Legambiente alla Regione Piemonte: «No all’apertura alla caccia a 15 nuove specie»

Stralciare dal DDL 83/2020 tutti gli articoli che regolano la caccia e rinviarne l’esame a quando sarà finita l’emergenza coronavirus. «Non è comprensibile l’apertura della caccia a specie a rischio»

[26 Marzo 2020]

Nonostante il Piemonte sia una delle Regioni più colpite dal coronavirus e che quindi ci siano probabilmente cose ben più importanti da fare, la Giunta regionale di centro-destra procede imperterrita nella “riforma” della caccia. Infatti, Legambiente Piemonte e Valle d’Aosta ha depositato le sue osservazioni al DDL 83/2020 “Disposizioni collegate alla legge di stabilità regionale 2020” che ha come oggetto di revisione sia il Capo 2 “Disposizioni in materia di attività estrattive”, che il Capo 3 “Disposizioni in materia di agricoltura e caccia”

Il Cigno Verde spiega che «Il DDL prevede, fra l’altro: l’abrogazione del divieto di caccia per quindici specie ad oggi protette (fischione, canapiglia, mestolone, codone, marzaiola, folaga, porciglione, frullino, pavoncella, combattente, moriglione, allodola, merlo, pernice bianca, lepre variabile); la deroga al divieto d’inserimento di fauna selvatica “pronta caccia”; il via libera al nomadismo venatorio, inserendo la possibilità per un cacciatore di cacciare non solo nell’ATC in cui ha fissato la propria dimora venatoria, ma potenzialmente in tutti gli ATC regionali; il via libera alla caccia notturna al cinghiale; il ridimensionamento dell’utilizzo di capi d’abbigliamento ad alta visibilità».

Norme per le quali Legambiente Piemonte e Valle d’Aosta chiede «uno stralcio ed un rinvio a nuova discussione una volta fuori dall’attuale stato emergenziale o, in subordine, la cancellazione».

Giorgio Prino, presidente di Legambiente Piemonte e Valle d’Aosta, evidenzia che «In un momento di emergenza sanitaria non è ragionevole procedere a tutto sprone su norme divisive e complesse come quelle contenute nel DDL in questione. In questo momento storico è pericoloso prevedere maggiore mobilità venatoria (specie, tempi e spazi). Una vera e propria deregulation per un’attività assolutamente non necessaria al Paese, che inoltre crea danni alla fauna e all’ambiente. Sarebbe esattamente l’opposto rispetto a quanto tutte le indicazioni scientifiche chiedono per difendere la salute dei cittadini e favorire e sostenere una ripresa sociale ed economica in un contesto fortemente cambiato dalla pandemia».

Angelo Porta, vicepresidente di Legambiente Piemonte e Valle d’Aosta, conclude: «Stiamo assistendo ad un tentativo evidente e completamente ingiustificato di andare verso il “grilletto libero” Fra le specie a cui si vuole aprire la caccia alcune sono “minacciate a livello globale”, altre che sono in pericolo sul continente Europeo, altre infine a forte rischio in relazione ai cambiamenti climatici dell’ambiente montano. La caccia notturna “con ausilio di fonti luminose” mette a forte rischio tutta la fauna selvatica e non solo gli ungulati oggetto del provvedimento e, in ultimo, gli stessi cacciatori. L’unica limitazione che si prospetta, ovvero la possibilità di vietare la caccia su un fondo aperto, è legata ad un piano faunistico regionale inesistente, che la giunta regionale ha rinviato di tre anni e che aspettiamo da “solo” 28 anni. È assurdo che per il divertimento di una esigua minoranza, peraltro in costante calo, della cittadinanza piemontese, si mettano in pericolo la sopravvivenza di specie protette e ricchezze ambientali che possono rappresentare il volano di una prossima ripresa economica».