Nevediversa 2016, per una montagna d’inverno senza impianti

Escursioni nelle aree protette, ciaspolate, degustazioni nei rifugi, manifestazioni folcloristiche

[26 Febbraio 2016]

Nevediversa 2016, la campagna invernale della Carovana delle Alpi di Legambiente, con il patrocinio di Uncem, in programma il 27 e 28 febbraio su l’arco alpino, è pensata per «riscoprire la bellezza dei paesaggi montani attraverso un turismo invernale dolce e sostenibile, lontano dalle piste da sci, per condividere il piacere di una gita in montagna in modo diverso; ma anche per riflettere sulla gestione del territorio e delle risorse e denunciare le aggressioni perpetrate ai danni dell’ambiente montano».

Il programma prevede escursioni nelle aree protette, ciaspolate nei boschi, passeggiate tra i sentieri montani, ma anche degustazioni di prodotti tipici all’interno dei tanti rifugi ad alta quota.

Secondo Legambiente, «In molte località l’offerta turistica invernale punta esclusivamente alla monocultura dello sci, alimentando consuetudini impattanti: grandi quantità di acqua ed energia spese per l’innevamento artificiale, il continuo ampliamento dei comprensori sciistici in aree sensibili e protette, l’aumento di traffico e smog per la sciata mordi e fuggi del fine settimana, il business delle seconde case che divorano suolo». Con Nevediversa l’associazione ambientalista vuole dimostrare che «un turismo a impatto zero e di qualità è possibile e lo si può praticare nel pieno rispetto dell’ambiente, senza artificializzare la montagna e sprecare enormi quantità di energia e acqua».

In questa inverno che praticamente non c’è stato, la questione è sempre più evidente nelle Alpi e negli Appennini e tanti circoli locali di Legambiente, stanno facendo sempre più “rete” per promuovere iniziative di un nuovo turismo che tenga conto anche dei cambiamenti climatici in corso.

Secondo  Vanda Bonardo, responsabile Alpi Legambiente «Le iniziative di Nevediversa rimettono al centro la straordinaria bellezza dei nostri paesaggi montani, una grande e insostituibile ricchezza nazionale che possiamo proteggere scegliendo un turismo dolce, alimentato dal desiderio di esperienza, prima che di consumo. In un anno come questo dove l’emergenza clima si tocca maggiormente con mano, Nevediversa assume un significato particolare. La nostra campagna per l’appunto vuole accendere i riflettori sugli aspetti della vulnerabilità ambientale, economica e sociale delle catene montuose italiane raccontando come sia possibile sviluppare un turismo alternativo alla monocultura dello sci alpino che già da anni è in crisi e che valorizzi il patrimonio naturalistico delle zone montane».

Legambiente ricorda che «Il territorio alpino per la sua specificità reagisce con estrema sensibilità ai cambiamenti climatici e si presta come un vero e proprio sistema di preallarme climatico. I ghiacciai si stanno ritirando a vista d’occhio: nell’ultimo mezzo secolo l’area totale dei ghiacciai italiani si è, infatti, ridotta di circa il 30%, passando dai 526,88 km2 del catasto precedente (degli anni cinquanta) agli attuali 369,90 km2 (dati Catasto dei ghiacciai italiani 2015). Se nei prossimi 50 anni la temperatura aumenterà di 3-4 gradi si potrà perdere fino al 75% della riserva d’acqua sotto forma di massa glaciale. I cambiamenti climatici e l’innalzamento delle temperature, oltre a rendere più “fragili” le montagne, causano anche effetti negativi all’economia delle località turistiche montane che puntano molto sul turismo invernale. Con l’innalzarsi delle temperature sarà difficile mantenere aperte le stazioni turistiche a bassa quota, mentre nei comprensori d’alta quota i continui cambiamenti climatici potrebbe avere nei prossimi decenni effetti negativi sul permafrost (suolo perennemente ghiacciato) e, probabilmente, anche sul pericolo di valanghe».

Se a bassa quota le stazioni sciistiche chiudono, altrove aumentano le minacce per la biodiversità e il paesaggio: «La corsa allo sfruttamento delle superstiti risorse nevose invernali rischia di aggiungere impatti ambientali sugli ecosistemi più vulnerabili – dice il Cigno Verde – E’ il caso delle aree di rifugio della pernice bianca, prese di mira dal business dello sci, ad esempio a Livigno, dove Legambiente è impegnata in una dura battaglia legale contro l’autorizzazione, concessa dal Consiglio dei Ministri, di una nuova arena di sport invernali sui pendii della Vallaccia, un sito dichiarato di interesse comunitario proprio per la presenza di una delle più importanti colonie di questo volatile».

Per Legambiente «E’ assurdo pensare di risolvere il problema con la neve artificiale. Non solo in Trentino, anche in Francia quest’anno la zona sciistica di Sainte-Foy ha fatto trasportare in elicottero 100 tonnellate di neve artificiale nel giro di due giorni. A Pratonevoso (CN) sono saliti in quota i trattori con le cisterne cariche d’acqua di pianura. È andata peggio per la Marcialonga 2016 del Trentino Alto Adige dove, secondo quanto detto dagli organizzatori, sono stati utilizzati 8.500 camion per trasportare 105.000 metri cubi di neve artificiale, realizzata con 40.000 metri cubi di acqua potabile, prelevata dagli acquedotti dei 17 Comuni su cui passa il tracciato della gara. Nonostante ciò gran parte del “nastro” di neve in breve tempo si è trasformato in un pantano creando diversi problemi».

La Bonardo conclude: «Per questo è indispensabile realizzare in tempi brevi piani di adattamento ai mutamenti climatici nel settore turistico. La natura, in montagna particolarmente reattiva, impone una veloce definizione di strategie di adattamento sia nella pianificazione territoriale, per la prevenzione dei pericoli, sia nell’economia turistica per il concreto rischio di crisi. Strategie che se adeguatamente sviluppate potrebbero costituire un modello sostenibile e di riferimento per le regioni di ogni parte del mondo».