebbe diventare cancerosa, non riesce a guarire e inizia a crescere in un tessuto esterno che può quindi diventare trasmissibile».

Wells ha evidenziato che «I nostri risultati suggeriscono che è improbabile che siano necessari interventi di gestione immediata per garantire la sopravvivenza delle popolazioni di diavoli della Tasmania. Questo perché la forte diminuzione della popolazione dei diavoli dopo l’emergenza della malattia non si traduce necessariamente in un  declino della popolazione a lungo termine».

Per capire quali possano essere i risultati a lungo termine della DFTD sulle popolazioni di diavoli della Tasmania, i ricercatori hanno condotto un gran numero di simulazioni di possibili diffusione della malattia tra i marsupiali, sulla base di evidenze come gli attuali tassi di infezione in natura, sono stati selezionati gli scenari di simulazione più probabili per esplorare il modo in cui la DFTD interesserà le popolazioni di diavoli nei prossimi 100 anni. Tra gli scenari più probabili c’erano quelli in cui la DFTD si attenuava (il 57% dei probabili scenari) o coesisteva con i diavoli (il 22% dei probabili scenari).

Un altro degli autori dello studio, Rodrigo Hamede dell’università della Tasmania, è fiducioso: «In passato, abbiamo gestito le popolazioni di diavoli per evitare l’estinzione, ora ci stiamo progressivamente spostando verso una strategia di gestione adattativa, migliorando quegli adattamenti selettivi per l’evoluzione della convivenza diavolo/ DFTD. Con la crescente evidenza che i diavoli stanno mostrando segni di adattamento alla DFTD e che fino ad ora la malattia non ha causato estinzioni locali, nell’ambito delle azioni gestionali mirate alla conservazione del diavolo della Tasmania, dovrebbero essere prese in considerazione strategie adattative per far fronte alla DFTD. L’eradicazione completa della DFTD non è fattibile, pertanto lo studio delle interazioni a lungo termine tra diavoli e tumori fornirà una prognosi realistica per le specie e allo stesso tempo ci aiuterà a comprendere importanti processi evolutivi. Ciò è particolarmente rilevante dato il recente focolaio di un nuovo tumore trasmissibile – il devil facial tumour 2 – che colpisce le popolazioni del diavolo nella Tasmania sud-orientale, scoperto nel 2014. «Un secondo tumore trasmissibile nei diavoli  è stato estremamente sorprendente, come un fulmine che colpisce i diavoli due volte», ha detto Hamede.

I diavoli sembrano essere inclini a cancri trasmissibili, quindi studiare le dinamiche epidemiche e le risposte evolutive a questo tipo di malattie dovrebbe essere una priorità».  Hamede aggiunge: «La selezione naturale sta cercando di risolvere il problema da sola, favorendo coloro che possono sopravvivere al tumore, quindi oggi siamo più fiduciosi che mai. Abbiamo visto come questi tumori modellano l’ecologia dei diavoli e come si sono evoluti con i loro ospiti in tempo reale».

Stammnitz  conferma: «E’ una costante corsa agli armamenti per l’adattamento tra animali e malattie: sviluppiamo meccanismi di resistenza che fanno pressione sui patogeni perchè migliorino l’infezione. Il primo di questi meccanismi è la tolleranza e il secondo è la resistenza».

Il team ha scoperto diavoli che hanno vissuto fino a due anni con la malattia, mettendo al mondo altre figliate più resistenti alla malattia.Inoltre, finora hanno scoperto 23 casi di regressione del tumore  che mostrano che i diavoli hanno anche la capacità di combattere la DFTD e di riprendersi dal tumore. Questo è dovuto alla loro plasticità fenotipica, la capacità di un singolo organismo di alterare la sua fisiologia o espressione genica in risposta alle mutevoli condizioni ambientali. E quel che è ancora più unico è la rapidità con cui questo è accaduto: nel giro di 16 anni, appena 8 generazioni di diavoli.

Lo studio suggerisce che la gestione per mantenere le popolazioni di diavoli della Tasmania «dovrebbe essere guidata dalla mutevole comprensione del risultato a lungo termine dell’impatto della malattia sui diavoli».

Wells conclude: «Gli sforzi di gestione delle popolazioni selvatiche che mirano unicamente a combattere l’impatto della DFTD possono essere controproducenti se distruggono le forze al lavoro a lungo termine che possono portare a popolazioni di diavoli stabili e che sono in grado di resistere al cancro. Le malattie della fauna selvatica come la DFTD non dovrebbero nascondere il fatto che gli ambienti naturali sufficientemente ampi e indisturbati sono un prerequisito vitale per la persistenza della fauna selvatica e alla fine per far fronte senza l’intervento umano ad ostacoli come le malattie infettive».

Ma, come spiega Sam Fox del Save the Tasmanian Devil Program (Stdp), i diavoli della Tasmania sono a rischio per un’altra grade minaccia: tra i 350 e i 450 diavoli muoiono ogni anno investiti dalle auto. Per questo la Stdp ha installato delle recinzioni che emettono un allarme e avvisa la fauna selvatica quando un’auto si avvicina. Dopo l’installazione dei dispositivi è stato registrato un calo del 50% degli investimenti. Il  numdero dei diavoli della Tasmania investiti è calato del 25% e ne hanno beneficiato anche altri marsupiali come i pademelon della Tasmania e i wallaby di Bennett. Il governo australiano ha messo a disposizione una nuova app per segnalare gli avvistamenti per aiutare a monitorare le popolazioni che è già stata scaricata da oltre 2.000 utenti che hanno inserito 6.000 segnalazioni. Fox aggiunge: «Quando abbiamo cominciato a tracciare la DFTD nel 2003, i resoconti delle uccisioni nelle strade da parte della gente hanno contribuito ad informarci su dove si era diffusa, dimostrando il potere della citizen science per aiutare i diavoli»