La barriera corallina alla foce del Rio delle Amazzoni: un tesoro appena scoperto e già minacciato (VIDEO E FOTOGALLERY)

Spedizione di Greenpeace e scienziati per studiarla e salvarla dalle trivelle di Total e BP

[26 Gennaio 2017]

Nell’aprile 2016 greenreport.it aveva dato la notizia della scoperta di una barriera corallina dove non avrebbe dovuto esserci: all’immensa foce del Rio delle Amazzoni, al largo delle coste atlantiche del nord del Brasile, dove le acque torbide del grande fiume si mischiano a quelle dell’oceano. Un nuovo tesoro naturale – spiega Greenpeace  – una barriera corallina nascosta sui fondali, dove nessuno la credeva possibile. La luce quasi non riesce a raggiungere la barriera, perché lo specchio d’acqua che la sovrasta è composto dalle torbide acque trasportate dal fiume: nessuno immaginava che in queste condizioni si potesse sviluppare una comunità come questa! Eppure la barriera corallina alla foce del Rio delle Amazzoni esiste, e resiste, un caso più unico che raro della natura, molto speciale. Ed è enorme! Parliamo di una barriera che si estende per 9.500 km quadrati, dove vivono gorgonie, alghe rosse, 73 specie di pesci, aragoste, stelle marine, rodoliti e spugne gigantesche, alte fino a due metri!»

Un ecosistema eccezionale, che dovrebbe estendersi dal Brasile alla Guyana francese,  ma già minacciato dalla trivelle petrolifere. «La foce del Rio delle Amazzoni è la nuova frontiera per lo sfruttamento del petrolio nelle acque brasiliane – mette in guardia Greenpeace –  Total e BP sono le due compagnie che vorrebbero trivellare. Una concessione di Total si trova a giusto a 8 km dalla barriera. Dobbiamo difendere la barriera corallina e la foce del Rio da compagnie spregiudicate che antepongono i propri interessi a quelli dell’ambiente. La minaccia riguarda l’intera area della foce, in cui vivono specie a rischio d’estinzione come lamantini, lontre giganti e tartarughe di fiume delle Amazzoni».

Questa barriera corallina è davvero unica: i coralli vivono  in ambienti con caratteristiche specifiche, per esempio a temperature comprese tra 24,5 e i 28,3° C e di solito sopportano un concentrazione di sale tra il 3,45% e il 3,64%. Ma la barriera corallina brasiliana è vicino al Rio delle Amazzoni e vivono in una miscela di acqua dolce e salata. E si sono adattati bene.  Inoltre, la superficie dell’’acqua è torbida, perché il Rio delle Amazzoni, il fiume con la portata di acqua dolce più grande del mondo, trascina con se legname, foglie, terra, animali e tutto ciò che cade nella sua corrente. Questo impedisce alla luce solare di raggiungre il fondo e la comparsa di specie che ne hanno bisogno per fare la  fotosintesi. Nella regione maina della Bacia da Foz do Amazonas  ci sono arre in cui la luminosità non supera il 2%. Ma se i coralli comuni hanno bisogno di luce e di ossigeno per vivere, i coralli del Rio delle Amazzoni per sopravvivere utilizzano batteri, anidride carbonica e altre sostanze inorganiche come ammoniaca, ferro, nitriti e zolfo.

La spedizione scientifica che ha scoperto le barriere coralline ha raccolto i campioni con le reti e, in una sola volta, ha tirato su 900 kg di spugne appartenenti a ben 30 specie diverse.

L’area studiata finora è ristretta, circa 9 km2, ma quella occupata da queste barriere coralline  si estende su una superficie del 20% più grande dell’area metropolitana di San Paolo, che è la più grande del Brasile: quasi 8.000 km2. La barriera cambia caratteristiche a seconda della presenza o meno di foci di grandi fiumi: alla foce del Rio delle Amazzoni c’è una maggiore concentrazione di e meno luce raggiunge il  fondo del mare.  E’ la regione con la biodiversità più bassa ed è in gran parte popolata di spugne. Nel settore meridionale (vicino al Maranhão), dove arrivano difficilmente i sedimenti, il paesaggio sottomarino somiglia più a quello delle altre barriere tradizionali nel nord-est: predominano i coralli molli  e le alghe che fanno la fotosintesi.

Si sospettava da decenni l’esistenza di queste barriere coralline nascoste alla foce del Rio delle Amazzoni: nel 1975, una nave da ricerca statunitense trovò dei  pesci che vivono solo dove ci sono barriere coralline profonde e notà già allora una grande abbondanza di spugne. La scoperta venne illustrata nel 1977, ma non ci fu nesso uno sviluppo. Un altro fattore che faceva sospettare la presenza di qualcosa di insolito nei fondali “amazzonici” era l’elevata produttività regionale della  pesca ad aragoste, dentici e altre specie marine legate agli ecosistemi delle barriere coralline. I ricercatori hanno cominciato a studiare la regione solo nel 2010 e nel 2016 è arrivata la conferma di quello che alcuni di oro sospettavano.

Greenpeace Basil fa notare che «L’umanità ha raggiunto la Luna e trasmesso le immagini di Plutone, il pianeta più lontano del sistema solare. Ma non abbiamo  ancora mai visto un ecosistema così incredibile come i coralli del Rio delle Amazzoni nel loro habitat naturale».

Per questo Greenpeace ha  lanciato la campagna “Difendi la barriera corallina amazzonica” e dice: «Il nostro primo obiettivo è quello di farvi vedere la barriera stessa. Per questo abbiamo deciso di inviare la nostra nave Esperanza, con alcuni biologi marini a bordo, per studiare meglio questo paradiso minacciato. Non sarà facile perché si tratta di acque melmose, torbide».

L’Esperanza è salpata il 24 gennaio dal porto di Santana, nello Stato brasiliano di Amapá, con a bordo 19 persone tra equipaggio, giornalisti e scienziati, con l’obiettivo di  raggiungere l’area dove si estende il recifes de corais da Amazônia, a circa 110 km dalla costa e girare le prime immagini delle barriere coralline e vedere come vivono gli esseri praticamente sconosciuti.

Greenpeace Brasil spiega ancora «La nostra prima missione è quella di mostrare i coralli dell’Amazzonia al  mondo. Quindi, faremo per la prima volta  una spedizione subacquea sulla barriera. Il nostro mezzo di  trasporto e la stazione di lavoro sarà l’Esperanza, che è arrivata in Brasile giorni fa. L’equipaggio della più grande e più ecologica nave di Greenpeace sarà un team di attivisti ed esperti della vita marina che scenderanno nelle profondità dell’Oceano Atlantico per osservare da vicino. Per la prima volta, useremo un sottomarino per cercare di vedere i coralli sott’’acqua. Sarà un’avventura senza precedenti ed essenziale le per la tutela delle barriere coralline e la foce del Rio delle Amazzoni».

Secondo Fabiano Thompson, del Laboratorio di microbiologia dell’Universidade Federal  do Rio de Janeiro,  «Uscire con questa nave è stato fonte di ispirazione, per dire di ringiovanimento», secondo Fabiano Thompson. Per Ronaldo Francini Son, un biologo dell’ da Universidade Federal da Paraíba, «E’ come un sogno che si avvera. Dopo tutto, tutti coloro che lavorano negli oceani un giorno hanno sognato di immergersi con un sottomarino».

Ma la foce del  Rio delle Amazzoni è  la prossima frontiera dell’esplorazione petrolifera in Brasile e a marzo Total e BP dovrebbero cominciare trivellare vicino alla barriera corallina e sono in corso gli ultimi procedimenti per l’autorizzazione ambientale. «Vogliamo difendere i coralli e l’intera regione di Foz do Amazonas dall’avidità delle multinazionali che mettono i profitti davanti all’ambiente – dice Thiago Almeida, della campagna clima ed energia di Greenpeace Brasil –  Un’attività petrolifera lì significa il rischio imminente e costante di uno sversamento. Si tratta di una minaccia non solo per i coralli, ma l’intero ecosistema del Bacia da Foz do Amazonas.  Per esempio, lì vivono il lamantino delle Indie Occidentali, il tracajá e specie di lontra che sono già a rischio di estinzione, secondo la lista dell’Unione internazionale per la conservazione della natura (Iucn) 2014».

Per unire le forze e proteggere questa delicata e unica barriera corallina, Greenpeace Brasil ha lanciato la campagna  Defenda os Corais da Amazônia e Almeida conclude: «Le persone di tutto il mondo si uniscano per dire alle imprese: rinunciate all’esplorazione petrolifera già in programma vicino ai coralli».

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