Il Giappone riprende la caccia commerciale alle balene

Fine della menzogna della caccia scientifica. Caccia solo nelle acque territoriali e nella Zee del Giappone

[1 Luglio 2019]

Ufficialmente, la caccia commerciale alle balene era finita nel 1986, ma il Giappone non aveva mai davvero smesso di sterminare cetacei grandi e piccoli perché aveva trovato un trucco per aggirare la moratoria: le campagne di caccia alle balene nell’oceano australe erano state ribattezzate missioni di ricerca scientifica.

Alla fine il Giappone, criticato dalla maggioranza degli altri Paesi e attaccato dalle associazioni ambientaliste, sii è ritirato dall’International whaling commission (Iwc) e la sua prima flotta di baleniere è pronta asa arpionare le balene nella sua Zona economica esclusiva.

A causa della caccia illimitata e indiscriminata tra il XIX secolo e l’inizio del XX secolo, le balene furono portate sull’orlo dell’estinzione. Negli anni ’60, metodi di cattura più efficienti e navi/macelleria gigantesche resero ovvio che la moderna baleneria non era sostenibile e nel 1986 tutti i membri dell’Iwc accettarono una moratoria per consentire il recupero dei numeri delle balene. Gli ambientalisti esultarono, ma Paesi come Giappone, Norvegia e l’Islanda davano per scontato che la moratoria fosse temporanea e che sarebbe stata annullata una volta concordare quote sostenibili di caccia. Invece, su pressione di diversi Paesi, la moratoria si trasformò di fatto in un divieto quasi permanente. Con alcune eccezioni; alcuni popoli indigeni possono continuare ad esercitare la caccia alle balene di sussistenza e sono consentiti prelievi di esemplari di balene a fini scientifici.

Il Giappone ha utilizzato – stravolgendola – questa clausola e dal 1987 ha massacrato e macellato tra i 200 e i 1.200 grossi cetacei all’anno affermando che si trattava di monitorare gli stock per stabilire quote sostenibili ma, come dimostrò clamorosamente Greenpeace Japan, la carne di balena “scientifica” veniva in realtà venduta nei supermercati.

Per anni il Giappone ha tentato invano di creare (o forse sarebbe bene dire comprare) una maggioranza pro-caccia alle balene all’interno dell’Iwc arruolando piccoli Stati africani e caraibici, ma alla fine ha desistito e nel 2018, dopo l’ultimo tentativo di far passare “quote sostenibili” di caccia alla balena, è uscito dall’Iwc e da oggi ne è ufficialmente fuori.

Il ministero della pesca giapponese ha confermato alla BBC che da oggi ha iniziato a rilasciare i permessi di caccia, «Ma la data di partenza è soggetta alle decisioni dei balenieri, al tempo e ad altre condizioni». Eppure, anche in Giappone la caccia alle balene è una piccola industria che impiega circa 300 persone e si prevede che a luglio salperanno al massimo 5 baleniere. L’ex capo-negoziatore del Giappone all’Iwc, Hideki Moronuki, ha confermato alla BBC che «La caccia alle balene sarà condotta all’interno delle acque territoriali del Giappone e della Zona economica esclusiva». Questo significa che il Giappone abbandonerà la “caccia scientifica” nei mari intorno all’Antartide, altrimenti si troverebbe a scontrarsi davvero co i Paesi rimasti nell’Iwc.

Come le altre nazioni baleniere rimaste il Giappone sostiene che la caccia e il consumo di carne di balena fanno parte della sua cultura perché diverse comunità costiere giapponesi cacciano balene e delfini da secoli, ma la verità è che nell’Impero del Sol, Levante il consumo si è diffuso solo dopo la Seconda Guerra Mondiale, quando il cibo scarseggiava. Dalla fine degli anni ’40 alla metà degli anni ’60, la balena era la principale fonte di carne in Giappone, ma da allora si è assistito a un costante calo del suo consumo e ora è diventato un cibo consumato da pochi, con la riprovazione di molti.

Donald Rothwell, professore di diritto internazionale all’Australian National University, dice che è tutto legale: almeno «Entro le sue 12 miglia di acque costiere, il Giappone può fare tutto ciò che vuole», ma i problemi sorgono nella sua Zona economica esclusiva di 200 miglia, in alto mare, dove il Giappone è tenuto a rispettare la Convention on the Law of the Sea dell’Onu che, all’articolo 65 impone che «gli Stati cooperino in un’ottica di conservazione» delle balene e «lavorino in particolare attraverso le organizzazioni internazionali appropriate per la loro conservazione, gestione e studio».

Dopo aver abbandonato l’Iwc, il Giappone non fa più parte di un’organizzazione internazionale di questo tipo e Rothwell sottolinea che questo «pone direttamente delle domande sul fatto che il Giappone sia o meno coerente con la convenzione». Se un altro paese cercasse di portare in tribunale il Giappone perché viola una convenzione Onu, non è chiaro se, in sua difesa, il Giappone potrebbe obiettare che per anni ha cercato di cooperare all’interno dell’Iwc, senza risultati. E anche se ci dovesse essere una sentenza o un’ingiunzione contro Tokyo, non ci sarebbe alcun meccanismo per farla rispettare.

Il ministero della pesca giapponese hs detto che consentirà la caccia a tre specie: balenottera di Bryde (Balaenoptera brydei), balenottera minore (Balaenoptera acutorostrata), due specie attualmente non a rischio estinzione, e balenottera boreale (Balaenoptera borealis) specie a rischio estinzione ma che recentemente ha visto crescere la sua popolazione. Vista l’area marina protetta interessata e il calo della richiesta di carne di balena, la caccia commerciale giapponese dovrebbe avere un impatto limitato e i difensori della caccia ai cetacei attaccano gli ambientalisti facendo notare la carne di balena ha un’impronta di carbonio minore rispetto al maiale o alla carne bovina.

Ma organizzazioni come Greenpeace o Sea Shepherd, che negli anni passati hanno ingaggiato battaglie epiche contro le baleniere giapponesi, restano critici nei confronti della ripresa della caccia da parte del Giappone, anche se dicono di non avere ancora piani concreti per affrontare la situazione e le baleniere nelle acque territoriali e nella Zee giapponese.

Sam Annesley, direttore esecutivo di Greenpeace Japan ha invitato il governo ad abbandonare la caccia alle balene: «Non è al passo con la comunità internazionale». Inoltre gli ambientalisti sono orripilati dalla caccia con gli arpioni che spesso portano le balene ione della sostenibilità degli stock, un argomento chiave contro la caccia è che le balene a una morte lenta e dolorosa. Però, i moderni metodi di caccia con gli arpioni esplosivi puntano ad uccidere le balene all’istante e l’industria baleniera accusa i no-whaling di essere profondamente ipocriti perché non si occuperebbero dell’impatto della produzione industriale di carne da allevamento, cosa tra l’altro non vera, come sanno bene anche i lettori di greenreport.it.

In realtà quella del Giappone sembra una mossa disperata per far sopravvivere un’industria morente ed è probabile che il problema della caccia alle balene si risolverà da solo: la domanda giapponese di carne di balena è da tempo in declino e l’industria sta già in piedi solo grazie ai sovvenzionamenti statali. Alla fine, la caccia commerciale alla balena potrebbe estinguersi prima che lo facciano le balene più a rischio.