La catena alimentare marina mondiale verso il collasso?

Emissioni di CO2 e acidificazione del mare mettono a rischio la pesca e gli ecosistemi marni

[14 Ottobre 2015]

La prima analisi mondiale sulle risposte a degli ambienti marini alla crescita delle emissioni di CO2 di origine antropica dipinge un quadro a tinte fosche per  il futuro della pesca, degli ecosistemi oceanici e dell’intera catena alimentare marina.

Infatti, in  “Global alteration of ocean ecosystem functioning due to increasing human CO2 emissions”, lo studio che I biologi Ivan Nagelkerken e  Sean D. Connell, dell’università australiana di Adelaide hanno pubblicato su Proceedings of National Academy of Sciences (Pnas), emerge che « Gli attesi acidificazione  e il riscaldamento degli oceani  sono in grado di produrre una riduzione della diversità e del  numero di diverse specie chiave che sono alla base degli ecosistemi marini di tutto il mondo», che vanno dai mari tropicali a quelli artici, e comprendono una vasta gamma di ecosistemi, dalle barriere coralline fino alle foreste di kelp e alle distese oceaniche di alto mare.

Nagelkerken e  Connell evidenziano che «Si prevede che l’aumento delle emissioni di CO2 di origine porteranno ad un cambiamento per gli ecosistemi oceanici, ma una concettualizzazione del cambiamento biologico derivato da analisi quantitative è carente». La loro meta-analisi riguarda diversi ecosistemi e latitudini e analizza 632 esperimenti pubblicati, quantificando così «la direzione e la grandezza del  cambiamento ecologico derivante dall’acidificazione degli oceani e dal riscaldamento».

Secondo Nagelkerken, «Questa “semplificazione” dei nostri oceani avrà profonde conseguenze per il nostro attuale modo di vita, in particolare per le popolazioni costiere e per quelle che si basano sugli oceani per il cibo e il commercio». Insomma, la rottura e il possibile collasso della catena alimentare marina farebbe anche una vittima illustre: l’uomo che l’ha provocata.

Connell fa notare che «Sappiamo relativamente poco su come il cambiamento climatico influenzerà l’ambiente marino. Fino ad ora, c’è stata una dipendenza quasi totale dalle recensioni qualitative e dalle prospettive d i un potenziale cambiamento globale. Ile valutazioni quantitative esistenti, in genere si concentrano su singoli fattori di stress, singoli ecosistemi o singole specie. Questa analisi combina i risultati di tutti questi esperimenti per studiare gli effetti combinati di più fattori di stress su intere comunità, comprese le interazioni tra le specie e le diverse misure di risposta al clima cambiamento».

I ricercatori australiani hanno scoperto che l’acclimatazione alle acque più calde e all’acidificazione sarà molto limitata: alcune specie molto sfuggiranno gli effetti negativi dell’aumento di CO2, mentre ci sarà una forte riduzione della diversità ed abbondanza delle specie in tutto il mondo. Faranno eccezione i microrganismi, che dovrebbero aumentare di numero e diversità.

Dal punto di vista della rete alimentare globale, si prevede un aumento della produzione primaria di micro- plancton nelle acque più calde, ma questo spesso non si tradurrà in una produzione secondaria (lo zooplancton e i pesci più piccoli), a causa della diminuita produttività per l’acidificazione degli oceani.

Nagelkerken spiega ancora: «Con gli alti tassi metabolici nell’acqua calda, e quindi con una maggiore domanda di cibo, c’è meno cibo a disposizione dei carnivori  – i pesci più grossi sui quali si basa la pesca industriale. Ci sarà un collasso dalle specie all’apice della catena alimentare fino in basso».

Lo studio ha anche dimostrato che con acque più calde, con un aumento dell’acidificazione, o con entrambi, ci sarebbero conseguenze deleterie sulle specie costruttrici di habitat , come ad esempio i coralli, le ostriche e le cozze. «Qualsiasi leggero cambiamento nella salute degli habitat avrebbe un ampio impatto su una vasta gamma di specie ospitate da questi reef – dicomno i ricercatori –  Un altro dato è che l’acidificazione porterebbe a un calo del gas dimetilsolfuro (DMS) prodotto dal plancton oceanico, che aiuta la formazione delle nubi e quindi a controllare lo scambio di calore della Terra».