Nel Mediterraneo ingeriscono plastica animali di 116 specie diverse

La specie più intrappolata è la tartaruga Caretta caretta

[20 Dicembre 2019]

L’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra) ha collaborato alla realizzazione dello studio “Plastics in the Aquatic Environment – Current Status and Challenges” pubblicato da Springer Nature, che aggiorna la letteratura scientifica che descrivere l’impatto dei rifiuti sulla vita marina nel Mediterraneo, «un ecosistema sensibile – sottolinea Ispra – caratterizzato da elevata biodiversità ma anche uno degli ecosistemi più minacciati al mondo dai rifiuti marini, su scala globale composti principalmente da plastica. Sono stati analizzati 128 documenti che riportavano impatti dei rifiuti marini su 329 categorie di organismi del Mediterraneo».

Dal nuovo studio, il più ampio ed aggiornato sull’intero Mediterraneo, emerge che «Almeno 116 specie diverse nel Mediterraneo hanno ingerito plastica (l’ingestione è il principale effetto noto della plastica in mare); il 59% di queste sono pesci ossei. inclusi in questa percentuale anche quelli di interesse commerciale come sardine, triglie, orate, merluzzi, acciughe, tonni, scampi, gamberi rossi; il restante 41% è costituito da altri animali marini come mammiferi, crostacei, molluschi, meduse, tartarughe, uccelli».

Oltre ad a esserci troppa plastica nello stomaco degli animali marini, buste e bottiglie si trasformano in un vettore di trasporto – o in un nuovo ambiente – per diverse specie. L’Ispra sottolinea che «Sono state rintracciate 168 categorie di organismi marini trasportati da oggetti galleggianti (principalmente di plastica), anche in ambienti in cui non erano stati rintracciati prima; tra questi, ci sono anche batteri patogeni che possono causare malattie nei pesci che li ingeriscono. Gli organismi più comuni trasportati dai rifiuti marini sono gli artropodi (crostacei) e gli Cnidari (gorgonie, coralli). I rifiuti marini, in particolare lenze e reti da pesca, possono inoltre distruggere, ferire e soffocare colonie di coralli e gorgonie anche in ambienti molto profondi e remoti».

La plastica può danneggiare e uccidere gli organismi marini attraverso l’ingestione e l’intrappolamento e gli impatti variano a seconda del tipo e delle dimensioni. Secondo il rapporto «Almeno 44 specie marine sono soggette ad intrappolamento nella plastica, in particolare reti da pesca. L’intrappolamento spesso determina la morte per affogamento, strangolamento o denutrizione, soprattutto per i mammiferi marini; la tartaruga marina Caretta caretta è la specie mediterranea più soggetta ad intrappolamento ed è anche una delle principali specie del Mediterraneo note per ingerire plastica (le prime evidenze di ingestione di rifiuti da parte della Caretta risalgono a metà anni ’80): è infatti stata identificata come specie indicatrice dell’ingestione di rifiuti nell’ambito della Strategia Marina».

Diverse specie incluse nella Lista Rossa dell’International union for conservation of nature (Iucn), come il corallo rosso, il tonno rosso, lo spinarolo e il capodoglio – risultano danneggiate dai rifiuti marini. L’Ispra però evidenzia che «Mentre dallo studio emergono gli effetti diffusi dei rifiuti marini, e in particolare della plastica, sugli organismi marini del Mediterraneo, al contrario, non ci sono evidenze scientifiche di effetti negativi dell’ingestione di microplastiche nei pesci, nè tantomeno del trasferimento delle microplastiche fino all’uomo».

La produzione mondiale di plastica è passata dai 15 milioni del 1964 agli oltre 310 milioni attuali, e ogni negli oceani del mondo finiscono almeno 8 milioni di tonnellate. Ispra ricorda che «La plastica raggiunge il mare a causa di una cattiva gestione dei rifiuti, ma anche per la sovrapproduzione di imballaggi e prodotti monouso che vengono messi in circolazione dall’industria alimentare e non solo. Per limitare i danni, l’Unione europea ha approvato una direttiva contro la plastica monouso, che rappresenta una delle principali tipologie di plastica trovate nel Mediterraneo».