Le attività umane stanno mettendo a rischio miliardi di anni di storia evolutiva

L'entità del nostro impatto come specie sul mondo naturale è incomprensibilmente grande e sembra avere conseguenze schiaccianti sulle aree e le specie più insostituibili del pianeta

[27 Maggio 2020]

Gli ecosistemi naturali in tutto il pianeta Terra stanno subendo perdite senza precedenti di biodiversità a causa delle attività umane, tuttavia la distribuzione e l’intensità di queste attività non sono uniformi su tutta la superficie terrestre, il nuovo  studio “Global priorities for conservation of reptilian phylogenetic diversity in the face of human impacts”, pubblicato su Nature Communications da un team di ricercatori britannici, statunitensi e israeliani, ha indagato su «come le attività antropiche stanno influenzando la biodiversità più unica del mondo per identificare regioni e specie di importanza critica per gli sforzi di conservazione».

I ricercatori dell’EDGE of Existence Programme della Zoological Society of London (ZSL) che hanno partecipato allo stdio spiegano che «Nel suo senso più puro, la biodiversità è una variazione del vivente: le differenze tra e all’interno di individui e specie, i loro geni e tratti e gli ecosistemi che compongono. Una misura della biodiversità è la quantità di storia evolutiva – i rami dell’albero della vita – rappresentata da una singola specie o da insiemi di specie strettamente correlate. Ogni ramo ha una lunghezza, misurata in milioni di anni, e possiamo misurare queste lunghezze del ramo per quantificare l’unicità e la variazione tra le specie. Questa misura della biodiversità, nota come “diversità filogenetica”, è alla base del nostro lavoro nell’ambito del programma EDGE of Existence e abbiamo utilizzato la sua misura per quantificare la biodiversità per questo studio».

Per prima cosa, il team di ricerca ha mappato la storia evolutiva dei rettili di tutto il mondo. Perché i rettili? «Per tre ragioni molto importanti: 1) la distribuzione globale della storia evolutiva dei rettili rimane in gran parte inesplorata, 2) i rettili sono più evolutivamente  diversi rispetto ad anfibi, uccelli e mammiferi (divulgazione completa: l’abbiamo scoperto dopo aver eseguito le analisi!) e 3) , i rettili in passato hanno ricevuto pochissima attenzione per la loro conservazione, rispetto agli uccelli e ai mammiferi (e persino agli anfibi)».

L’obiettivo dello studio era quello di identificare le regioni del pianeta con grandi concentrazioni di storia evolutiva unica limitata ad aree molto piccole del pianeta. Alla ZSL evidenziano che «Queste aree sono incredibilmente importanti da conservare per prevenire l’estinzione di specie uniche e la perdita per sempre dei loro rami dell’albero della vita. Per farlo, abbiamo mappato l’albero della vita per i rettili di tutto il mondo, con la lunghezza di ciascun ramo che si distribuisce uniformemente su tutte le celle della griglia per circa 100 km2  in cui sono note le specie che si sono evolute lungo quel ramo. Le aree in cui molti rami dell’albero della vita si sovrappongono e si diffondono in pochissime celle della griglia accumulano grandi quantità di storia evolutiva: questi rami (e le loro specie discendenti) non si trovano praticamente in nessun altro luogo sulla Terra». Questo metodo, noto come “endemismo filogenetico” è noto da oltre un decennio, ma finora non si era rivelato molto innovativo.

Per capire come le attività umane si sovrappongano alle più alte concentrazioni di storia evolutiva unica ed endemica (limitata a piccole aree), il team di ricercatori ha sovrapposto il 10% delle celle della griglia con le maggiori concentrazioni della storia evolutiva con le informazioni sulla pressione umana provenienti da dataset dal set Human Footprint e ora raccontano: «Siamo stati angosciati – anche se non del tutto sorpresi – nello scoprire che quasi tre quarti delle regioni più insostituibili del pianeta per la storia evolutiva dei rettili si trovano in aree ad alta o altissima pressione umana. Questa è una sovrapposizione significativamente più elevata di quanto ci saremmo aspettati se la pressione umana fosse distribuita a caso in tutto il pianeta. Altrettanto sconcertante è il fatto che solo il 5% di queste celle della griglia sta vivendo una pressione antropica bassa o assente, il che è significativamente inferiore a quanto ci saremmo aspettati.

Data la sovrapposizione allarmante tra intensa pressione umana e storia evolutiva insostituibile dei rettili, gli scienziati hanno inserito i dati sulla pressione antropica direttamente nella loro a mappatura della storia evolutiva e spiegano ancora: «Invece di diffondere uniformemente i rami dell’albero della vita attraverso le celle della griglia in cui si trovano, la nostra nuova metrica, “Human-Impacted Phylogenetic Endemism” o HIPE, diffonde i rami in relazione alla pressione umana. Le celle nella griglia ad alta pressione umana ricevono una proporzione più piccola di un ramo rispetto alle celle a griglia che sperimentano una pressione umana inferiore, con il ragionevole presupposto che le regioni ad alta pressione abbiano aree più piccole di habitat idoneo rimanenti rispetto alle regioni a bassa pressione».

Scienziato e ambientalisti  hanno bisogno di identificare le aree del pianeta che hanno più bisogno di azioni urgenti e, utilizzando la metrica HIPE, i ricercatori sono stati anche in grado di identificare regioni in cui grandi concentrazioni di storia evolutiva unica ed endemica che sono quasi interamente all’interno di cellule della griglia sotto un’intensa pressione antropica: «Queste regioni non hanno aree limitrofe a bassa pressione umana per salvaguardare il futuro della loro biodiversità endemica. Quando le abbiamo mappate per i rettili del mondo, le nostre scoperte sono state nuovamente piuttosto allarmanti. Grandi quantità di storia evolutiva unica sono endemiche in regioni sotto forte pressione umana, in particolare nei Western Ghats in India, nello Sri Lanka, nei Caraibi e nelle Filippine, con pochissimo santuari nelle regioni a bassa pressione umana».

Ovviamente, dato che i ricercatori hanno mappato aree di quasi 100 km2 l’una, è probabile che all’interno della griglia ci siano aree più piccole dove i rettili subiscono un’intensa pressione umana, come le aree protette, che rappresentano la speranza per queste specie uniche che sono state istituite in ambienti sotto una forte pressione antropica. Infatti, quado lo studio ha esaminato la pressione umana su una scala molto più fine nelle regioni sotto pressioni umane molto elevate, ha scoperto che «Pochissime celle della griglia avevano ancora quantità significative di habitat incontaminato. Chiaramente, dobbiamo concentrarci sull’identificazione dei percorsi per mantenere e ripristinare la biodiversità in queste aree del pianeta fortemente colpite».

Dopo aver sviluppato il nostro metodo HIPE utilizzando rettili, i ricercatori lo hanno esteso anche a tutti gli altri vertebrati terrestri: anfibi, uccelli e mammiferi, scoprendo che «In media, i rettili hanno concentrazioni maggiori di storia evolutiva unica ed endemica rispetto a qualsiasi altro gruppo, seguiti da vicino dagli uccelli». Hanno anche scoperto che «I rettili tendono a contribuire alla maggior parte della biodiversità, rispetto ad altri vertebrati terrestri, nelle regioni più aride del Medio Oriente, del Nord Africa e della costa namibiana dell’Africa meridionale». Quando lo studio ha mappato l’HIPE per tutti i gruppi messi insieme ne è venuto fuori che «Il Madagascar, i Western Ghats, gran parte dell’America centrale e meridionale e del Sud-est asiatico, i Caraibi, l’Africa centrale e orientale e l’Australia, sono emersi come le aree che ospitano le più alte concentrazioni di storia evolutiva unica ed endemica».

Poi lo studio è passato a esplorare come le attività umane minacciano l’albero della vita dei vertebrati terrestri a livello di specie. Per farlo sono stati utilizzati i dati sul rischio di estinzione per circa 25.000 specie di anfibi, uccelli, mammiferi e rettili e calcolata la quantità di storia evolutiva attualmente a rischio di estinzione a causa delle attività umane. «Abbiamo scoperto . dicono i ricercatori –  che sono in pericolo quasi 50 miliardi di anni di storia evolutiva unica. I soli rettili potrebbero perdere almeno 13 miliardi di anni di storia evolutiva, più di tutti gli uccelli e i mammiferi messi insieme. Non sorprende che, visto il rapido declino globale degli anfibi, anche oltre 20 miliardi di anni della storia evolutiva degli anfibi sia a rischio di perdersi. La scala di questi numeri è incomprensibile: affrontiamo la perdita di più anni di storia evolutiva di quanti ce ne siano stati dall’inizio dell’Universo! Ogni specie sull’albero della vita si trova in cima al proprio ramo unico, un ramo condiviso con nessun’altra specie. La lunghezza di questo ramo, noto come “ramo terminale”, rappresenta la quantità di storia evolutiva unica di cui ogni specie è attualmente responsabile. Abbiamo usato questa misura di unicità, in combinazione con la pressione umana lungo tutta la distribuzione globale di una specie, per identificare specie che racchiudono grandi quantità di storia evolutiva unica che sono endemiche nelle aree sotto la maggiore pressione umana. Abbiamo scoperto che anfibi e lucertole sono particolarmente unici e limitati alle regioni ad alta pressione, mentre uccelli e mammiferi sono più ampiamente distribuiti e meno unici».

L’altra preoccupante scoperta dello studio è che, per quanto riguarda le specie che nella Lista Rossa Iucn sono classificate come “carenti di dati” – soprattutto rettili e anfibi – «sono comparabili sia nella loro unicità evolutiva sia nell’esposizione all’intensa pressione umana con  le specie minacciate. Questo suggerisce che molte specie per le quali attualmente non abbiamo una comprensione sufficiente del loro stato di conservazione potrebbero essere a rischio di estinzione e giustificare un’attenzione urgente per la conservazione».

Per aiutare a indirizzare gli sforzi di conservazione, il team di ricercatori ha messo in evidenza una serie di specie prioritarie che sono altamente evolutivamente uniche e limitate alle regioni sotto forte pressione umana. Alcune delle specie prioritarie che attualmente sono anche conosciute come minacciate di estinzione sono priority EDGE Species, le specie più uniche e minacciate del pianeta, come la tartaruga del Mary River (Elusor macrurus), la rana viola (Nasikabatrachus sahyadrensis), il Numbat (Myrmecobius fasciatus) e il geco  Tokashiki (Goniurosaurus kuroiwae). Inoltre, molte delle specie identificate come prioritarie per una  loro urgente ricerca sono poco conosciute e alcune non sono state più viste per decenni. In effetti, 12 dei 20 serpenti e sauri serpenti prioritari sono classificate come carenti di dati nella Lista rossa Iucn e queste 12 specie incarnano da sole oltre 500 milioni di anni di storia evolutiva. «Questi sono alcuni degli animali più singolari del pianeta – divono i ricercatori – , dalle lucertole delle tane con zampe rudimentali, ai serpenti ciechi simili a fili, agli anfibi rosa simili a vermi chiamati cecilie e persino una talpa dorata conosciuta solo dai resti trovati in un singolo pellet di barbagianni in Somalia negli anni ’60».

I ricercatori di EDGE of Existence concludono:  «Stiamo ancora imparando la vera misura in cui le attività umane stanno invadendo i nostri habitat naturali e minacciando la nostra biodiversità più unica e importante. I nostri risultati indicano che l’entità del nostro impatto come specie sul mondo naturale è incomprensibilmente grande e sembra avere un impatto schiacciante sulle aree e le specie più insostituibili del pianeta. Tuttavia, il nostro lavoro ci mostra anche che non è troppo tardi per cambiare il percorso che stiamo seguendo per evitare impatti ancora maggiori. Sul campo sono già in corso sforzi di conservazione per conservare alcune delle specie più singolari e minacciate, come quelle del programma EDGE of Existence, e le prove suggeriscono che anche piccoli aumenti della rete globale di aree protette possono portare a enormi guadagni in impatto sulla conservazione. Se possiamo lavorare insieme per ridurre i nostri impatti sul mondo naturale e conservare i nostri habitat e le nostre specie naturali, abbiamo l’opportunità di evitare la perdita di un’incredibile quantità di biodiversità insostituibile».