Legambiente Sila risponde all’Ente Parco: «Chiederemo al Cfs se i nostri sono falsi allarmi»

«Auspichiamo che il ministero dell’ambiente verifichi la condotta dei vertici del Parco Nazionale della Sila»

[20 Giugno 2016]

Continua il botta e risposta tra Ente Parco Nazionale della Sila e Legambiente che aveva denunciato  Rave Party nell’area protetta e presenza di moto da cross n addirittura nell’area di tutela integrale.

Ecco cosa ribatte il Cigno Verde silano alla dura nota dell’Ente Parco di qualche giorno fa:  

 

Chiederemo al Corpo Forestale dello Stato di conoscere i contenuti della indagine svolta dalla Stazione di Camigliatello Silano il 22 maggio scorso, su sollecitazione del Comando Territoriale per l’Ambiente, per sapere se è vero che le nostre denunce  di Rave Party che si svolgono nel Parco sono dei falsi allarmismi, e perciò una perdita di tempo e spreco di denaro pubblico, come sostengono i vertici del Parco oppure si tratta di denunce veritiere volte a contrastare un fenomeno che da anni si ripete, in maniera periodica, nel territorio protetto. Siamo costretti a rivolgersi in maniera ufficiale ai vertici del Corpo perché, non potendo accedere alle carte ufficiali e non volendo divulgare i contenuti delle telefonate intercorse con i responsabili locali del CFS nella giornata del 22 maggio, non possiamo lasciare che siano i vertici del Parco a stabilire se le nostre denunce sono veritiere. Questi soggetti, per quello che ci riguarda, non hanno la statura morale ed etica per dare giudizi sulla nostra attività e non possono farsi scudo di cose eventualmente dette e scritte da altri per dare giudizi inopportuni su Legambiente che, in questa come in tante altre occasioni, ha offerto il suo contributo alla tutela del territorio silano nelle forme e nei modi che la legge, e non certo i vertici del Parco, consentono ad una associazione ambientalista. La necessità di questa richiesta di chiarimento è dovuta, non solo per ripristinare la verità dei fatti, ma soprattutto perché i vertici del Parco ci accusa di “..allarmismo che ha causato, peraltro, un inutile spreco di denaro pubblico speso per effettuare controlli e sopralluoghi mirati a combattere i rave party che Legambiente Sila sostiene si siano svolti la scorsa settimana e di cui, invece, al Corpo Forestale dello Stato e alle altre forze dell’ordine non è risultata alcuna traccia”.

Secondo l’interpretazione del Parco, quindi, ogni cittadino prima di chiamare in soccorso la forza pubblica deve prima valutare se quella sua denuncia porterà alla individuazione sicura del reato e di chi lo commette perché altrimenti si rischia di procurare un allarme inutile. Perciò, secondo il Parco, Legambiente prima di denunciare deve avere le prove (immaginiamo in questo caso almeno delle foto), essere sicuri del delitto che si sta compiendo (sapere magari se quell’evento è stato autorizzato nonostante nel parco non si possa fare), indagare se l’attività che si sta svolgendo rispetta o viola altre leggi (magari saper se chi organizza ha la licenza per vendere alcolici o la patente di guida) e poi magari cogliere tutti sul fatto (organizzare blitz e magari chiedere i documenti). Insomma, secondo i vertici del Parco, in casi come questi dobbiamo prima sostituirci alla Forestale, fare i controlli, indagare, verificare, e poi chiamare al Forestale altrimenti si rischia di sprecare denaro pubblico. Un concetto della tutela della legalità non nuovo dalla parti di Lorica, visto che quando hanno svuotato abusivamente un Lago, i vertici del Parco hanno sostenuto che toccava ad altri fare le verifiche se le leggi erano state rispettate. Ovviamente noi crediamo che il Corpo Forestale dello Stato, quando riceve una segnalazione, si debba mobilitare nei modi e nelle forme che ritiene più opportune e non può essere la valutazione preventiva, su fatti che devono essere sempre verificati, a far decidere se mandare o meno una pattuglia sul posto. Lo spreco di denaro pubblico, a nostro avviso, lo compiono gli stessi vertici del Parco quando non si adoperano adeguatamente per far rispettare le leggi, autorizzano attività improprie in un’area protetta, non contrastano l’uso e la fruizione inadeguata del territorio, e soprattutto rimangono indifferente davanti alle ripetute denunce che facciamo. Per questa ragione chiediamo alla Direzione generale del Corpo Forestale dello Stato di fare chiarezza sui fatti che abbiamo denunciato, e verificare se il nostro comportamento ha violato le leggi e procurato spreco di denaro pubblico.

Ma chiediamo, con urgenza, che sia il Ministero dell’Ambiente a valutare il comportamento tenuto della Direzione del Parco in questa occasione. Troviamo inopportuno, oltre che falso, dichiarare che la nostra segnalazione ha provocato uno spreco di denaro e una perdita di tempo. Si tratta di una istigazione alla omissione di denuncia ed alla indifferenza rispetto all’improprio utilizzo di un bene pubblico che noi rispediamo al mittente, il quale, usando velatamente la minaccia del pagamento del danno per procurato allarme, prova a intimidirci per indurci al silenzio. Una minaccia che nei nostri confronti non produce nessun effetto, anzi, ci induce a continuare nella nostra battaglia per la legalità.

Perciò auspichiamo che il Ministero dell’Ambiente valuti la gravità delle dichiarazioni fatte e verifichi se chi le ha fatte è compatibile con il ruolo che svolge ai vertici del Parco. Noi crediamo che in terra di ‘ndrangheta e di ecomafie, i vertici di un Parco non possono classificare come spreco di denaro pubblico la denuncia fatta da Legambiente e paventare nei nostri confronti la minaccia di una denuncia per procurato allarme che, se non fosse un reato depenalizzato, immaginiamo sarebbe già stata fatta. Crediamo si debba fare non solo chiarezza sui comportamenti dell’Ente Parco ma, nel momento storico in cui molti presidenti di parchi sono sotto attacco da parte della criminalità organizzata perché compiono il loro dovere, prendere i dovuti provvedimenti affinché anche il Parco nazionale della Sila diventi un presidio di legalità.

Legambiente Sila