Le piante si “annusano” l’un l’altra per capire se c’è un attacco di insetti

Lo studio delle sostanze volatili per scoprire il santo Graal dei prodotti chimici ecologici per l’agricoltura

[21 Febbraio 2020]

Come dimostra drammaticamente l’invasione di locuste del deserto in corso nel Corno d’Africa e in Sud Sudan e Uganda, gli insetti ogni anno distruggono un quinto della produzione agricola totale mondiale e si prevede che, con i cambiamenti climatici, questo impatto si aggraverà, colpendo più duramente le colture cerealicole e le zone temperate. Ma. come scrive Anthony King su Horizon, the EU Research and Innovation magazine «Le piante non possono scappare dai loro nemici: gli insetti volanti, striscianti e saltanti vogliono mangiarle vive. Ma le piante non sono indifese. Distribuiscono tossine chimiche per scoraggiare gli insetti».  Si tratta di difese note come un sapore molto amaro, l’inibizione degli enzimi digestivi degli erbivori, colpire il loro metabolismo o addirittura avvelenarli. Ma le piante hanno anche una difesa più nascosta e che cominciamo solo ora a capire: i volatili, composti chimici profumati che le piante attaccate dai predatori emettono nell’aria per avvertire le piante vicine del pericolo o per “dire” quando vengono ferite. «Un esempio – scrive King – è l’odore dell’erba tagliata, un mix di molecole chiamate “volatili fogliari” che vengono rilasciate quando una pianta viene danneggiata».

Matthias Erb, dell’Institut für Pflanzenwissenschaften dell’Universität Bern, che studia i volatili emessi dalle piante quando vengono attaccate dagli insetti con il progetto Perception of Plant Volatiles (PERVOL) finanziato all’European Research Council, spiega che «Le piante sono chimici della natura. Prendono alcune semplici molecole inorganiche e producono migliaia di molecole organiche diverse. Aggiungendo semplicemente (energia dalla) luce solare. Alcuni di questi volatili attirano i nemici naturali dell’erbivoro, quindi amici della pianta. Ad esempio, se un bruco attacca una pianta, questi volatili possono attrarre vespe parassitoidi o innescare risposte di difesa nelle piante vicine». Secondo lo scienziato svizzero, «Le piante non si aiutano a vicenda segnalando “Sono sotto attacco”. Piuttosto, curiosano l’un l’altra sui loro segnali chimici per avvertirsi delle minacce imminenti. La decodifica di questi segnali potrebbe insegnarci come proteggere meglio le colture dagli insetti. Queste molecole (di origine vegetale) possono essere utili per l’agricoltura in quanto sono meccanismi protettivi naturali delle piante. Potremmo usarli al posto dei prodotti chimici di sintesi».

Erb lavora con il mais, una pianta che emette molte sostanze volatili, tra le quali l’indolo che, a piccole concentrazioni, ha un piacevole aroma floreale. L’indolo non viene rilasciato dalla pianta del mais quando viene tagliata ma si attiva come difesa con la presenza di una molecola presente nella saliva di un bruco di una falena. Erb sottolinea che «Le piante di mais (sane) non emettono indolo. E’ innescato solo dagli erbivori».

All’università di Berna hanno scoperto che quando l’indolo si diffonde verso le piante che non sono ancora sotto attacco da parte delle falene, innesca quello che viene chiamato primed state ed Erb evidenzia che l’indolo «Non induce una risposta di difesa, ma prepara la pianta, in modo che quando la pianta viene attaccata da un erbivoro, risponderà più velocemente e im maniera più forte. Questo significa che può respingere il suo aggressore in modo più efficace».

Però l’indolo ha un problema: viene rilasciato anche da alcuni fiori, come il gelsomino e i fiori d’arancio, quindi, visto che affidandosi a una singola volatile potrebbe indurre in errore, le piante di mais spesso, per dedurre gli attacchi di parassiti, si sintonizzano su delle miscele chimiche. «Abbiamo dimostrato – dice Erb su Horizon – che i volatili dell’indolo e della foglia verde agiscono sinergicamente per indurre le difese in un modo ancora più forte di una singola volatile».

Per capire meglio questo comportamento delle piante, gli scienziati stanno studiando anche l’impatto della saliva degli insetti sui volatili delle piante a foglia verde. In particolare, l’olandese Silke Allmann, dello Swammerdam Institute for Life Sciences dell’Universiteit van Amsterdam, ha studiato come le sostanze volatili delle foglie verdi delle piante ferite vengono percepiti sia dalle piante che dagli insetti. Il suo team ha sia tagliato meccanicamente delle piante di tabacco che applicato acqua o la saliva del bruco della sfinge del tabacco (Manduca sexta) e i risultati sono stati sorprendenti: nel complesso, la quantità di sostanze volatili a foglia verde non è cambiata molto, ma la composizione delle sostanze volatili è cambiata radicalmente. Un enzima presente nella saliva del bruco ha fatto cambiare il composto, trasformando il suo odore da erboso a dociastro.  Nello studio “Insects Betray Themselves in Nature to Predators by Rapid Isomerization of Green Leaf Volatiles”, pubblicato si Science nel 2010, la Allmann (che allora lavorava per il Max Planck Institute) e il suo collega Ian Baldwin dello Swammerdam Institute for Life Sciences, hanno scoperto che questo odore dolciastro attira gli insetti della famiglia Geocoridae che sono nemici naturali del bruco della sfinge del tabacco. Quello che allora sembrò sconcertante alla Allmann era che lo stesso enzima prodotto dal bruco avvertisse i predatori della sua presenza. Ma l’odore dolciastro avverte anche le falene del tabacco adulte che una pianta di tabacco è già stata colonizzata dai bruchi e li indirizza verso quelle libere o che hanno meno concorrenti e, quindi, meno predatori.

Ora la Allmann sta studiando ulteriormente questo composto e i suoi usi pratici grazie al progetto “Scentsitive nature: Green leaf volatile perception in plants and insects” (VOLARE) ed è convinta che «Una grande sfida per i volatili delle piante è trovare applicazioni in agricoltura. Questo è il santo Graal. Questi prodotti chimici possono aiutare gli agricoltori in modo più ecologico. Si può immaginare di applicare sostanze volatili al momento giusto, per innescare reazioni specifiche in una pianta, ad esempio la resistenza agli erbivori. Sarebbe una strategia molto più rispettosa dell’ambiente per aumentare l’immunità o la resistenza allo stress delle piante rispetto all’applicazione una sostanza chimica bioattiva per uccidere gli insetti».

Infatti, queste sostanze chimiche naturali potrebbero essere rilasciate al momento giusto nei campi minacciati dai parassiti per attivare le difese delle piante. Ulteriori studi su come le piante rilevano gli allarmi odoriferi potrebbero agli agricoltori di sviluppare varietà di piante che rispondano a questi segnali.

Ma quel che resta un mistero per gli scienziati è come le piante riescano a fiutare queste sostanze volatili. Erb spiega ancora: «La nostra ipotesi è che i volatili penetrino attraverso gli stomi, piccoli pori nelle foglie. Ci aspettiamo che ci siano sensori all’interno della foglia, forse proteine ​​sulla superficie delle cellule, ai quali si legano i volatili».

Anche la Allmann sta cercando questi sensori e conclude: «Se trovassimo questi recettori, potremmo trovare i ligandi (un tipo di molecola) che si legano a loro e li accendono. Potremmo forse coltivare piante perché siano più o meno sensibili ai volatili. Potrebbero essere allevate piante che possono essere facilmente attivate e potrebbero fungere da sentinelle per avvertire le altre piante vicine».