Il territorio del Parco Nazionale delle Cinque Terre in due studi scientifici

400 fenomeni franosi in tutto il Parco, la superficie agricola è diminuita di 4 volte rispetto al 1954

[30 Ottobre 2019]

Il Parco Nazionale delle Cinque Terre è stato oggetto di due studi che rientrano nell’attività portata avanti dal Centro Studi Rischi Geologici sull’aumento del quadro conoscitivo del territorio del Parco e sull’adozione di nuovi strumenti per valutare il rischio geo-idrologico lungo i sentieri e le aree coltivate.

Lo studio “Landslide-inventory of the Cinque Terre National Park and quantitative interaction with the trail network”. Pubblicato sul Journal of Maps da un team di ricercatori guidato da Emanuele Raso dell’università di Napoli, aveva come obiettivo «il censimento e la georeferenziazione, con precisione centimetrica, di oltre 400 fenomeni franosi in tutto il Parco delle Cinque Terre e la valutazione della pericolosità per singola tratta sentieristica in base alla creazione dell’indice FLI (Footpath Landslide Index), che considera l’influenza diretta e in scala logaritmica di frane a diverso grado di intensità lungo i vari percorsi interessati dai dissesti».

L’altro studio, “Investigation on Farmland Abandonment of Terraced Slopes Using Multitemporal Data Sources Comparison and Its Implication on Hydro-Geomorphological Processes”, pubblicato su Water da un team di ricercatori guidato da Giacomo Pepe dell’università di Genova e di Geoscape, si è occupato dell’analisi quantitativa multi-temporale di dati catastali e foto satellitari, «con l’obiettivo di valutare le trasformazioni d’uso del suolo dal 1954 ad oggi in relazione all’innesco di fenomeni franosi nell’area campione (Bacino idrografico del Torrente Vernazza)».

Secondo il Parco Nazionale, «I risultati mostrano che la superficie ad uso agricolo attuale si è ridotta di circa 4 volte rispetto al 1954 e l’innesco di fenomeni franosi è più frequente in aree abbandonate da poco tempo. Inoltre i fenomeni innescati lungo aree coltivate presentano una magnitudo inferiore rispetto a quelli innescati in aree abbandonate da poco/molto tempo e la fase che intercorre tra l’abbandono dei terrazzamenti e lo sviluppo di una vegetazione più fitta è quella più critica per la stabilità dei versanti».